BELLARIA FILM FESTIVAL 2002
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testi di MANUELA PINETTI
[djinnie@supereva.it]


DOMENICA 9 giugno
Una pioggerellina insistente ha caratterizzato la domenica del Festival, causando qualche disagio senza però rattristare gli animi. Siamo giunti dunque alla fine di quattro intensissimi giorni, in cui Bellaria si è davvero trasformata, proprio come desiderava il "princeps" Morando Morandini, in un laboratorio del cinema. Per l'intera durata del Festival, infatti, i ragazzi del Dams e gli allievi del corso di montaggio della Scuola Nazionale di Cinema hanno "invaso" il piccolo paese con le loro videocamere; di giorno, di notte, nelle sale o tra i tavolini dei caffé, hanno provveduto ad immortalare ogni momento, per poi proporci un riassunto della giornata appena trascorsa nel videomagazine delle 21,15, che apriva la programmazione serale del cinema Astra. Ospiti prestigiosi, semplici spettatori, giovani registi in concorso: nessuno è sfuggito all'occhio digitale, vedersi proiettati sul grande schermo faceva ormai parte del "gioco".
L'idea di trasformare Bellaria in una piccola città del cinema è senz'altro riuscita, grazie anche all'istituzione del premio-novità di questa edizione: "Cinema per la realtà", nato da una collaborazione tra Bellaria e Telepiù e che premia il miglior progetto per cortometraggio, quest'anno su uno dei due temi "Stranieri" e "Divertimento". Il premio consiste proprio nella realizzazione di questo progetto, (entro settembre 2002), da girare a Bellaria e nelle zone limitrofe, con ospitalità offerta dal Comune stesso.
Su otto progetti pervenuti, la giuria ha scelto LA CENA di Kejdi Profti, Maria Maddalena Balletti e Diego Bonazzi e STRANIERI NO-STRANI di Giordano Ruini e Roberto Sgallari.
Questo premio è senz'altro un segnale importante per tutti i film-maker che hanno idee, ma spesso non i mezzi per realizzarle.
Gli altri premi della serata, presentata da Toni Bertorelli, Barbora Bobulova e con interventi del triumvirato Morandini-Segre-Costa e di Caterina D'amico, sono stati assegnati a I GRAFFITI DELLA MENTE di Pier Nello Manoni ed Erika Manoni (primo premio), SENZA TERRA/SEM TERRA di Elisabetta Pandimiglio e César Meneghetti (secondo premio), e LA SUA GAMBA di Francesco Costabile; menzione speciale a: ORA DICONO FOSSE UN POETA. CONVERSAZIONI E DIVAGAZIONI CON BRUNO LAUZI di Antonio De Lucia e Filippo Viberti.
Per il concorso 150 secondi a tema fisso (EMERGENZA) la giuria ha invece premiato il geniale IO NON POSSO ENTRARE di Michelangelo Frammartino, che con una semplice telecamera fissa ha raccontato l'emergenza del proprio cane Sgagna.

A chiudere il Festival è stato invece il quarto lungometraggio del giovane regista romano Matteo Garrone, L'IMBALSAMATORE, presentato a Bellaria come anteprima nazionale dopo aver partecipato alla "Quinzaine des Realisateurs" del Festival del cinema di Cannes 2002. Il film racconta lo strano mènage à trois tra un uomo troppo piccolo (Peppino, Ernesto Mahieux), un ragazzo troppo alto e troppo bello (Diego, Valerio Foglia Manzillo) e una ragazza dalla bocca rifatta (Deborah, Elisabetta Rocchetti). La strana relazione, nata da incontri sempre assolutamente casuali, si dipana tra i desideri proibiti (ma non nascosti) e il male di vivere dei tre protagonisti, sempre sospesi sull'orlo di una tragedia che li insegue e che li fa scappare (inutilmente) da un capo all'altro dell'Italia. I personaggi risultano tutti, anche i secondari, perfettamente delineati e mai scontati, "veri", nonostante siano calati spesso in situazioni non convenzionali. Le scene iniziali del film, in cui vediamo l'imbalsamatore Peppino e il suo assistente Diego all'opera, spingono molti spettatori ad abbandonare la sala (soprattutto donne); queste inquadrature un po' insistite sugli animali "sotto i ferri", però, sono sempre perfettamente giustificate dalla storia e mai, mai, gratuite. Perfetta anche la fotografia, dal taglio un po' noir e che mette ancora e maggiormente a nudo il lato oscuro dei tre protagonisti.
Un film di una promessa ormai mantenuta del cinema italiano, che conclude in maniera egregia un Festival che, per scelta dei lungometraggi e dei cortometraggi in concorso e non (sempre di ottima qualità), per l'ospitalità e la gestione (certamente non facile, tra mondiali e maltempo) degli organizzatori, è sicuramente un punto di riferimento per i film-maker che fanno dell'indipendenza la propria bandiera.



