QUESTA NAVE PRESENTA...
 

la pelle

Teatro Toniolo di Mestre, 02 dicembre 2008

 

di Carlotta TRINGALI

Dentro le viscere, aldilà della pelle

Si torna ancora una volta in un periodo storico ben definito e più volte affrontato con "La Pelle", spettacolo andato in scena al Teatro Toniolo di Mestre martedì 2 dicembre. Lo scenario della seconda guerra mondiale, con tutta la sua conseguente corruzione e distruzione, diventa centrale nel nuovo lavoro diretto e interpretato da Marco Baliani, uno dei maggiori rappresentanti in Italia del teatro di narrazione. Il regista riadatta il testo scritto in seguito allo sbarco degli alleati a Napoli nel ’43 dal giornalista Curzio Malaparte, per poter analizzare in maniera viscerale le cause che hanno condotto l’uomo a perdere la propria identità e dignità, lasciando traccia di ciò ancora oggi. I personaggi non sono altro che corpi, nudi o semivestiti, che si muovono sul palco come se fossero delle marionette: cadono in terra, non si reggono in piedi e vengono mossi da convulsioni improvvise. Questi attori, che non interpretano il napoletano quanto l’uomo vinto e perdente, battuto da una guerra sfuggita al suo controllo, non hanno alcuna caratteristica che li contraddistingue l’uno dall’altro; sono solo intenti a svendere la propria persona a chi capita pur di riuscire a sopravvivere e di non patire la fame. È qui che entra in gioco l’allusione della pelle: pur di salvare il proprio corpo indossano i vestiti sporchi di sangue e odoranti di carne putrida dei soldati morti per non patire il freddo; le donne diventano prostitute mettendosi a disposizione degli americani solo per pochi dollari; si vendono bambini e se ne mangiano per disperazione; si cede la propria anima e la cosa più cara che si ha solo per un tozzo di pane. L’America è vista come la causa di questa miseria di spirito e di questa diffusa vigliaccheria, perché “il vincitore ha bisogno di toccare con dito, e infilarlo nelle piaghe del perdente”, per potersi ritenere tale e aumentare il suo potere: il soldato è lì a comprare a prezzi svenduti ciò che gli viene proposto. Torna così un riferimento alla società dei nostri giorni con un popolo, quello degli USA, che porta al resto del mondo la propria solidarietà – così come gli americani stessi la definiscono – subito messa in discussione con l’affermazione di Baliani per cui “Cristo non chiede la solidarietà ma la pietà”. Pietà che mancava già da prima del ‘900, ma che ancora oggi a distanza di secoli non è stata raggiunta.
Alla narrazione di Baliani seguono belle immagini di impatto, con corpi che si dispongono in modo tale da ricordare al pubblico attento quadri famosi come quelli di Caravaggio; le scene corali sono quindi di grande effetto, anche se lo sarebbero state di più se inserite con maggior parsimonia all’interno della pièce – senza invece concentrarle quasi tutte in un’esclusiva scena in maniera troppo frettolosa –. Le scenografie a cura di Marion D’Amburgo e le musiche originali di Mirto Baliani si sposano bene con un impianto drammaturgico che sembra appesantito da una tematica chiara ma troppe volte ribadita e con monologhi non entusiasmanti. In scena oltre Baliani, Elisa Cuppini, Marion D’Amburgo, la brava tersicorea Alessandra Fazzino, Maria Maglietta, Simone Martini, Guido Primicille Carafa, Michele Riondino, Giuseppe Sangiorgi e Caterina Simonelli.