QUESTA NAVE PRESENTA...

 

famiglie da legare

Teatro Aurora di Marghera, 16 ottobre 2008

 

di Carlotta TRINGALI

ALLA RICERCA DI UN LEGAME NELLA MALATTIA MENTALE

 

Leggerezza e ironia sono i toni che aprono Famiglie da legare, spettacolo andato in scena giovedì 16 ottobre al Teatro Aurora di Marghera (Ve). La pièce è il secondo appuntamento della stagione dedicata al teatro contemporaneo; ma è anche il primo per la sezione ‘Dialogo con la città’, un’interessante vetrina per le compagnie locali di qualità che hanno la possibilità di presentare i loro lavori nella propria provincia. Il gruppo teatrale Onda R – formato dal regista Rudj Maria Todaro e dall’ attrice e drammaturga Silvia Nanni – pone l’attenzione su un problema serio e sempre attuale: quello dell’assistenza necessaria ai malati mentali.

Protagonista di questo testo-monologo è Gordon, una restauratrice semplice e infantile, impersonata dall’unica interprete dello spettacolo, una brava e brillante Silvia Nanni. Tramite i suoi ricordi e i flussi di coscienza, lo spettatore incontra altri personaggi, diversi tra loro ma tutti ugualmente tormentati. Le loro micro-realtà sono segnate da uno stesso problema, un familiare affetto da una malattia impossibile da curare, ma che si può solo ‘attraversare’, come ci dice l’attrice. Seguendo l’insegnamento del grande Peter Brook, Todaro utilizza una scarna scenografia composta da una piccola impalcatura mobile in ferro: lo spettatore è così portato a concentrarsi sull’attore in scena e a dare maggior peso alle parole pronunciate.

Durante lo spettacolo la quarta parete si rompe più di una volta: l’attrice – con indosso una tuta bianca da restauratrice che rimanda ai vestiti sterili degli ospedali o degli istituti di ricerca – scende dal palco e coinvolge attivamente lo spettatore. La Nanni cerca di sensibilizzare il pubblico alla tematica affrontata, consegnando degli articoli recenti di cronaca che hanno visto protagonisti uomini con problemi psichici. Famiglie da legare muove le coscienze mostrando le vite drammatiche e silenziose dei personaggi che cercano aiuto, ma riesce anche a fare di più: con il materiale cartaceo fornito da Gordon lo spettatore, una volta tornato a casa, continua la sua riflessione iniziata dentro le mura dell’Aurora.

L’ironia lascia posto alla disperazione di chi si ritrova solo, abbandonato, costretto a vivere con una persona malata, pronto a compiere anche un atto immorale – come il ricatto e il sequestro –  pur di trovare una soluzione per migliorare la propria esistenza. Ma qualsiasi tentativo è inutile e la solitudine porta all’ultimo gesto estremo, semplice da evitare se solo il prossimo fosse stato disposto ad aiutare chi chiedeva sostegno. Lezione di vita e riflessione finale scontata ma con lo scopo di far arrivare nel modo più diretto possibile il messaggio. Ricevuto.