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SABATO 8 giugno
Terza giornata di festival qui a Bellaria, con il programma mattiniero parzialmente "sconvolto" per via della partita dell'Italia ai Mondiali (la sottoscritta si astiene da ogni triste commento…).
Il pomeriggio e la serata hanno comunque ripreso il (massacrante) ritmo abituale.
Protagonisti della giornata i film della sezione "Casa Rossa", che promuove e premia i film cosiddetti invisibili, ovvero, detto brutalmente, quei film che non raggiungendo nei primi giorni di proiezione l'afflusso di pubblico previsto, vengono ritirati dalle sale, per poi magari riapparire in televisione in orari improponibili.
Molto ci sarebbe da dire riguardo questa barbara consuetudine, che accantona, senza troppi complimenti, film spesso di altissimo livello, firmati da registi prestigiosi e coraggiosi.
Ma veniamo alla programmazione odierna; Casa Rossa ci ha oggi proposto tre ottimi film, che hanno ottenuto l'approvazione del pubblico: JURIJ di Stefano Gabrini e IL SOLE NEGLI OCCHI di Andrea Porporati nel pomeriggio, e L'UOMO IN PIÙ di Paolo Sorrentini in serata.
Rapporti difficili tra padre e figlio per i primi due, storia di due destini paralleli legati dall'omonimia (e non solo) nel terzo.
Jurij (Rajmond Onodj) è un bambino ipovedente la cui visione del mondo è buia e confusa, così come è confuso il suo rapporto col mondo; è un talentuoso violinista, come lo era sua madre, morta cadendo da un albero.
Il padre, l'ottimo "cattivo" Charles Dance, fa crescere le virtù musicali del bambino per mezzo di una prigionia fisica e mentale fino al compimento del suo decimo anno, quando lo ritiene ormai pronto per (di)mostrare a tutti la perfezione della sua musica. Ma Jurij si blocca, forse "comprende", si ribella: e scappa.
Questa fuga cambierà la sua vita, grazie all'incontro con la psicoterapeuta infantile Isabella (Fabrizia Sacchi), che insegnerà al bambino cosa sono le emozioni, e soprattutto come esprimerle senza la mediazione del violino; cosa sono i ricordi, e a cosa servano.
Un film denso eppur leggero come la pioggia che spesso bagna i protagonisti, che parla dell'amore e dei diversi modi di amare, insegnandoci che non è necessario dare per ricevere: si può voler bene ad una persona senza chiedere nulla in cambio.

Ben diverso il rapporto padre-figlio ne IL SOLE NEGLI OCCHI (vai al nostro speciale, con la sceneggiatura), storia di un patricida (Marco, Fabrizio Gifuni) in cerca di un castigo per un delitto che non ha movente, o almeno non ne ha uno razionale.
Delitto tra l'altro compiuto in modo goffo e maldestro, il che aumenta la realtà e la crudezza delle immagini.
Una storia scritta in maniera non banale, in cui la vicenda principale (l'omicidio, appunto) risulta come frammentata nelle altre storie parallele: lo strano rapporto di Marco con la madre (Delia Boccardo) e la sorella (Emanuela Macchniz), i bambini testimoni dell'assassinio, il poliziotto (Valerio Mastrandrea) che vuole aiutarlo, dandogli quella punizione che cerca, in realtà, per una colpa commessa da bambino. Tutte le linee drammatiche vanno poi a confluire in un finale sommesso e triste, in cui Marco finalmente esce dalla situazione di animale braccato e, forse, troverà la desiderata pace.

