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testi di MANUELA PINETTI
[djinnie@supereva.it]
DOMENICA 9 giugno
Una pioggerellina insistente ha caratterizzato
la domenica del Festival, causando qualche disagio senza però rattristare
gli animi. Siamo giunti dunque alla fine di quattro intensissimi giorni,
in cui Bellaria si è davvero trasformata, proprio come desiderava
il "princeps" Morando Morandini, in un laboratorio del cinema.
Per l'intera durata del Festival, infatti, i ragazzi del Dams e gli allievi
del corso di montaggio della Scuola Nazionale di Cinema hanno "invaso"
il piccolo paese con le loro videocamere; di giorno, di notte, nelle sale
o tra i tavolini dei caffé, hanno provveduto ad immortalare ogni
momento, per poi proporci un riassunto della giornata appena trascorsa
nel videomagazine delle 21,15, che apriva la programmazione serale del
cinema Astra. Ospiti prestigiosi, semplici spettatori, giovani registi
in concorso: nessuno è sfuggito all'occhio digitale, vedersi proiettati
sul grande schermo faceva ormai parte del "gioco".
L'idea di trasformare Bellaria in una piccola città del cinema
è senz'altro riuscita, grazie anche all'istituzione del premio-novità
di questa edizione: "Cinema per la realtà", nato da una
collaborazione tra Bellaria e Telepiù e che premia il miglior progetto
per cortometraggio, quest'anno su uno dei due temi "Stranieri"
e "Divertimento". Il premio consiste proprio nella realizzazione
di questo progetto, (entro settembre 2002), da girare a Bellaria e nelle
zone limitrofe, con ospitalità offerta dal Comune stesso.
Su otto progetti pervenuti, la giuria ha scelto LA CENA di Kejdi Profti,
Maria Maddalena Balletti e Diego Bonazzi e STRANIERI NO-STRANI di Giordano
Ruini e Roberto Sgallari.
Questo premio è senz'altro un segnale importante per tutti i film-maker
che hanno idee, ma spesso non i mezzi per realizzarle.
Gli altri premi della serata, presentata da Toni Bertorelli, Barbora Bobulova
e con interventi del triumvirato Morandini-Segre-Costa e di Caterina D'amico,
sono stati assegnati a I GRAFFITI DELLA MENTE di Pier Nello Manoni ed
Erika Manoni (primo premio), SENZA TERRA/SEM TERRA di Elisabetta Pandimiglio
e César Meneghetti (secondo premio), e LA SUA GAMBA di Francesco
Costabile; menzione speciale a: ORA DICONO FOSSE UN POETA. CONVERSAZIONI
E DIVAGAZIONI CON BRUNO LAUZI di Antonio De Lucia e Filippo Viberti.
Per il concorso 150 secondi a tema fisso (EMERGENZA) la giuria ha invece
premiato il geniale IO NON POSSO ENTRARE di Michelangelo Frammartino,
che con una semplice telecamera fissa ha raccontato l'emergenza del proprio
cane Sgagna.
A chiudere il Festival è stato invece il quarto lungometraggio
del giovane regista romano Matteo Garrone, L'IMBALSAMATORE, presentato
a Bellaria come anteprima nazionale dopo aver partecipato alla "Quinzaine
des Realisateurs" del Festival del cinema di Cannes 2002. Il film
racconta lo strano mènage à trois tra un uomo troppo piccolo
(Peppino, Ernesto Mahieux), un ragazzo troppo alto e troppo bello (Diego,
Valerio Foglia Manzillo) e una ragazza dalla bocca rifatta (Deborah, Elisabetta
Rocchetti). La strana relazione, nata da incontri sempre assolutamente
casuali, si dipana tra i desideri proibiti (ma non nascosti) e il male
di vivere dei tre protagonisti, sempre sospesi sull'orlo di una tragedia
che li insegue e che li fa scappare (inutilmente) da un capo all'altro
dell'Italia. I personaggi risultano tutti, anche i secondari, perfettamente
delineati e mai scontati, "veri", nonostante siano calati spesso
in situazioni non convenzionali. Le scene iniziali del film, in cui vediamo
l'imbalsamatore Peppino e il suo assistente Diego all'opera, spingono
molti spettatori ad abbandonare la sala (soprattutto donne); queste inquadrature
un po' insistite sugli animali "sotto i ferri", però,
sono sempre perfettamente giustificate dalla storia e mai, mai, gratuite.
