teatro palladiUM

stagione teatrale 2013

"Puglia in scena"
 

16-17/marzo 2013

 

Acido fenico
Ballata per Mimmo Carunchio camorrista
T. Koreja/Sud Sound System

di Lilith ZULLI

Collegamenti rapidi: SCHEDA

Cinquant’anni di mafia e malaffare italiano, dai piccoli crimini alla collusione con la politica, attraverso il racconto del camorrista Mimmo Carunchio. Una voce narrante - ma non monologante - che, nel suo rapportarsi con la legalità, il giudice che idealmente lo sta interrogando, descrive un mondo, una mentalità criminale e uno stile - anch’esso criminale - di vita. Scritto nel 2001 dal magistrato e scrittore Giancarlo De Cataldo - autore anche di "Romanzo Criminale", "Acido Fenico" è la storia di Domenico Carunchio, malavitoso tarantino affiliato alla Sacra Corona Unita, organizzazione mafiosa nata e sviluppatasi in Salento alla fine degli anni Settanta.
In una Taranto nettamente divisa tra poveri e benestanti - la parte vecchia e la nuova - e segnata da disoccupazione e ignoranza, Mimmo, bambino, viene deriso a scuola dai compagni “figli di dottori” perché - per dirla con le parole dello stesso De Cataldo - “sottoproletario sporco e puzzolente di acido fenico che sarebbe un po’ quell’odore di sartiame, di carcasse decomposte, di cozze, di petrolio, di fondo del mare”.  L’ineluttabilità di portarsi addosso quest’odore pregno di povertà e degrado rendono il piccolo Mimmo cosciente di non poter davvero occupare un posto all’interno della società e decide, cresciuto, di non dover mai più subire alcuno scherno e di dover mai più patire la fame: sceglie volutamente di stare dalla parte dei cattivi. “No, no, dottore, mettiamo un’altra cosa in chiaro: sai come dice quella canzone, ‘quello che sono l’ho voluto io’, beh, è andata proprio così. Mica sta scritto sulla Costituzione che uno nasce povero e diventa per forza delinquente. Queste sono le cazzate che diceva il mio avvocato quando mi beccavano con un carico di ruote di scorta e un paio di stereo coi fili strappati… E s’è trovato pure qualche giudice che gli credeva, senza offesa, bel coglione! Bastava guardarmi in faccia per capire chi ero, chi stavo diventando!”.
Carunchio ci racconta come da bambino della periferia tarantina si trasforma, inesorabilmente, in camorrista. E, mano a mano, si trasforma anche la sua voce che diventa sempre più convincente, aumenta di volume, di fermezza e la performance sottovoce e flebile di Fabrizio Saccomanno diviene secca, indurita, tagliente: “Io, tutti me li sono fatti i gradi, l’intera santa ‘crisciuta’: picciotto fatto a voce, picciotto di sangue, picciotto, e poi camorrista con il diritto di spartenza, e mezzo quartino, e quartino e crimine distaccato e finalmente Crimine, Crimine, Crimine: un capo, quello che voi chiamate il Boss. Ma boss, dottore, per noialtri è solo metà di un bossolo…tenetelo a mente: tutto quello che sapete di noi è solo quello che noi permettiamo che voi sappiate”.
Non trema mai la voce di Mimmo, mai si scompone nei gesti o nelle emozioni il suo volto, perché non è pentito delle sue scelte, ma cammina per tutto il tempo dell’azione teatrale su un tapis roulant in una metafora sull’improduttività del cammino mafioso e di un movimento perpetuo che lo inchioda alla sua storia e al suo destino o, forse, in una corsa contro il tempo per recuperare i pochi brandelli di vita rimasti, non consumati da questa sua vita criminale.  

Molti i temi trattati: dai rapporti tra politica, mafia e il Siderurgico tarantino – negli anni Settanta già molto stretti – alla compravendita di voti e posti di lavoro, dal commercio degli stupefacenti alla tematica dell’invisibilità della mafia fino alla questione ambientale col cemento, dilagante, che abbruttisce e deturpa un paesaggio splendido come quello pugliese.
L’uso del dialetto salentino, così intenso e radicato in quella terra, ben si sposa con le canzoni – anch’esse in lingua salentina – dei Sud Sound System: “La colonna sonora di "Acido Fenico" non l’abbiamo scritta, era stata già scritta. Abbiamo preso i nostri pezzi e li abbiamo messi al posto giusto, sembravano scritti apposta. Forse era la salentinità o il territorio in cui sono state scritte certe canzoni il motivo per cui riuscivamo ad entrare così bene nella vita di Carunchio (…) quando recitavamo la parte dei mafiosi ci sentivamo veramente mafiosi e non perché ci piace la mafia, per carità, ma perché vivendo in paesi in cui i militarizzati della mafia esistono, conosciamo logiche e meccanismi”.

"Acido Fenico. Ballata per Mimmo Carunchio, camorrista" non è solo una storia da narrare, quanto piuttosto una ballata in canto e controcanto: i Sud Sound System, con la loro musica e il loro ritmo, danno voce corale ad una storia personale, trasformano il monologo in lamento di un intera terra, quella del Mezzogiorno. Fanno da coro anche pedalando su biciclette ferme in cui movimento circolare chiuso in se stesso perché queste biciclette non vanno da nessuna parte, così come lo stesso camminare di Carunchio non arriva in nessun posto. Ed è proprio questa staticità a caricare la performance teatrale di sfaccettature grottesche, ma estremamente drammatiche perché, come ci ricorda il refrain della colonna sonora, “non c’è futuro” o, meglio, non ci sarà futuro se non si sarà uniti nel coro di lotta contro la mafia. 29/30

ACIDO FENICO, BALLATA PER MIMMO CARUNCHIO, CAMORRISTA. Riallestimento in occasione dei 20 anni di carriera dei Sud Sound System, testo Giancarlo De Cataldo, progetto e regia Salvatore Tramacere, con Fabrizio Saccomanno, coro, musiche e canzoni dal vivo Sud Sound System, Don Rico, Gigi D./Papa Leu, Nando Popu, Papa Gianni, Terron Fabio, scene e luci Lucio Diana, cura tecnica Mario Daniele, Angelo Piccinni, cura dello spettacolo Laura Scorrano, costumi Cristina Mileti

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