L'UOMO IN PIÙ non è solo il rivoluzionario schema di gioco messo a punto dall'ex calciatore Antonio Pisapia (Andrea Renzi): è anche, e soprattutto, la condizione esistenziale di due uomini, cui il caso ha dato il medesimo nome, e cui il destino si è divertito a tracciare una vita parallela eppur distinta. Quando i binari delle due storie si incrociano, la diversità dei caratteri imprime la svolta decisiva, e ognuno dei protagonisti riacquisterà la propria autonomia, con tutte le conseguenze annesse.
Siamo nel 1980: Antonio Pisapia, detto Tony (Toni Servillo), è un famoso cantante di musica leggera, cinico ed estroverso, dedito all'alcool, alle donne, alla bella vita; il suo omonimo, più giovane, di professione calciatore, è invece timido, scontroso, sognatore. Ad entrambi gli anni '80 promettono ricchezza e successo; ma li ritroviamo nel 1984, falliti, in cerca di un appiglio per risalire la china. Tony, accusato di stupro dopo aver sedotto una minorenne, reagisce in maniera vitale e violenta, Antonio, dopo un infortunio che ne ha interrotto la brillante carriera, si adegua in maniera mesta alla nuova situazione, com'è più consono al proprio carattere. Il suo sogno è allenare una squadra per mettere in pratica il suo infallibile schema di gioco a quattro punte, ma, visto che nessuno glielo consente, si lascia abbattere sempre di più, fino all'inevitabile suicidio finale.
Entrambi, lungo la strada che porta sempre più in alto, sono stati "buttati fuori" da un imprevisto, diventando di colpo uomini in più, e quindi inutili, fastidiosi, da allontanare.
La difficoltà di lavorare sul doppio, che nasconde l'insidia della parodia e del rigido schematismo, è stata abilmente superata dal regista Paolo Sorrentino grazie anche alla scelta degli attori: Toni Servillo è perfetto nella figura amorale di Tony il cantante, per il suo modo di appropriarsi dello spazio scenico e per la sua potenza espressiva impetuosa; Andrea Renzi è ottimo nel personaggio di Antonio il calciatore, dotato, al contrario, di un'etica che mal si miscela al mondo delle partite "decise a tavolino" in cui vive, sublimata dalla scelta di lavorare sulla cadenza dialettale, che imprime tenerezza e malinconia al personaggio senza appesantirlo.

Ma l'evento di questo sabato festivaliero è stato senz'altro l'anteprima mondiale del film di Francesca Comencini CARLO GIULIANI, RAGAZZO, proiettato in una versione integrata da quindici minuti assolutamente inediti rispetto a quella in programma al recente Festival di Cannes.
Il film racconta il 20 luglio di Carlo Giuliani e, in parallelo, il 20 luglio del corteo dei "disubbidienti" o "tute bianche".
Alle immagini a volte festose, più spesso crude, del "serpentone" dei manifestanti pacifisti, si contrappone la calma lucidità del racconto di Heidi Giuliani, madre di Carlo, che ripercorre con testimonianze concrete (gli amici che incontra, la focacceria dove mangia, il rotolo di scotch che raccoglie) la breve, ultima, giornata di suo figlio, mentre un'altra madre ascolta e registra voce, volto, racconto.
Man mano che le immagini e il racconto scorrono, la vicenda del singolo diventa paradigma umano e politico di una moltitudine, mentre quella stessa moltitudine acquista la tenerezza e l'unicità del singolo, un ragazzo biondo e gracile che gli amici chiamavano "piccin".
Dalle 300 ore di filmati, girati con decine e decine di videocamere digitali sparse un po' in tutta Genova in quel terribile giorno, spunta qua e là l'immagine di Carlo vivo, poi l'ormai famosa sequenza dell'estintore e degli spari dal defender dei carabinieri, poi ancora il povero corpo martoriato dal doppio passaggio della camionetta.
Immagini e suoni e urla accolte da un partecipe silenzio in sala, che sono state da stimolo per domande e riflessioni con Luca Bigazzi, direttore della fotografia e co-soggettista del film con la Comencini.
Bigazzi ha ripercorso la propria carriera, iniziata vent'anni fa con Soldini (erano compagni al liceo) nel momento in cui il cinema scopriva la pellicola sensibile e l'autonomia dal produttore. Ha poi tracciato un parallelo tra quel momento e i giorni nostri, caratterizzati dal medesimo fermento indipendente, grazie all'avvento delle videocamere digitali, che hanno permesso, fra l'altro, la realizzazione di questo film, ma, soprattutto, la non-sommersione di una verità che altrimenti avrebbe rischiato di non venire mai alla luce. E c'è da chiedersi quale sarà il futuro di questo film: nessuna televisione si è ancora proposta per la distribuzione post-cinematografica, e c'è comunque il rischio di un acquisto mirato per poi nasconderlo in un cassetto, lasciando il compito della diffusione all'indipendente circuito dei centri sociali.