Perfetta anche la fotografia, dal taglio un po' noir e che mette ancora
e maggiormente a nudo il lato oscuro dei tre protagonisti.
Un film di una promessa ormai mantenuta del cinema italiano, che conclude
in maniera egregia un Festival che, per scelta dei lungometraggi e dei
cortometraggi in concorso e non (sempre di ottima qualità), per
l'ospitalità e la gestione (certamente non facile, tra mondiali
e maltempo) degli organizzatori, è sicuramente un punto di riferimento
per i film-maker che fanno dell'indipendenza la propria bandiera.
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SABATO 8 giugno
Terza giornata di festival qui a Bellaria, con il programma mattiniero
parzialmente "sconvolto" per via della partita dell'Italia ai
Mondiali (la sottoscritta si astiene da ogni triste commento…).
Il pomeriggio e la serata hanno comunque ripreso il (massacrante) ritmo
abituale.
Protagonisti della giornata i film della sezione "Casa Rossa",
che promuove e premia i film cosiddetti invisibili, ovvero, detto brutalmente,
quei film che non raggiungendo nei primi giorni di proiezione l'afflusso
di pubblico previsto, vengono ritirati dalle sale, per poi magari riapparire
in televisione in orari improponibili.
Molto ci sarebbe da dire riguardo questa barbara consuetudine, che accantona,
senza troppi complimenti, film spesso di altissimo livello, firmati da
registi prestigiosi e coraggiosi.
Ma veniamo alla programmazione odierna; Casa Rossa ci ha oggi proposto
tre ottimi film, che hanno ottenuto l'approvazione del pubblico: JURIJ
di Stefano Gabrini e IL SOLE NEGLI OCCHI di Andrea Porporati nel pomeriggio,
e L'UOMO IN PIÙ di Paolo Sorrentini in serata.
Rapporti difficili tra padre e figlio per i primi due, storia di due destini
paralleli legati dall'omonimia (e non solo) nel terzo.
Jurij (Rajmond Onodj) è un bambino ipovedente la cui visione del
mondo è buia e confusa, così come è confuso il suo
rapporto col mondo; è un talentuoso violinista, come lo era sua
madre, morta cadendo da un albero.
Il padre, l'ottimo "cattivo" Charles Dance, fa crescere le virtù
musicali del bambino per mezzo di una prigionia fisica e mentale fino
al compimento del suo decimo anno, quando lo ritiene ormai pronto per
(di)mostrare a tutti la perfezione della sua musica. Ma Jurij si blocca,
forse "comprende", si ribella: e scappa.
Questa fuga cambierà la sua vita, grazie all'incontro con la psicoterapeuta
infantile Isabella (Fabrizia Sacchi), che insegnerà al bambino
cosa sono le emozioni, e soprattutto come esprimerle senza la mediazione
del violino; cosa sono i ricordi, e a cosa servano.
Un film denso eppur leggero come la pioggia che spesso bagna i protagonisti,
che parla dell'amore e dei diversi modi di amare, insegnandoci che non
è necessario dare per ricevere: si può voler bene ad una
persona senza chiedere nulla in cambio.
Ben diverso il rapporto padre-figlio ne IL SOLE NEGLI OCCHI (vai
al nostro speciale, con la sceneggiatura), storia di un patricida
(Marco, Fabrizio Gifuni) in cerca di un castigo per un delitto che non
ha movente, o almeno non ne ha uno razionale.
Delitto tra l'altro compiuto in modo goffo e maldestro, il che aumenta
la realtà e la crudezza delle immagini.
Una storia scritta in maniera non banale, in cui la vicenda principale
(l'omicidio, appunto) risulta come frammentata nelle altre storie parallele:
lo strano rapporto di Marco con la madre (Delia Boccardo) e la sorella
(Emanuela Macchniz), i bambini testimoni dell'assassinio, il poliziotto
(Valerio Mastrandrea) che vuole aiutarlo, dandogli quella punizione che
cerca, in realtà, per una colpa commessa da bambino. Tutte le linee
drammatiche vanno poi a confluire in un finale sommesso e triste, in cui
Marco finalmente esce dalla situazione di animale braccato e, forse, troverà
la desiderata pace.
