HARD ROCK CAfé

Report “Grand Opening”
Venezia 27 aprile 2009, Bacino Orseolo

 

di Gabriele FRANCIONI

 

 

Collegamenti rapidi: Hard Rock Café

Introducing H.R.C.

 

Love All, Serve All”. L’inaugurazione dell’“Hard Rock Cafè” n. 125 nella città più bella del mondo, ha avuto qualcosa di magico che l’ha fatta assomigliare a una specie di gioioso rito pagano assai vicino ad una danza della pioggia (o sotto la pioggia).

Con sorpresa e soddisfazione, avevamo letto a dicembre che l’HRC International è una multinazionale, comprensiva anche di 9 Hotel e Casinò, gestita da Max B. Osceola Jr. e sorella, nativi americani rappresentanti della Tribù dei Seminole.

Un’immagine così inusuale rispetto ai classici manager di grandi holding internazionali ci aveva molto colpito.

A distanza di quattro, sofferti mesi passati alla ricerca delle necessarie autorizzazioni e licenze per l’apertura definitiva, abbiamo avuto la conferma di una diversità reale, tangibile, concreta.

 

 

La suggestione immaginifica di questa danza rituale che chiama a sé l’acqua invece di allontanarla, perché simboleggia il dialogo con un luogo che ad essa deve la sua magia, acquista un senso e una valenza del tutto particolari.

I Seminole (in lingua creek, letteralmente, “transfughi”, a causa della sovrappopolazione delle zone d’origine della loro confederazione), dovettero migrare verso la paludosa Florida del XVIII° secolo. Anche Venezia si estese grazie ai popoli della terraferma in fuga durante le invasioni barbariche del V° e VI° secolo e trovarono riparo in Laguna.

Perfetta sintonia.

Magica coincidenza.

Identico rispetto per i criteri di fondazione di una città o di un nuovo edificio.

Nello specifico, poi, anche l’attesa delle autorizzazioni è stata vissuta con rispetto e senza frenesia, perché è stato considerato più importante non entrare in conflitto, per così dire, con il genius loci.

Ecco allora che l’alta marea, così rara in questo periodo dell’anno, e la pioggia, non solo non hanno rovinato il Grand Opening Party, ma lo hanno bagnato in maniera beneaugurante.

Love all, serve all, poi, non è quindi solo uno slogan scritto sul cappellino-gadget consegnatoci a fine serata, ma un modo di esprimere una filosofia della gestione della ricchezza veramente alternativa.

Ogni anno dal 1971 (anno di nascita dell’HRC) un milione e mezzo di dollari vengono destinati in beneficenza.

Max Osceola e la sua holding, quindi, sono riusciti a tenere insieme le regole d’impresa con un’etica dalla quale non vogliono prescindere.

 

 

 

Anche la nostra città, a modo suo, è una riserva indiana da difendere.

Chi è maggiormente predisposto all’ascolto del Luogo e del Passato per propria eredità culturale, come Mr. Osceola, è naturale che abbia fatto notevoli rinunce sulla cubatura dello spazio occupato dall’Hard Rock e abbia chiesto esplicitamente di utilizzare pavimentazioni alla veneziana o lampadari di Venini in vetro di Murano per arredarne l’interno.

L’HRC di Bacino Orseolo, già affascinante sotto la pioggia, sarà straordinario in estate ed è impossibile non sottolinearne la diversità rispetto alla altre sedi: molto ridotto nelle dimensioni, con il piano-ristorante studiato come un soppalco staccato dalle pareti esterne, quasi un terrazzo affacciato sul piano inferiore e sul bacino delle gondole. 400 i metri quadrati totali.

Un piccolo gioiellino che non “urla” in alcun modo la propria presenza in una zona cruciale posta appena dietro Piazza San Marco, e che ha appena iniziato a dialogare con la città lagunare.

 

 

Grand Opening Party

 

La giornata è iniziata alle 11, con un altro rito propiziatorio, il “Guitar Smash”, ereditato da Jimi Hendrix e Pete Townshend, vera e propria cerimonia che evoca la protezione degli dei del rock.

Quattro chitarre, ciascuna per ogni mese trascorso dalla pre-inaugurazione di dicembre, sono state distrutte su altrettanti blocchetti di cemento davanti all’entrata dell’Hard Rock.

Oltre a Mr. Osceola e a Dj Stiller, che tornerà ad animare la serata, c’era anche il vicesindaco Vianello.

Hard Rock International ha pensato anche di omaggiare una scuola di musica con altrettante chitarre nuove.

 

 

La sera, arriviamo e notiamo una buona presenza di pubblico già prima delle nove, nonostante l’acqua cominci già a salire in Piazza San Marco.

La curiosità ci porta subito al piano superiore, dove troverà posto il ristorante (120 posti a sedere), con la sorpresa del pavimento alla veneziana in legno e un’illuminazione ben studiata.

Al piano terra, ecco il dancefloor con vicina consolle per dj e una struttura metallica montata per l’occasione con spot e cambiacolori che, grazie ai due lati di pareti completamente vetrate, illuminano dall’interno verso l’esterno uno degli angoli veneziani di maggiore fascino.

Gli ospiti dell’hotel antistante sembrano voler assistere, dalle finestre, allo spettacolo che ha appena avuto inizio.