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VENERDI' 7 giugno
Qui, al Bellaria Film Festival, si susseguono avvenimenti su avvenimenti, apparentemente anche molto distanti tra loro, secondo un calendario che non lascia respiro.
Il Festival nell'era del "triumvirato" Segre-Costa-Morandini si è aperto infatti giovedì con la festa per il compleanno del film BRONTE, CRONACA DI UN MASSACRO CHE I LIBRI DI STORIA NON HANNO RACCONTATO; l'attualità di questo film, che affonda la sua storia nella nostra storia, in un parallelo che va dal Risorgimento ai giorni nostri, annulla la distanza trentennale che ci separa dalla sua prima uscita .
Ma torniamo ai nostri giorni, e più precisamente alla giornata di oggi, scandita dalla proiezione dei cortometraggi in concorso e fuori concorso.
Per il Concorso Anteprima, è da segnalare, per l'originalità della storia e per l'approvazione del pubblico, LA SUA GAMBA di Francesco Costabile, ovvero la storia di un uomo e della propria pulsione feticista, e di come si sviluppa questa ossessione quando una gamba in plastica entra a far parte della sua vita…
Breve e incisivo è invece K, interessante opera prima di una regista ventunenne (Simona Mariucci), che racconta con mano sicura, in soli due minuti e senza dialoghi, la storia di un inseguimento tra le vie di una città, sfidando i pregiudizi del pubblico e gli schemi del "già visto".
EIN KLEINES NACHTPROBLEM, di Lorenzo Bigagli: ecco il cortometraggio che ha entusiasmato maggiormente il pubblico del festival questo pomeriggio: risate e doppia "razione" di applausi per un lavoro che li merita sicuramente. Una coppia, un letto matrimoniale, un piccolo problema notturno, di quelli universali: la storia (breve: solo 5 minuti, il tempo della "Marcia alla turca" di Mozart) è ambientata, per costumi e pettinature, negli anni '30. Un'idea semplice e ben realizzata, che gioca con i doppi sensi lingua italiana-lingua tedesca delle didascalie, inserite per supplire alla mancanza del dialogo, quasi fossimo realmente in un film muto degli albori del cinema.
Con INNAMORADO ci trasferiamo invece in una colonia estiva tra le montagne del Norditalia, dove un gruppo di adolescenti è alle prese con un dipinto collettivo, con i primi amori e con una coppia di clandestini da aiutare. Un film forse di facili moralismi, quasi educativo, la cui maggior pecca è probabilmente la durata: 46 minuti sono un po' eccessivi, per una storia che poteva senz'altro essere risolta cinematograficamente in un tempo minore.
Il pubblico ha accolto con favore anche LA SPOLA, in cui un vecchio signore ammalia con storie fantastiche i clienti di un piccolo traghetto (in accordo con il traghettatore), spingendoli a ripetere il viaggio da una sponda all'altra del fiume (la spola, appunto) pur di sentire la fine del racconto, e "Non c'è storia", una sorta di monologo per voce narrante, immagini e parole in cui il protagonista si interroga su quale storia narrare: "una" storia, la propria, o tutte le storie possibili?

Per i fuori concorso, sezione "Altre visioni": IL TRENO PER L'OPERA: la regista, Catherine Mc Gilvray, lascia a "briglia sciolta" la novantenne protagonista, signora Cencia da Genzano, professione contadina.
Cinquantadue minuti tra passato e presente dell'anziana signora, tra il suo amore per l'opera lirica (scoperta in pieno regime fascista, grazie agli spettacoli a prezzi popolari) e l'amore per il marito e la figlia ormai morti.
Le immagini e i ricordi scorrono via veloci e leggeri, nonostante il basso continuo del dolore vissuto. IL TRENO PER L'OPERA di chiara impronta documentaristica, ha la propria ossatura nel racconto "puro" (camera fissa su Cencia), in cui la regia si fa quasi da parte per lasciar parlare l'incredibile lucidità e vitalità della protagonista. L'immagine più bella? Il suo primo piano velato di lacrime di gioia , mentre ascolta le note della Traviata a teatro durante le prove dell'orchestra (mai inquadrata). Un pianto che commuove, e che parla dell'amore semplice e assoluto per la musica di Rossini, Puccini, Verdi.