L'UOMO IN PIÙ non è solo il rivoluzionario schema di gioco
messo a punto dall'ex calciatore Antonio Pisapia (Andrea Renzi): è
anche, e soprattutto, la condizione esistenziale di due uomini, cui il
caso ha dato il medesimo nome, e cui il destino si è divertito
a tracciare una vita parallela eppur distinta. Quando i binari delle due
storie si incrociano, la diversità dei caratteri imprime la svolta
decisiva, e ognuno dei protagonisti riacquisterà la propria autonomia,
con tutte le conseguenze annesse.
Siamo nel 1980: Antonio Pisapia, detto Tony (Toni Servillo), è
un famoso cantante di musica leggera, cinico ed estroverso, dedito all'alcool,
alle donne, alla bella vita; il suo omonimo, più giovane, di professione
calciatore, è invece timido, scontroso, sognatore. Ad entrambi
gli anni '80 promettono ricchezza e successo; ma li ritroviamo nel 1984,
falliti, in cerca di un appiglio per risalire la china. Tony, accusato
di stupro dopo aver sedotto una minorenne, reagisce in maniera vitale
e violenta, Antonio, dopo un infortunio che ne ha interrotto la brillante
carriera, si adegua in maniera mesta alla nuova situazione, com'è
più consono al proprio carattere. Il suo sogno è allenare
una squadra per mettere in pratica il suo infallibile schema di gioco
a quattro punte, ma, visto che nessuno glielo consente, si lascia abbattere
sempre di più, fino all'inevitabile suicidio finale.
Entrambi, lungo la strada che porta sempre più in alto, sono stati
"buttati fuori" da un imprevisto, diventando di colpo uomini
in più, e quindi inutili, fastidiosi, da allontanare.
La difficoltà di lavorare sul doppio, che nasconde l'insidia della
parodia e del rigido schematismo, è stata abilmente superata dal
regista Paolo Sorrentino grazie anche alla scelta degli attori: Toni Servillo
è perfetto nella figura amorale di Tony il cantante, per il suo
modo di appropriarsi dello spazio scenico e per la sua potenza espressiva
impetuosa; Andrea Renzi è ottimo nel personaggio di Antonio il
calciatore, dotato, al contrario, di un'etica che mal si miscela al mondo
delle partite "decise a tavolino" in cui vive, sublimata dalla
scelta di lavorare sulla cadenza dialettale, che imprime tenerezza e malinconia
al personaggio senza appesantirlo.
Ma l'evento di questo sabato festivaliero è stato senz'altro l'anteprima
mondiale del film di Francesca Comencini CARLO GIULIANI, RAGAZZO, proiettato
in una versione integrata da quindici minuti assolutamente inediti rispetto
a quella in programma al recente Festival di Cannes.
Il film racconta il 20 luglio di Carlo Giuliani e, in parallelo, il 20
luglio del corteo dei "disubbidienti" o "tute bianche".
Alle immagini a volte festose, più spesso crude, del "serpentone"
dei manifestanti pacifisti, si contrappone la calma lucidità del
racconto di Heidi Giuliani, madre di Carlo, che ripercorre con testimonianze
concrete (gli amici che incontra, la focacceria dove mangia, il rotolo
di scotch che raccoglie) la breve, ultima, giornata di suo figlio, mentre
un'altra madre ascolta e registra voce, volto, racconto.
Man mano che le immagini e il racconto scorrono, la vicenda del singolo
diventa paradigma umano e politico di una moltitudine, mentre quella stessa
moltitudine acquista la tenerezza e l'unicità del singolo, un ragazzo
biondo e gracile che gli amici chiamavano "piccin".
Dalle 300 ore di filmati, girati con decine e decine di videocamere digitali
sparse un po' in tutta Genova in quel terribile giorno, spunta qua e là
l'immagine di Carlo vivo, poi l'ormai famosa sequenza dell'estintore e
degli spari dal defender dei carabinieri, poi ancora il povero corpo martoriato
dal doppio passaggio della camionetta.
Immagini e suoni e urla accolte da un partecipe silenzio in sala, che
sono state da stimolo per domande e riflessioni con Luca Bigazzi, direttore
della fotografia e co-soggettista del film con la Comencini.
