TEATRO FONDAMENTA NUOVE PRESENTA...
 

Mahanthappa, Dresser, Hemingway

TRIO MAUGER

Venezia, Fondamenta Nuove, 23 marzo 2009
 

di Gabriele FRANCIONI

 

30/lode

 

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- Teatro Fondamenta Nuove

Fondamenta Nuove riesce a creare percorsi trasversali interdisciplinari e non solo settoriali, permettendoci di leggere, tra le righe di esperienze tra loro distantissime, una sottile, ma sostanziale, linea rossa di senso (e sensi).

Tra l'“ABQ” degli “Ooffouro” e “Mauger” del trio Mahanthappa-Dresser-Hemingway esiste un nesso: la regione carnatica dell'India del Sud.

Il suono che accompagna le danze di quella vasta area continentale, è un suono che evoca le origini dell'Essere e, come tale, richiede concentrazione meditativa da parte dell'esecutore e del pubblico. La stessa esperita venerdì sera, mentre si calcolavano le porzioni infinitesimali dello Spazio.

 

Rispetto al facile richiamo esotico all'uso delle tablas, diffuso ai tempi delle contaminazioni rock-jazz degli anni '70, il "Mauger" di M-D-H va ben oltre, e conserva, di OOFFOURO, l'assoluta e scandita nitidezza di una regola perfettamente dominata attraverso decenni di calcolo e altrettanta pratica esecutiva.

Rudresh Mahantappa, figura a forti tinte auratico-carismatiche, a metà tra Coleman e Anthony Braxton (dal cui trio eredita direttamente Gerry Hemingway, batterista del periodo 1983-1995), dopo gli studi al Berklee College e alla De Paul University di Chicago, sceglie di trasferirsi in una terra non sua, lui nativo di Boulder, e va a studiare, nella Costa Carnatica, con Kadri Gopalnath, che riusciva (e riesce) a produrre quarti di tono e dissonanze pur rimanendo perfettamente intonato, il tutto grazie anche (ma non solo) a una reinvenzione della diteggiatura del sax-alto.

Dopo aver assorbito la cultura bebop e freejazz, aver fatta propria l'incredibile lezione sincretica di Braxton - capace di coniugare Webern, Cage, improvvisazione modale-tonale e arditissima ricerca armonico-espressiva d'ambito quasi dodecafonico - Mahantappa ritorna alle origini per nulla affascinato, offuscato da tentazioni mainstream (vendere un prodotto etnico), ma dall'esigenza vitale di accedere a quella regola di pochi, a quello zero zen - come per gli “Ooffouro”- che gli lasci in eredità un suono puro, assoluto, nitido, eppure dissonante e indagatore delle frazioni infinitesimali di tono.

 

In fondo, per la cultura carnatica delle danze e del suono, si tratta sempre di divisioni infinitesimali, di operazioni aritmetiche (ABQ) che arrivano alla matematica dei limiti e degli integrali.

 

Dopo tutto il saccheggio anni '60, che aveva visto protagonista lo stesso Coltrane, perso tra scale di droni ed echi di raga, dopo l'avvicinamento a Steve Coleman (Ornette era stato già digerito) e agli M-Base, Mahantappa non vuol essere altro che il nuovo alto-sassofonista portatore di un Verbo Sincretico, dove, al posto della dodecafonia braxtoniana, c'è l'illuminata ascesi di Gopalnath.

 

Il serratissimo concerto di TFNuove regala due segmenti che seguono “la luce”, dove un suono levigato fino all'impossibile si spezza senza farci notare i passaggi necessari alla decostruzione, su una struttura ritmica sempre cangiante, alla folle, ma lucida ricerca di microtoni cui attinge per reinventare (diremmo) da zero un'idea d'improvvisazione che pare scritta, tanto è ordinata.

Sembra freejazz, ma non lo è. Cioè: è libero, ma intonato.

 

L'altosassofonista domina la scena e sembra autoscambiarsi i ruoli negli a-solo, quasi contenesse due musicisti in uno(!).

A-solo veloci, zeppi di mille note scanditissime.

è il Mahantappa dell'epocale KINSMEN, con Gopalnath, che raccoglieva i concerti del 2005 e 2007.

 

Con il trio "Mauger", nel terzo segmento, il musicista post-indiano dà vita a un impressionante mondo di suoni, forse più d'ambito bebop (e non solo per la derivazione monkiana), che acquista in potenza, mette in prima linea la mostruosa dinamica di Hemingway e sembra produrre una palingenesi del suono stesso che ha pochi eguali nelle produzioni degli ultimi 15-20 anni.

 

Il progetto "Mauger", di questo trio inaspettato (il leader è del '71, gli altri hanno superato i cinquanta da un po'), è il condensarsi di esperienze allogene attorno a una figura, a suo modo, epocale, la quale, diversamente dal movimento teorico centrifugo di Braxton - il riferimento sinora più pertinente - risulta centripeta nel momento in cui, rivolgendosi alla sconosciuta India del Sud, vuole ripresentare le antichissime radici di un'inarrivabile pratica (dominata solo dopo 10 anni di ininterrotto studio zen sulle tecniche di Gopalnath), riposizionate in un contesto attuale, ma che non può essere nominata. svelata a chi vorrebbe rubare, come nell’ arte del kung-fu, segreti millenari.

 

Sfugge alla rappresentazione sub specie di parola, come l'effigie divina in alcune tradizioni religiose.

Come quelle, c'è, si sente, ma non si dice.

TEATRO FONDAMENTA NUOVE PRESENTA...
 

Mahanthappa, Dresser, Hemingway

Venezia, Fondamenta Nuove, 23 marzo 2009