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GIOVEDI' 6 giugno
Il Bellaria Film Festival si inaugura al mattino con una precisa dichiarazione d’intenti: un festival che quest’anno mette come elemento base dell’edizione del ventennale la volontà di radicarsi nel territorio, si aprirà con la proiezione del film di Vancini “BRONTE” al quale è dedicata quest’anno la festa di compleanno (il film, a trent’anni dalla sua realizzazione, è stato restaurato dalla Cineteca Nazionale). Il regista ferrarese incontrerà (al Cinema Astra di Bellaria, alle 10) i ragazzi delle terze medie della zona e assieme a loro vedrà e discuterà questo film che racconta, come dice il sottotitolo, la “cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno mai raccontato”, oscuro episodio del Risorgimento che i manuali scolastici a lungo hanno ignorato (e spesso continuano a ignorare).

Nel pomeriggio, al Palazzo del Turismo alcune proiezioni del Casa Rossa, seguite alle 18.15 da “I nostri anni”, film fuori concorso di Daniele Gaglianone passato con successo a Torino 2000 e (con qualche polemica inerente al tema, due vecchi partigiani e l’importanza della memoria) a Cannes 2001.

Alle 16.15 all’Astra “Come si fa un Martini” di Kiko Stella, uno dei finalisti del Casa Rossa che vede nel cast Antonio Catania, Ivano Marescotti, Elena Sofia Ricci, Adriana Asti, Monica Scattini, Ennio Fantastichini, Giulio Brogi. E a seguire per GenoVisioni “Zona gialla” e “La disubbidienza e Pulcinella”. Alle 18.45 la prima anteprima del festival: “S’era tutti sovversivi” di Giacomo Verde (56’), dedicato a Franco Serantini. Il giovane anarchico Serantini morì nel carcere di Pisa, il 7 maggio ‘72, per le percosse subite all’arresto. Lo presero a margine degli scontri per la manifestazione organizzata da Lotta Continua contro il comizio del “fascista” Niccolai. I poliziotti colpevoli della sua morte non vennero mai individuati e condannati.

Alle 21.30, un’altra delle novità del festival: il videomagazine. Alcuni studenti del Dams di Bologna e della Scuola Nazionale di Cinema impegnati in attività realizzate durante le giornate della rassegna (dal “festival vetrina” al “festival laboratorio” potrebbe essere il motto della nuova direzione) parteciperanno sotto la guida del regista Daniele Segre e del montatore Carlo Balestrieri, docenti alla Scuola Nazionale di Cinema, alla realizzazione di un videomagazine che documenterà in tempo reale gli eventi del festival e l’interazione tra la manifestazione e la realtà quotidiana di Bellaria. Dopo il videomagazine, proiezione “ufficiale” del film festeggiato. E’ festa per i trent’anni di “BRONTE: STORIA DI UN MASSACRO CHE I LIBRI DI STORIA NON HANNO RACCONTATO” (‘72). Arriverà a Bellaria anche uno degli attori principali, Ivo Garrani, che in questo trentennio si è conquistato un posto prestigioso nel panorama italiano, e che celebrerà il regista ferrarese insieme a Roberto Perpignani, allora montatore della pellicola e a Bellaria oggi come giurato (e “docente” dei mestieri del cinema). Vancini ha predisposto lui stesso quest’edizione, aggiungendo a quella cinematografica 16 minuti in più, tratti da quella televisiva.
Il restauro è stato curato dalla Scuola Nazionale di Cinema – Cineteca Nazionale partendo dal negativo originale 16mm, rigonfiato per l’occasione in 35mm. Ed è stato anche pubblicato di recente un libro, edito da Liguori a cura di Pasquale Iaccio, su “Bronte”, certo un film dissacrante, ispirato a una novella di Verga ma realizzato (con Sciascia tra gli sceneggiatori) seguendo la traccia dei documenti storici. Il volume contiene la sceneggiatura definitiva rivista da Vancini e saggi critici di diversi autori.