Bigazzi ha ripercorso la propria carriera, iniziata vent'anni fa con Soldini
(erano compagni al liceo) nel momento in cui il cinema scopriva la pellicola
sensibile e l'autonomia dal produttore. Ha poi tracciato un parallelo
tra quel momento e i giorni nostri, caratterizzati dal medesimo fermento
indipendente, grazie all'avvento delle videocamere digitali, che hanno
permesso, fra l'altro, la realizzazione di questo film, ma, soprattutto,
la non-sommersione di una verità che altrimenti avrebbe rischiato
di non venire mai alla luce. E c'è da chiedersi quale sarà
il futuro di questo film: nessuna televisione si è ancora proposta
per la distribuzione post-cinematografica, e c'è comunque il rischio
di un acquisto mirato per poi nasconderlo in un cassetto, lasciando il
compito della diffusione all'indipendente circuito dei centri sociali.
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VENERDI' 7 giugno
Qui, al Bellaria Film Festival, si susseguono avvenimenti su avvenimenti,
apparentemente anche molto distanti tra loro, secondo un calendario che
non lascia respiro.
Il Festival nell'era del "triumvirato" Segre-Costa-Morandini
si è aperto infatti giovedì con la festa per il compleanno
del film BRONTE, CRONACA DI UN MASSACRO CHE I LIBRI DI STORIA NON HANNO
RACCONTATO; l'attualità di questo film, che affonda la sua storia
nella nostra storia, in un parallelo che va dal Risorgimento ai giorni
nostri, annulla la distanza trentennale che ci separa dalla sua prima
uscita .
Ma torniamo ai nostri giorni, e più precisamente alla giornata
di oggi, scandita dalla proiezione dei cortometraggi in concorso e fuori
concorso.
Per il Concorso Anteprima, è da segnalare, per l'originalità
della storia e per l'approvazione del pubblico, LA SUA GAMBA di Francesco
Costabile, ovvero la storia di un uomo e della propria pulsione feticista,
e di come si sviluppa questa ossessione quando una gamba in plastica entra
a far parte della sua vita…
Breve e incisivo è invece K, interessante opera prima di una regista
ventunenne (Simona Mariucci), che racconta con mano sicura, in soli due
minuti e senza dialoghi, la storia di un inseguimento tra le vie di una
città, sfidando i pregiudizi del pubblico e gli schemi del "già
visto".
EIN KLEINES NACHTPROBLEM, di Lorenzo Bigagli: ecco il cortometraggio che
ha entusiasmato maggiormente il pubblico del festival questo pomeriggio:
risate e doppia "razione" di applausi per un lavoro che li merita
sicuramente. Una coppia, un letto matrimoniale, un piccolo problema notturno,
di quelli universali: la storia (breve: solo 5 minuti, il tempo della
"Marcia alla turca" di Mozart) è ambientata, per costumi
e pettinature, negli anni '30. Un'idea semplice e ben realizzata, che
gioca con i doppi sensi lingua italiana-lingua tedesca delle didascalie,
inserite per supplire alla mancanza del dialogo, quasi fossimo realmente
in un film muto degli albori del cinema.
Con INNAMORADO ci trasferiamo invece in una colonia estiva tra le montagne
del Norditalia, dove un gruppo di adolescenti è alle prese con
un dipinto collettivo, con i primi amori e con una coppia di clandestini
da aiutare. Un film forse di facili moralismi, quasi educativo, la cui
maggior pecca è probabilmente la durata: 46 minuti sono un po'
eccessivi, per una storia che poteva senz'altro essere risolta cinematograficamente
in un tempo minore.
Il pubblico ha accolto con favore anche LA SPOLA, in cui un vecchio signore
ammalia con storie fantastiche i clienti di un piccolo traghetto (in accordo
con il traghettatore), spingendoli a ripetere il viaggio da una sponda
all'altra del fiume (la spola, appunto) pur di sentire la fine del racconto,
e "Non c'è storia", una sorta di monologo per voce narrante,
immagini e parole in cui il protagonista si interroga su quale storia
narrare: "una" storia, la propria, o tutte le storie possibili?
Per i fuori concorso, sezione "Altre visioni": IL TRENO PER
L'OPERA: la regista, Catherine Mc Gilvray, lascia a "briglia sciolta"
la novantenne protagonista, signora Cencia da Genzano, professione contadina.
Cinquantadue minuti tra passato e presente dell'anziana signora, tra il
suo amore per l'opera lirica (scoperta in pieno regime fascista, grazie
agli spettacoli a prezzi popolari) e l'amore per il marito e la figlia
ormai morti.
