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dal film ALMOST
BLUE
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Carlo Lucarelli nasce a Parma nel 1960.
Frequenta la Facoltà di Lettere Moderne e prepara una tesi su "L'immagine
della polizia nelle memorie degli antifascisti", ma non termina gli studi.
Nel '90 corona la sua passione per la scrittura pubblicando il romanzo
Carta bianca edito da Sellerio. Da quel momento Lucarelli inizia
una fervente produzione letteraria, un percorso in ascesa che lo porta
ad avere contatti con case editrici sempre più importanti (Mondadori,
Einaudi, Rizzoli) e gli frutta un crescente successo.
Oggi Lucarelli è considerato uno dei maggiori scrittori italiani di gialli
e noir. Uno dei suoi libri più recenti, Almost Blue (Einaudi, 1997),
è diventato un film per la regia di Alex Infascelli. Ultimamente Lucarelli
ha sceneggiato, insieme a Laura Paolucci, uno dei suoi romanzi: Lupo
mannaro (Theoria, 1994). Il film LUPO MANNARO di Antonio Tibaldi è
in concorso al festival noir di Courmayeur.

KMX: Lo scrittore Manuel De Prada afferma che difficilmente le trasposizioni
cinematografiche di opere letterarie rendono giustizia al libro a cui
si ispirano (tranne alcuni rari casi come IL GATTOPARDO di Visconti).
Spesso, infatti, ci si preoccupa solo di riprodurre l'intreccio, la storia
del libro, trascurando l'atmosfera profonda che pervade un racconto. Secondo
te, nelle versioni cinematografiche di Lupo mannaro e Almost
Blue, i registi sono riusciti a ricreare l'atmosfera del libro o si
sono limitati a ricalcarne la storia?
CARLO LUCARELLI: "Allora, in parte ha ragione, perché libro e cinema
sono proprio due cose diverse, però secondo me adesso ci sono alcune cose
che fanno in modo che queste due visioni si avvicinino: una è che la maggior
parte degli scrittori contemporanei è comunque influenzata dal cinema,
ha un modo di immaginare la storia cinematografico, molto visivo. L'altra
è che molte volte si possono considerare cinema e letteratura come due
punti di vista diversi per raccontare la stessa storia e quando vengono
fuori dei begli esempi è perché c'è stato questo tipo di considerazione.
Ci sono dei libri che si basano fortemente sulla storia, nel mio caso
il film LUPO MANNARO si basa fortemente sulla storia e lo sviluppo dei
personaggi, così come l'atmosfera del libro, è comunque reso dalle azioni
che avvengono, basta farli vedere. Io avevo in mente Jim Thomson che diceva:
"Difficile esprimere cosa pensa un personaggio, fallo agire e si capirà
da sé". Certo che il film LUPO MANNARO diventa diverso dal libro: sono
comunque due angolazioni diverse. Poi ci sono altri libri che hanno molto
a che fare con un certo tipo di atmosfera, ma tutto sommato se l'atmosfera
è cupa, inquietante e racconta una storia di solitudine la puoi rendere
con l'immagine di un personaggio da solo seduto nel buio, immerso nel
fumo di una sigaretta; allo stesso modo la puoi rendere con lo stesso
personaggio che dice: "Io mi sento solo", sono due modi diversi. E' vero,
però, che non è facile e infatti si vedono un sacco di esempi mal riusciti.
Credo che l'errore più grosso che possa fare un regista quando mette in
scena un libro sia cercare di riragionare come il libro, perché in un
libro ci stanno un sacco di cose che nel film non ci possono stare. Una
storia, in un libro, ha molto più spazio per svilupparsi che non in un
film. Uno dei difetti, piccoli, perché a me è piaciuto, in ALMOST
BLUE è questo: la mia storia è molto più complicata di quanto
possa stare in un film. Ci sono due o tre sottotrame importanti che nel
film non possono trovare spazio".
KMX: Ecco, tra l'altro in ALMOST BLUE Infascelli utilizza tre soggettive
diverse per descrivere i personaggi ed il loro passato, secondo te questa
soluzione funziona?
CL: "Sì, funziona. Io pensavo fosse impossibile, invece Infascelli,
che è anche bravo, riesce ad immaginare addirittura lo schermo nero per
la soggettiva del cieco, un'immagine molto forte. E' riuscito anche a
capire come si poteva rendere il discorso dei colori, anche se poi lui
l'ha usata poco perché stava raccontando una storia diversa. Lui racconta
soprattutto le ossessioni del serial-killer, nel mio libro io raccontavo
soprattutto le visioni del cieco: ecco due punti di vista per raccontare
la stessa storia".

