
Lo scopo della letteratura, del cinema e della narrativa in generale è
quello di creare meraviglia. Non una meraviglia qualunque, una meraviglia
complessa, che stupisca, sì, ma allo stesso tempo faccia pensare
"davvero può accadere questo? E io cosa ne penso? Mi piace
o no? E comunque, come mi comporto?". Ecco, per la letteratura, e
soprattutto per il cinema, dopo le torri di New York tutto questo è
molto più difficile.
Perché non si tratta solo di spararle più grosse in una
corsa disperata con la realtà, si tratta di creare immagini e idee
che questa realtà la reinventino, la interpretino, la mostrino
non come è, che sarebbe giornalismo, ma come potrebbe essere, che
è narrativa. Le immagini delle torri di New York riprese da tutte
le angolazioni mentre crollano, più belle di quelle di un film
dagli effetti speciali miliardari e allo stesso tempo molto più
angoscianti e terribili proprio perché vere, cambiano tutto. Una
cosa così grossa, così tremenda e allo stesso tempo così
esteticamente cinematografica e narrativa, ci costringe a rivedere il
rapporto tra vero e verosimile, tra immaginario e realtà.
Come recuperarlo e in che termini, sarà la nuova frontiera della
narrativa, e del cinema in particolare.
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