Le immagini e i ricordi scorrono via veloci e leggeri, nonostante il basso
continuo del dolore vissuto. IL TRENO PER L'OPERA di chiara impronta documentaristica,
ha la propria ossatura nel racconto "puro" (camera fissa su
Cencia), in cui la regia si fa quasi da parte per lasciar parlare l'incredibile
lucidità e vitalità della protagonista. L'immagine più
bella? Il suo primo piano velato di lacrime di gioia , mentre ascolta
le note della Traviata a teatro durante le prove dell'orchestra (mai inquadrata).
Un pianto che commuove, e che parla dell'amore semplice e assoluto per
la musica di Rossini, Puccini, Verdi.
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GIOVEDI' 6 giugno
Il Bellaria Film Festival si inaugura al mattino con una precisa dichiarazione
d’intenti: un festival che quest’anno mette come elemento base dell’edizione
del ventennale la volontà di radicarsi nel territorio, si aprirà
con la proiezione del film di Vancini “BRONTE” al quale è dedicata
quest’anno la festa di compleanno (il film, a trent’anni dalla sua realizzazione,
è stato restaurato dalla Cineteca Nazionale). Il regista ferrarese
incontrerà (al Cinema Astra di Bellaria, alle 10) i ragazzi delle
terze medie della zona e assieme a loro vedrà e discuterà
questo film che racconta, come dice il sottotitolo, la “cronaca di un
massacro che i libri di storia non hanno mai raccontato”, oscuro episodio
del Risorgimento che i manuali scolastici a lungo hanno ignorato (e spesso
continuano a ignorare).
Nel pomeriggio, al Palazzo del Turismo alcune proiezioni del Casa Rossa,
seguite alle 18.15 da “I nostri anni”, film fuori concorso di Daniele
Gaglianone passato con successo a Torino 2000 e (con qualche polemica
inerente al tema, due vecchi partigiani e l’importanza della memoria)
a Cannes 2001.
Alle 16.15 all’Astra “Come si fa un Martini” di Kiko Stella, uno dei finalisti
del Casa Rossa che vede nel cast Antonio Catania, Ivano Marescotti, Elena
Sofia Ricci, Adriana Asti, Monica Scattini, Ennio Fantastichini, Giulio
Brogi. E a seguire per GenoVisioni “Zona gialla” e “La disubbidienza e
Pulcinella”. Alle 18.45 la prima anteprima del festival: “S’era tutti
sovversivi” di Giacomo Verde (56’), dedicato a Franco Serantini. Il giovane
anarchico Serantini morì nel carcere di Pisa, il 7 maggio ‘72,
per le percosse subite all’arresto. Lo presero a margine degli scontri
per la manifestazione organizzata da Lotta Continua contro il comizio
del “fascista” Niccolai. I poliziotti colpevoli della sua morte non vennero
mai individuati e condannati.
Alle 21.30, un’altra delle novità del festival: il videomagazine.
Alcuni studenti del Dams di Bologna e della Scuola Nazionale di Cinema
impegnati in attività realizzate durante le giornate della rassegna
(dal “festival vetrina” al “festival laboratorio” potrebbe essere il motto
della nuova direzione) parteciperanno sotto la guida del regista Daniele
Segre e del montatore Carlo Balestrieri, docenti alla Scuola Nazionale
di Cinema, alla realizzazione di un videomagazine che documenterà
in tempo reale gli eventi del festival e l’interazione tra la manifestazione
e la realtà quotidiana di Bellaria. Dopo il videomagazine, proiezione
“ufficiale” del film festeggiato. E’ festa per i trent’anni di “BRONTE:
STORIA DI UN MASSACRO CHE I LIBRI DI STORIA NON HANNO RACCONTATO” (‘72).
Arriverà a Bellaria anche uno degli attori principali, Ivo Garrani,
che in questo trentennio si è conquistato un posto prestigioso
nel panorama italiano, e che celebrerà il regista ferrarese insieme
a Roberto Perpignani, allora montatore della pellicola e a Bellaria oggi
come giurato (e “docente” dei mestieri del cinema). Vancini ha predisposto
lui stesso quest’edizione, aggiungendo a quella cinematografica 16 minuti
in più, tratti da quella televisiva.
Il restauro è stato curato dalla Scuola Nazionale di Cinema – Cineteca
Nazionale partendo dal negativo originale 16mm, rigonfiato per l’occasione
in 35mm. Ed è stato anche pubblicato di recente un libro, edito
da Liguori a cura di Pasquale Iaccio, su “Bronte”, certo un film dissacrante,
ispirato a una novella di Verga ma realizzato (con Sciascia tra gli sceneggiatori)
seguendo la traccia dei documenti storici. Il volume contiene la sceneggiatura
definitiva rivista da Vancini e saggi critici di diversi autori.