KMX: Come nasce la teoria
dei colori? Io so che tu fai sempre accurate ricerche per costruire i
tuoi personaggi, in questo caso hai anche parlato con dei non-vedenti…
CL: "La teoria dei colori mi è venuta in mente ancora prima di
parlare con i miei amici ciechi. E' impossibile andare a parlare con chi
ha esperienze diverse dalle tue se prima non conosci il personaggio e
non sai cosa ti serve sapere, perché altrementi corri il rischio di avere
tutto l'universo della cecità, con suggestioni talmente eccezionali che
avresti voglia di mettercele tutte. Il cieco che ho conosciuto, per esempio,
gioca a baseball, baseball per ciechi, usa l'orologio parlante… Il ragazzo
cieco del mio libro queste cose non le fa, non giocherebbe mai a baseball
e non gliene frega niente di sapere l'ora. Prima ho dovuto capire chi
era. Avendo io bisogno di raccontare i colori, perché io vedo e non saprei
come farne a meno, è venuto fuori come farebbe lui a definire il verde,
il blu o il rosso e quindi la sua personale teoria dei colori con la quale
io poi sono andato dai miei amici ciechi e ho chiesto: "Bene, questo è
un tipo così. Come fareste voi in quel caso lì?" ed è venuto fuori tutto
il resto. Poi i colori hanno anche un significato per il suono che producono:
"blu" ha un'assonanza con la parola "bello" e gli altri hanno tutti una
spiegazione simile a questa".
KMX: Per quanto riguarda,
invece, il personaggio del serial-killer, non avevi paura di ricadere
nei soliti stereotipi dilaganti nella cultura americana? Cosa hai fatto
per evitarlo?
CL: "Sì, c'era la paura di fare una cosa banale e già vista. Quando
ho scritto Lupo Mannaro, dove mi sono comunque confrontato con
il personaggio del serial-killer, ho pensato: dopo Il silenzio degli
innocenti ed altri bellissimi romanzi sui serial-killer, come posso
io inventarmene uno più bello di quelli? Impossibile. Allora io non ne
parlo. Questo è un serial-killer di cui non si conosce quasi nulla: Perché?
Cosa ha vissuto? I suoi traumi infantili. Io lo prendo nel momento in
cui uccide. Tra l'altro la storia di Lupo Mannaro nasce da un'esperienza
che ho realmente vissuto: tempo fa fui inviato a Modena dal Manifesto,
un uomo aveva ucciso cinque prostitute, molto simili fra loro. Si trattava
di una scelta intelligente perché normalmente a nessuno frega niente delle
prostitute. Il killer di Lupo Mannaro uccide secondo regole di
mercato, secondo una logica economica.
Nel caso di Almost Blue, però, il killer bisognava spiegarlo, mi
veniva voglia di spiegarlo. Il problema era lo stesso: come faccio a pensarne
uno più originale? Cosa mi invento adesso, uno che uccide le galline tirandogli
un'acciuga e buttandole sotto una macchina! Puoi pensare quello che vuoi,
ma finisce per essere solo uno dei soliti serial-killer. Io ho usato questo
espediente: ho immaginato un serial-killer funzionale alla narrazione.
Per esempio, il mio personaggio si traveste come la persona che ha ucciso;
mi sembrava molto bello, per un romanzo, che la polizia scoprisse che
nell'omicidio successivo c'era la vittima dell'omicidio precedente e dicesse
ma come?! Cos'è questo, uno zombie che rivive tutte le volte?! Quindi
niente acciughe e galline, ma questo. Quando ho messo insieme quattro
o cinque cose funzionali alla mia narrazione le ho prese e sono andato
da uno psichiatra: abbiamo fatto una vera perizia psichiatrica su un personaggio
che non esiste. Lo psichiatra ha costruito un serial-killer "vero"; a
me serviva che sentisse le campane che avesse delle allucinazioni auditive
perché doveva portare una cosa, come le cuffie stereo, che lo faceva riconoscere,
sennò non andava avanti il mio giallo, ed ho chiesto allo psichiatra:
"Perché sente le campane?", così abbiamo analizzato perché uno sente le
campane. In questo modo ho evitato di creare un altro dei tanti serial-killer,
il mio è lui perché in effetti è vero, è un personaggio reale, in un certo
senso".
KMX: Parlando sempre di personaggi, Grazia, è una figura che ricorre
in più di un libro. Come mai le sei così affezionato? E' stato difficile
a creare una donna-poliziotto? Credi che sia stata ben rappresentata nei
films?