La lunga giornata di cinema si conclude con la proiezione, a mezzanotte, di un altro dei finalisti del Casa Rossa, “L’amore imperfetto” di Giovanni Maderna, con Enrico Lo Verso.
Il cinema Astra è nell’Isola dei Platani, nel centro di Bellaria. Le proiezioni sono gratuite.

CATIA DONINI
ufficio stampa anteprima

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PREMIO CASA ROSSA

Sabato 8 giugno, alle ore 22, sono stati assegnati i premi "Casa Rossa"; presenziava in persona Morando Morandini, con la "madrina" (nonché mattatore) Toni Bertorelli.

Il Premio Casa Rossa 2002 è andato a Paolo Sorrentino, regista de L'UOMO IN PIÙ

Miglior attrice ex aequo: Sonia Bergamasco e Rosalinda Celentano per il film L'AMORE PROBABILMENTE di Giuseppe Bertolucci.

Miglior attore ex aequo: Fabrizio Gifuni per il film IL SOLE NEGLI OCCHI / (vai al nostro speciale, con la sceneggiatura)
Toni Servillo per il film L'UOMO IN PIÙ

Miglior contributo tecnico a Paolo Sorrentino per la sceneggiatura del film L'UOMO IN PIÙ


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I PREMIATI DEL 2002
comunicato stampa

La giuria del concorso Anteprima per il cinema indipendente italiano, Bellaria Film Festival composta da Barbora Bobulova, Alberto Crespi, Caterina D'Amico, Roberto Perpignani ed Enzo Porcelli ha assegnato
in chiusura del festival i seguenti premi:

Primo premio a
I GRAFFITI DELLA MANTE
di Pier Nello Manoni ed Erika Manoni perché ci fa incontrare un uomo, la sua storia, il suo libro murale scritto sulle pareti dell'ospedale psichiatrico di Volterra. La follia si conferma sorella della creatività, come già avveniva nel film L'osservatorio nucleare del sig. Nanof, dello Studio Azzurro, premiato a Bellaria nel 1985 e ispirato alla stessa vicenda. Ai Manoni vanno 7.500 euro.

Secondo premio a
SENZA TERRA/SEM TERRA
di Elisabetta Pandimiglio e César Meneghetti
perché, partendo dalla storia di un uomo e di due donne, ci fa intuire i legami fra due mondi - Italia e Brasile - separati da un oceano. Ricordare che siamo stati un popolo di emigranti è sempre salutare. A Pandimiglio e Meneghetti vanno 3.500 euro.

Terzo premio a
LA SUA GAMBA
di Francesco Costabile perché racconta un'ossessione erotica con ironia, portandola al lieto fine. E vissero tutti feticisti e contenti. A Costabile 2.500 euro.

La giuria attribuisce una menzione speciale a:
ORA DICONO FOSSE UN POETA. CONVERSAZIONI E DIVAGAZIONI CON BRUNO LAUZI di Antonio
De Lucia e Filippo Viberti
perché ci fa scoprire un grande cantautore in nuove vesti: di poeta, di intrattenitore, di uomo saggio.

150 secondi a tema fisso (EMERGENZA)
La giuria, composta dalla direzione del festival, ha premiato IO NON POSSO ENTRARE di Michelangelo Frammartino, di Milano.
Al vincitore un premio di 1500 euro.

CINEMA PER LA REALTA'
La giuria composta da Antonio Costa, Morando Morandini e Daniele Segre, ha esaminato gli otto progetti pervenuti. Il concorso richiedeva l'elaborazione di un progetto per un cortometraggio su uno dei temi: Stranieri e Divertimento.La giuria ha selezionato due progetti: LA CENA di Kejdi Profti, Maria Maddalena Balletti e Diego Bonazzi e STRANIERI NO-STRANI di Giordano Ruini e Roberto Sgallari.
I progetti vincitori dovranno essere realizzati in film entro il prossimo settembre: il Comune di Bellaria ospiterà i componenti di una minitroupe di 3 persone per il periodo necessario per preparazione e riprese (12 giorni). Tele+
si riserva il diritto di opzionare uno dei progetti scelti per la messa in onda all'interno di Doc-Reportage, spazio settimana dedicato ai documentari.