La lunga giornata di cinema si conclude con la proiezione, a mezzanotte,
di un altro dei finalisti del Casa Rossa, “L’amore imperfetto” di Giovanni
Maderna, con Enrico Lo Verso.
Il cinema Astra è nell’Isola dei Platani, nel centro di Bellaria.
Le proiezioni sono gratuite.
CATIA DONINI
ufficio stampa anteprima
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PREMIO CASA ROSSA
Sabato 8 giugno, alle ore 22, sono stati assegnati i premi "Casa
Rossa"; presenziava in persona Morando Morandini, con la "madrina"
(nonché mattatore) Toni Bertorelli.
Il Premio Casa Rossa 2002 è andato a Paolo Sorrentino, regista
de L'UOMO IN PIÙ
Miglior attrice ex aequo: Sonia Bergamasco e Rosalinda Celentano per il
film L'AMORE PROBABILMENTE di Giuseppe Bertolucci.
Miglior attore ex aequo: Fabrizio Gifuni per il film IL SOLE NEGLI OCCHI
/ (vai al nostro speciale,
con la sceneggiatura)
Toni Servillo per il film L'UOMO IN PIÙ
Miglior contributo tecnico a Paolo Sorrentino per la sceneggiatura del
film L'UOMO IN PIÙ
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I PREMIATI DEL 2002
comunicato stampa
La giuria del concorso Anteprima per il cinema indipendente
italiano, Bellaria Film Festival composta da Barbora Bobulova, Alberto
Crespi, Caterina D'Amico, Roberto Perpignani ed Enzo Porcelli ha assegnato
in chiusura del festival i seguenti premi:
Primo premio a
I GRAFFITI DELLA MANTE
di Pier Nello Manoni ed Erika Manoni perché ci fa incontrare un
uomo, la sua storia, il suo libro murale scritto sulle pareti dell'ospedale
psichiatrico di Volterra. La follia si conferma sorella della creatività,
come già avveniva nel film L'osservatorio nucleare del sig. Nanof,
dello Studio Azzurro, premiato a Bellaria nel 1985 e ispirato alla stessa
vicenda. Ai Manoni vanno 7.500 euro.
Secondo premio a
SENZA TERRA/SEM TERRA
di Elisabetta Pandimiglio e César Meneghetti
perché, partendo dalla storia di un uomo e di due donne, ci fa
intuire i legami fra due mondi - Italia e Brasile - separati da un oceano.
Ricordare che siamo stati un popolo di emigranti è sempre salutare.
A Pandimiglio e Meneghetti vanno 3.500 euro.
Terzo premio a
LA SUA GAMBA
di Francesco Costabile perché racconta un'ossessione erotica con
ironia, portandola al lieto fine. E vissero tutti feticisti e contenti.
A Costabile 2.500 euro.
La giuria attribuisce una menzione speciale a:
ORA DICONO FOSSE UN POETA. CONVERSAZIONI E DIVAGAZIONI CON BRUNO LAUZI
di Antonio
De Lucia e Filippo Viberti
perché ci fa scoprire un grande cantautore in nuove vesti: di poeta,
di intrattenitore, di uomo saggio.
150 secondi a tema fisso (EMERGENZA)
La giuria, composta dalla direzione del festival, ha premiato IO NON POSSO
ENTRARE di Michelangelo Frammartino, di Milano.
Al vincitore un premio di 1500 euro.
CINEMA PER LA REALTA'
La giuria composta da Antonio Costa, Morando Morandini e Daniele Segre,
ha esaminato gli otto progetti pervenuti. Il concorso richiedeva l'elaborazione
di un progetto per un cortometraggio su uno dei temi: Stranieri e Divertimento.La
giuria ha selezionato due progetti: LA CENA di Kejdi Profti, Maria Maddalena
Balletti e Diego Bonazzi e STRANIERI NO-STRANI di Giordano Ruini e Roberto
Sgallari.
I progetti vincitori dovranno essere realizzati in film entro il prossimo
settembre: il Comune di Bellaria ospiterà i componenti di una minitroupe
di 3 persone per il periodo necessario per preparazione e riprese (12
giorni). Tele+
si riserva il diritto di opzionare uno dei progetti scelti per la messa
in onda all'interno di Doc-Reportage, spazio settimana dedicato ai documentari.
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