TEATRO FONDAMENTA NUOVE PRESENTA...
 

Risonanze fall 2009

Gary Lucas & Dean Bowman

chase the devil
Gary Lucas | chitarra
Dean Bowman | voce
Venezia, Fondamenta Nuove, 03 dicembre 2009
 

di Gabriele FRANCIONI

 

30/lode

 

Collegamenti:

- Teatro Fondamenta Nuove

- Gary Lucas & Dean Bowman

è difficile trovare un chitarrista elettrico con il pedigree di Gary Lucas.

Cultura e formazione rigorosamente ebreo-newyorchesi, quelle che in pratica si generarono attorno alle figure di Robert Zimmerman e Lewis Reed nel Village dei Sixties, per poi spostarsi dalle parti del CBGB’s e consolidarsi nella mitica Knitting Factory; zero compromessi in più di trent’anni di carriera e vocazione da sperimentatore indefesso, sia in termini tecnici, che di repertorio.

 

Dal blues più puro e radicale del progetto “Chase the Devil”, allo zappismo anarcoide della MAGIC BAND di Captain Beefheart e dal rock post-classico con i Gods & Monsters e Jeff Buckley, sino agli arrangiamenti di brani della tradizione popolare cinese degli anni Trenta (!!!)  in "The Edge of Heaven" e all’altro campione di vendita nelle classifiche di world music, "Rishte", frutto della collaborazione con il cantante indiano Najma Akhtar, Lucas non si è fatto mancare nulla e ha il grande merito di essersi tenuto sempre al margine delle dinamiche mainstream, evitandone i rischi legati a sovraesposizioni che lo avrebbero inchiodato alla necessità di ripetere compulsivamente uno schema, un modello musicale vincente e riconoscibile.

 

Per certi versi accostabile solo all’immenso Jack Nitzsche - l’uomo che produsse “Harvest” di Neil Young e ora compone per Tarantino (Death Proof) - Lucas si è concesso solo la scrittura di colonne sonore cinematografiche e, in ambito realmente alternative, ha visto consolidarsi una fama come compositore e strumentista oggi assolutamente inattaccabile.

Suoi sodali, tanto per fare nomi: David Byrne e Jerry Harrison dei Talking Heads; Alan Vega (!) dei Suicide; Lenny Kaye del Patti Smith Group; Lou Reed e tutto il giro della Knitting.

Questo John Zorn della chitarra è costantemente presente nei primi posti delle classifiche delle riviste musicali americane di settore, a suo agio tra i re della sperimentazione pura.

Che restare fuori dal giro faccia bene alla freschezza mentale di un artista, lo dimostra la continua attività dal vivo di questo quasi sessantenne, che predilige Europa dell’Est, del Nord e Lontano Oriente e oggi arriva in Italia, perfettamente inserito all’interno della programmazione di Fondamenta Nuove.

Il duo con Dean Bowman - CHASE THE DEVIL, “Mettiti a caccia del diavolo” - viaggia sugli equilibri instabili di un’analisi quasi filologica, ma piena di “soul”, delle radici del blues, fatte incrociare con canti di chiesa della tradizione protestante (“Jerusalem”) e composizioni pensate per la liturgia ebraica (“Hine Ma Tov”).

Il minimo comun denominatore, quindi, è il canto sacro, di cui è intensissimo interprete Dean Bowman, vero e proprio pastore di anime e potentissima voce capace di coprire il registro bassissimo della meditazione spirituale cupa e profonda e quello alto dell’invocazione divina.

Lucas, a volte in sottofondo, altre in primissimo piano, tesse con apparente nonchalance una trama sonora che alterna il composto accompagnamento armonico-accordale delle 12 battute a spunti di solismo mai gratuito.

Il non detto, ma sottinteso, è che questa è una serata dedicata alle potenzialità evocative della voce, alla sua forza di richiamo emotivo a una communitas perduta, in grado di raccogliersi attorno a un possibile credo laico o meno che sia.

Bowman non si scompone e rimane immerso nella trance quasi mistica di un’alta ispirazione interpretativa.

Ad un inizio solo apparentemente compassato, in cui domina un registro “medio” (“Dark Night”, “Last Time”), viene presto contrapposta l’antitesi Blues versus canto liturgico: “Go down Moses”, ispirata e potente, precede l’incredibile e assolutamente inaspettata versione di “Jerusalem”, un “classico” della tradizione anglicana, ripreso spessissimo sia in ambito progressive - Emerson Lake & Palmer su tutti, con una versione piena di enfasi tipicamente seventies, organo da chiesa incluso - sia in diverse colonne sonore di film degli ultimi 15 anni.