CL: "In Lupo Mannaro l'avevo inserita come
personaggio secondario: il commissario cammina e c'è bisogno di uno che
gli dia delle carte; mi è venuto in mente che se fosse una donna sarebbe
più strano, anche perché non ce n'erano tante a quei tempi. Il fatto che
sia stata una donna a dargli le carte e poi ad essere lì con lui, in appostamento,
cambia il punto di vista. Ho cominciato a chiedermi: una donna giovane,
come alcune che ho conosciuto frequentando la polizia, appassionata del
suo lavoro, che si trova di fianco ad un uomo carismatico come il commissario,
cosa ne pensa? E' così indifferente oppure no? E fra loro è nato qualcosa…
Lei ha cominciato a crescere e a diventare un personaggio sicuramente
più importante. Quando un personaggio cresce nella mente di uno scrittore
è perché ti piace e ti fa venire delle domande: finito il primo romanzo
a me interessava sapere che cosa faceva questa tizia, mi piaceva guardarla:
è come quando conosci una persona e ti viene voglia di vederla il giorno
dopo. Così Grazia è diventata uno dei personaggi principali di Almost
Blue. Anche in Un giorno dopo l'altro, l'ultimo libro che ho
scritto, c'è di nuovo lei! Nei films è stata rappresentata bene perché
sia Maya Sansa, in LUPO MANNARO, sia Lorenza Indovina, in ALMOST BLUE
sono due aspetti diversi dello stesso personaggio: la prima più infantile,
più fragile, però anche più scattante, l'altra più goffa, ma al contempo
più ostinata, più decisa ed organizzata. D'altronde in Lupo Mannaro
Grazia è una semplice assistente, in Almost Blue, invece, comanda
già una piccola squadra".
KMX: In precedenza hai affermato che collaborare alla sceneggiatura
ti ha permesso di approfondire il tuo libro da un'angolazione diversa
e che anzi ti piacerebbe riscriverlo partendo proprio dalla sceneggiatura.
Hai intenzione di scrivere altre sceneggiature?
CL: "Sì, sarebbe interessante, ma non è il mio mestiere
e non riuscirei a farlo da solo. Ultimamente ho collaborato con Franco
Ferrini per l'ultimo film di Dario Argento e ne sto scrivendo un altro,
sempre con Argento e Ferrini, per cui devo dire che mi piace, sennò non
lo farei! Adesso stiamo sceneggiando, io e Giampiero Rigosi, I GIORNI
DEL LUPO. Scrivere con Dario Argento è talmente incredibile che l'avrei
fatto anche se avessimo dovuto mettere in scena le Pagine Gialle! Si imparano
un sacco di cose…"
KMX: A proposito, Dario Argento aveva detto che la sua testa è
come un vaso di Pandora pieno di incubi: per il momento questa è la fonte
della sua creatività, però lui ha la grossa paura che un giorno il vaso
si rompa e che questi incubi invadano la sua vita. Io chiedo a te, come
scrittore noir che ha a che fare con atmosfere cupe ed omicidi inquietanti,
in che modo questo influenza quella che è la tua vita normale?
CL: "Non la influenza molto, anche se con l'ultimo libro ho imparato
a fare il killer professionista, conosco tutti i trucchi del mestiere,
quindi magari influenzerà la vita futura: se smettessi di fare lo scrittore
ho un mestiere! La influenza non tanto dal punto di vista pratico, quanto
da quello psicologico perché è come andare al cinema o come leggere un
libro: se leggi un libro che ti comunica qualcosa ti cambia un po' la
vita, hai dei pensieri e delle immagini nuovi, diversi. Ed è la stessa
cosa scriverlo perché se scrivi un libro che ti piace, e a me piacciono
tutti i libri che scrivo, se racconta anche un pezzettino di te, quando
l'hai finito qualcosina è cambiato. Però, nel mio caso, sono variazioni
talmente intime che poi, se si rompe il "vaso di Pandora", non è che io
divento un poliziotto o un criminale o ho paura ad uscire la notte e non
dormo…Questo non succede!"

KMX: Dario Argento sostiene che in NON
HO SONNO ha voluto seguire le regole basilari del giallo (l'assassino
si deve scoprire solo alla fine, deve essere un personaggio insospettabile,
ma interno alla storia…). Anche tu rispetti queste regole nei tuoi romanzi?
