BERGAMO FILM MEETING
un altro tipo di cinema è possibile



Si è chiusa la XX edizione della manifestazione bergamasca dedicata al Cinema d’Essai. L’amore per il Cinema, l’impegno di sempre, il futuro incerto.
"Un altro tipo di cinema è possibile". Prendiamo a prestito e parafrasiamo uno slogan che va per la maggiore di questi tempi perché esprime bene il senso e la sostanza del Bergamo film Meeting, il Festival Internazionale del Cinema d’Essai giunto alla sua ventesima edizione. Già, il Cinema d’Essai. Questa vaga categoria, difficile da definire, un calderone in cui ci puoi trovare di tutto: il capolavoro e la patacca, il film di ieri come quello più recente, il film da quattro soldi e la produzione costosa, il film di genere come quello inclassificabile. Non si tratta di una categoria estetica, né tanto meno produttiva; il vero comune denominatore che lega tra loro pellicole così diverse è il fatto di essere scarsamente visibili. Relegate, per una variegata serie di motivi, ai margini della distribuzione ufficiale, scarsamente pubblicizzati dai media, e, va da se, ignorate dal "grande pubblico" (altra vaga categoria difficilmente definibile, a dire il vero). Molto spesso si tratta di opere sperimentali,  che rifiutano le convenzioni del cinema "ufficiale" (che, per intendersi, sta al Cinema come le canzoni del Festival di San Remo stanno alla Musica), pane per i denti dei cinefili duri e puri, brodaglia indigesta per gli altri. In TV, se va bene, li puoi trovare esiliati in quella specie di "riserva indiana" che è FUORI ORARIO di Grezzi e compari. E qui entrano in gioco i Festival e le manifestazioni come il Bergamo Film Meeting. Per farsi un’idea di questo universo cinematograficamente alternativo bisognava essere a Bergamo dal 9 al 17 marzo. Così  per esempio, tra un film dell'eccentrico inglese Roy Ward Bake (come TITANIC, LATITUDINE 41 NORD, L'ASTRONAVE DEGLI ESSERI PERDUTI, IL CLUB DEI MOSTRI, IL CORAGGIO E LA SFIDA; solo per citare alcuni titoli della retrospettiva), cult movie sempreverdi (BEAU GEST di Herbert Brenon e UN CONDANNATO A MORTE E’ FUGGITO di Robert Bresson), prime visoni e omaggi (quest’anno dedicato all’eclettico produttore e critico Paolo Valmarana), ci si poteva imbattere fisicamente nel regista ungherese Béla Tarr, il vero protagonista del meeting edizione 2002. La Personale a lui dedicata andava dal primo film NIDO FAMILIARE (1977) fino all’ultimo LE ARMONIE DI WERKMEISTER (2000), passando per quella "bestia" cinematografica che è SÁTÁNTANGÓ (film del 1994 della durata di sette ore complessive). Quello di Tarr è un cinema ambientato in un mondo lontano e povero, sempre in bianco e nero, che ricorda certo cinema russo ma che non rincorre il realismo, anzi. Difficile, disturbante, esteticamente estremo, sovraccarico di simbolismi, ossessionato da "piani sequenza" di interminabile lunghezza e (soprattutto negli ultimi film sceneggiati  insieme allo scrittore Lászlo Krasznahorkai) da un senso di apocalisse incombente che mette i brividi  e non può lasciare indifferenti. Insomma, un vero autore d’Essai, che gli appassionati hanno potuto conoscere e incontrare solo grazie all’impegno e alla dedizione  degli organizzatori del BFM. E a proposito di organizzatori, la frase di disappunto che si è lasciata scappare Emanuela Martini durante il discorso di chiusura della manifestazione ("non volgiamo fare polemica ma abbiamo le palle girate") la dice lunga. La scure sui finanziamenti dedicati alla Cultura ha investito anche il Cinema e a farne le spese sono proprio manifestazioni di questo tipo, quelle d’Essai, che non attirano troppo pubblico, vip e soldi. Nonostante tutto e grazie soprattutto ai sacrifici di una squadra di appassionati c’è stata una edizione numero XX del BFM, ma il futuro non si presenta roseo. Speriamo che anche il prossimo anno, a Bergamo e altrove, si possa continuare a ribadire che non esiste un  solo tipo di Cinema. Per la cronaca il meeting prevedeva anche un concorso. Ha vinto il film irlandese H3 di Les Blair.


Loris SERAFINO
19 - 03 - 02