 

La composizione è spesso utilizzata perché il testo è opera di William Blake:

 

And did those feet in ancient time
Walk upon England's mountains green?
And was the holy Lamb of God
On England's pleasant pastures seen?

And did the Countenance Divine

Shine forth upon our clouded hills?
And was Jerusalem builded here
Among these dark Satanic mills?

Bring me my bow of burning gold:
Bring me my arrows of desire:
Bring me my spear: O clouds unfold!
Bring me my chariot of fire.

I will not cease from mental fight,
Nor shall my sword sleep in my hand
Till we have built Jerusalem
In England's green and pleasant land.

 

La composizione liturgica è una specie di bignami del poema omonimo, di cui sono protagonisti Albione, Los e Gesù Cristo, e accenna appena l’intreccio fatto di caduta e redenzione di Albione, che inizialmente nega il Cristo, per poi riconoscerene la figura e l’importanza.

L’incrocio-scontro tra “Go down Moses”, epitome del canto di chiesa dei neri d’America, e il simbolismo a volte visionario a volte ermetico (da cui le molteplici critiche e misinterpretations) di Blake è sicuramente l’acme della serata, il picco analitico-interpretativo del concerto.

L’approccio onnivoro di Lucas, la sua vocazione all’incontro di diverse culture e piani sonori, viene qui estrinsecato al meglio.

Seguono, più compatte e in una trance che ha ormai coinvolto tutto il pubblico, “Hell’s Dangerous”, “Dance of Destiny” “12 gates to the City” e “Children of Zion”.

Nell’ultimo testo ( Bowman legge le liriche da un libro che è la sua Bibbia Sincretica e che raccoglie tutte le tradizioni evocate nel corso del concerto e del quale tour Venezia è l’ultima data: non lontani dal Ghetto Ebraico e davanti a San Michele, è giusto osservare come l’occasione sia anche quella per evocare il composito genius loci…), testo tratto dall’omonima trascrizione dei racconti fatti da bambini ebrei sull’esperienza devastante della Shoah (1943), Lucas, pure lui ebreo, conferisce all’interpretazione solistica una cadenza ipnotica tutta armonico-accordale e l’incedere del brano che ne risulta è ossessivo e drammatico.

 

Nella seconda parte del concerto, che scorre peraltro senza intervalli, tra le varie “Rolling sea”, “Nobody’s house” e “Run for Jesus”, si fa notare l’incredibile “Hine Ma Tov”.

Ascoltato per la prima volta durante una funzione del sabato (shabbath) in una chiesa di Brooklyn quando Lucas era ancora bambino, il canto tradizionale, per quanto assai simile a un’evocazione satanica, con l’uso di  progressioni basate sui mezzi toni, è in realtà un breve inno alla fratellanza e alla concordia:Hine(y) ma tov u’manayim, shevet akh-im gam ya-khad (…)", ovvero “quanto può essere piacevole e positivo il convivere dei fratelli in un’armonia perfetta…” e, proviamo a immaginare noi, sarebbe da intendere quasi fosse rivolto ai vicini palestinesi.  Introduzione molto lunga con la voce di Bowman sugli armonici di Lucas, fino al canto pieno, che si dispiega sul tremolo garantito dall’uso del bottleneck, che rende la chitarra una slide.

Come risulta chiaro, il lavoro di Lucas punta sempre in alto e i richiami si sprecano, garantendo una specie di seconda fruizione da parte dello spettatore: quella “dopo il ritorno a casa”, in cui non si potrà non desiderare un approfondimento delle tematiche affrontate. Il concerto in sé rimane comunque costantemente su livelli altissimi di gradimento e fruibilità, nonostante tali premesse.

Sia Bowman che il chitarrista dei GODS AND MONSTERS hanno un’occasione a testa per una parentesi solistica: Lucas usa il sequencer in maniera minimalistica per  garantire alla partitura sonora una sottile base ritmica usata come punto di riferimento, sulla quale intreccia, per una volta, linee d’improvvisazione che prima aveva tenute nascoste.

Invece di optare per la soluzione elettrica, G.L. sceglie invece di continuare sulla strada fino a lì percorsa, con una 6 corde acustica e trame solistiche in cui la linea melodica ricade spesso nell’armonia cui non vuole assolutamente rinunciare. Parsimonioso, Lucas non vuole stravolgere il senso della serata con virtuosismi inappropriati.

Ugualmente fa Bowman, che limita la sua preghiera spiritual a pochi emozionanti minuti di inebriata interpretazione del testo e vera ispirata religiosità del canto.

“Let my people go” e “God is as Good” chiudono magnificamente un concerto che è già tra le migliori perle di Fondamenta nuove e la tournée del duo Americano.

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Gary Lucas & Dean Bowman

chase the devil
Venezia, Fondamenta Nuove, 03 dicembre 2009