CL: "Sì, queste regole valgono sicuramente, ma bisogna
vedere come e fino a che punto. Lo strano paradosso della letteratura
di genere e del giallo è che ti porta a seguire delle regole che funzionino
narrativamente, molte di queste valgono per qualsiasi tipo di romanzo:
ad esempio la regola che l'assassino non deve essere uno che il lettore
non conosce vale per qualsiasi altro personaggio, se tu scrivi I Buddenbrook
o quello che vuoi non è che il personaggio più importante compare solo
nell'ultima pagina, non mi appassiono a un personaggio che non conosco.
Il giallo rende queste cose in maniera molto elementare, da una parte
ci muoviamo dentro regole che sono talmente codificate, talmente sperimentate
che funzionano, dall'altra lo scopo è quello di meravigliare il lettore,
è quasi istituzionale come scopo! È un paradosso, perché significa lavorare
con le regole, ma tradirle in continuazione. Le regole ci sono: il romanzo
è il tradimento efficace di queste regole".
KMX: Sì, ma essere uno scrittore di genere alla fine non risulta
limitante?
CL: "E' limitante se devi raccontare altre cose. Ogni genere ha
dei temi che riesce a raccontare meglio degli altri: se devi parlare di
società, d'inquietudine, di incubi, anche di impegno politico, il giallo
è un ottimo mezzo. Se devi raccontare altre cose, il giallo diventa un
imbarazzo, anche se poi alla fine un giallo non è mai solo un giallo.
E' vero che le regole del giallo sono limitanti se devi raccontare una
storia d'amore: saresti costretto a creare la suspence pagina per pagina
per poi dire cosa? Diventa un incubo. E' la stessa cosa che mettersi a
scrivere un giallo con le regole del romanzo rosa, del romanzo intimista.
Perché mai dovrei farlo?!"

KMX: Tornando al cinema, c'è qualche regista che ha influenzato in
qualche modo la tua scrittura?
CL: "Beh, sì. Kubrick, sicuramente, per il modo in cui monta le
immagini, io rubo da lì. E poi c'è tutto quel cinema commerciale americano
(non mi ricordo i nomi dei registi) che magari non ci piace, ma che è
bravissimo a raccontare le storie a ricreare certe scene. Poi ce ne sono
tanti, c'è Germi, soprattutto per quanto riguarda i romanzi italiani.
Poi c'è una cosa bellissima che è il cinema impegnato degli anni '70:
Petri, Damiani, quando facevano films meravigliosi come IO HO PAURA, INDAGINE
SU UN CITTADINO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO. Poi sicuramente, per tutti
quelli che appartengono alla mia generazione, se da una parte, letterariamente,
Scerbanenco ci ha fatto capire delle cose, dall'altra PROFONDO ROSSO,
non dico Dario Argento, proprio PROFONDO ROSSO ci ha fatto iniziare a
dire: "Così voglio fare anch'io!".
KMX: E qui al festival noir di Courmayeur hai qualche idea su chi
possa vincere?
CL: "Non lo so chi vincerà. Alla fine io qui di films ne ho visti
solo due! Il bello dei festivals è questo, com'era anche Cattolica, cioè
che tu ci vieni dicendo: "Bene, Adesso mi prendo il programma e mi vedo
tutti i films che ci sono!", qui poi sono tutti films importanti, quindi
è fantastico, ma alla fine non riesci a vedere niente! Un po' per l'ora
di cena che s'intreccia con tutta una serie di impegni, devi far qui,
devi far là…Di quelli che ho visto uno era quello sul vice- presidente
americano…

KMX: THE
CONTENDERS?
CL: "Sì, quello, era piuttosto noioso, cioè non noioso…"
KMX: E' un po' un'"americanata"!
CL: "Sì, un' "americanata"! Bello fino agli ultimi dieci minuti,
ma poi come fanno ad essere tutti così buoni?! Improvvisamente la politica
del presidente diventa uno spunto per rinnovare gli Stati Uniti, ma quando
mai?!"
KMX: Gli italiani, almeno in questo, sono più sinceri! Basti pensare
al film di Soavi sui delitti della Uno bianca…
CL: "Esattamente. Ho visto delle cose bellissime fuori concorso,
ecco, la storia della Uno bianca era realizzata molto bene. Poi cosa ho
visto?! URBAN LEGEND, appartiene a quel filone di cinema americano di
cui sopra: uno lo guarda e ci sono quattro scene che metti in un libro
perché è un bel modo di visualizzarle, però ne ho visti due milioni di
films così! Spero che vinca il film italiano, non l'ho visto, ma me ne
hanno parlato bene e poi, accidenti, il cinema di genere italiano…C'è
bisogno di bei films!"
KMX: Sono d'accordo! Io ti ringrazio moltissimo e aspetto fiduciosa
di vedere il film che nascerà dal tuo inesauribile universo letterario.
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