L’impressione è quella di avere a Venezia, finalmente, un luogo di ritrovo “trasversale” rispetto all’età dei clienti (locali o turisti che siano), dove poter mangiare, ma anche ballare.

Sotto quest’ultimo aspetto, la città è sempre stata carente: a parte realtà minori più simili ad anomali club privée, chi aveva provato ad aprire nuovi locali (ricordiamo qualcosa in Lista di Spagna), ha presto dovuto rinunciare per la mancanza di un’“idea”, di un progetto.

Il resto si concentra in un paio di locali prevalentemente studenteschi e alcuni centri sociali giustamente combattivi ma situati in zone periferiche.

I veneziani sanno cosa significa doversi spostare a Mestre o Marghera per trovare occasioni migliori: una via crucis che ti fa a perdere ore su ore per gli spostamenti.

 

 

Mentre i ragazzi del personale cominciano a tentarci con sushi e sashimi cromaticamente seducenti, cominciamo a prendere confidenza con i memorabilia che raccontano il passato dalle pareti del locale (il rullante di Ringo Starr è al top della nostra personale chart; seguono Sex Pistols e Metallica).

Shakira e Madonna salutano vicino all’entrata.

Non mancano Oasis e R.E.M., in attesa che col tempo la collezione si arricchisca.

Non possiamo non notare il punto di forza dell’Hard Rock: ragazze e ragazzi selezionati sono assolutamente all’altezza della situazione, cordiali e prontissimi nel dare un “ritmo” alla serata, quando ancora mancano un po’ di “V.I.P.” invitati.

Il ritmo è quello serrato di vassoi che ti girano intorno in una danza irresistibile: il cibo, so international (col Giappone a farla da padrone inaspettato), è di qualità altissima.

Càpitano nelle nostre mani anche i famosi hamburger Hard Rock in versione mignon.

I due bar offrono prosecchi di livello e Hard Rock Spritz, come semplice incipit, per poi passare ai migliori “rossini” e “bellini” di sempre e a una sequenza imbattibile di “mojito”, “caipirinha”, “bloody mary”, “white russian”, “hurricane” “wildberry smoothies” e “crushed velvet martinis”.

Semplicemente divini!

 

Love All, Serve All

 

Questi quattro mesi di attesa, evidentemente, sono stati una benedizione per l’HRC, che ha avuto il tempo di formare una squadra perfetta, multietnica, friendly e professionale d’altissima affidabilità, tra l’altro "prestata" per attività di volontariato e aiuto alla comunità nei mesi d’attesa.

45 dipendenti hanno lavorato, stipendiati, nelle mense Caritas di Venezia e Mestre.

Hard Rock Cafè non è nuovo a questo genere di attività: le azioni filantropiche fanno parte della sua mission, come si legge nella sezione del sito ufficiale dedicata alle opere di carità dal titolo, appunto, "Love all - serve all". Dalla data di fondazione ha anche sostenuto numerosi progetti a sfondo sociale nel mondo, come le campagne di prevenzione e informazione sul cancro al seno, fino alle cause sociali sostenute da personaggi famosi del rock con l’annuale Signature Series program.

Come se non bastasse, la nuova sede del Cafè farà una donazione alla Protezione Civile della Regione Veneto fortemente impegnata in Abruzzo per l’emergenza sisma.

 

 

Party

Nonostante ore di preparazione e di lavoro, alla chiusura dei bar i ragazzi del personale avevano ancora una gran voglia di divertirsi e di unirsi a noi in balli calibratamente sfrenati davanti alla consolle di Cristiano Spiller, che intanto aveva già passato in rassegna un paio di decenni di dance music, con netta predilezione per un’house speziata, inclusi i suoi noti remix (Sophie-Elle Spector in primis e tantissime rivisitazioni di black club culture).

Prima che s’aprissero le danze, Osceola e Hamish Dodds, C.e.o. di H.R. International, erano stati introdotti al pubblico e avevano raccontato i particolari del periodo dicembre/aprile, vissuto con una certa trepidazione, e presentato la “mission” di HRC, basata, come si diceva, sul dialogo e l’adattamento al contesto, in assoluta contrapposizione (anche d’“immagine”) con altre e ben note catene americane di sola ristorazione.

Per deformazione professionale, viene spontaneo ricordare tutta una letteratura cinematografica (diciamo post-tarantiniana) che ironizza su queste “icone” della cultura popolare statunitense –si pensi a PULP FICTION e ai suoi cheeseburger…- sino a più seri documentari di denuncia prodotti negli ultimi anni.

L’H.R.C., invece, amato anche da registi e attori, non solo non è stato mai preso di mira, ma ha semmai ispirato, come variazione sul tema dei “memorabilia”, la splendida scena - sempre dal capolavoro di Quentin Tarantino - in cui Uma Thurman e John Travolta ballano in un luogo consacrato alla preservazione della memoria di una cultura “rock” e “pop” sia musicale che cinematografica.

Una nota finale per chi ha gestito, con entusiasmo, cortesia e competenza, i rapporti con la stampa: la manager Elena Menegazzi di “Venice Sales/HardRock”,  e Chiara Lazzarin di “Adn Kronos”.

 

 

HARD ROCK CAFé

Report “Grand Opening”
Venezia 27 aprile 2009, Bacino Orseolo