festival cinema africano d'asia e america latina 22.ma edizione
Milano 19 / 25 marzo 2012
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ombre digitali film cinesi dell'ultima generazione |
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Ombre digitali di una Cina sconosciuta. Per chi non la conoscesse proprio e per chi invece un po' sì. Il ritratto è sorprendentemente fedele, incredibilmente attuale. Dal traffico sotto i cavalcavia alle voci dei giocatori di mah-jong; dall'atmosfera sospesa dei balli di gruppo in un parco cittadino ai tagliolini piccanti del Sichuan. I personaggi sono più reali che mai e toccano una Cina dai mille volti. Contadini dalla provincia remota, piccoli truffatori di Guanzouh, ristoratori in lotta a Pechino, prostitute da nord e da sud, i fuggiaschi dello Xinjiang, i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Le piccole videocamere superano i confini fra pubblico e privato, oltrepassano la censura, diventano testimonianza e informazione documentando dall'interno ogni angolo di un territorio sconfinato altrimenti difficile da raggiungere. Una rassegna che è decisamente fondamentale per chi avesse intenzione di avvicinarsi alla Cina più vera e più intima, per comprenderne le sfumature invisibili ed afferrarne il senso, che il più delle volte è contraddizione e mutamento. |
> FUCK CINEMA di Wu Wenguang > MEISHI STREET di Ou Ning > OXHIDE II di Lui Jiayin > THE HIGH LIFE di Zaho Dayong
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THE LOVE OF MR. AN di Yang
Lina |
di Lui Jiayin Cina 2009, 133'
Retrospettiva |
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25/30 |
Dopo l'acclamato primo episodio di OXHIDE, la giovane autrice Lui Jiayin (classe '81) ripropone con piccole varianti lo stesso esperimento a scatola chiusa che l'ha resa famosa nei festival internazionali di cinema assicurandole una cattedra d'insegnamento all'Accademia di Cinema di Pechino. è subito da dire che in entrambi i casi ci si trova di fronte ad un pezzo artistico più che ad un film inteso in senso tradizionale. Con la perfezione e la minuzia di un lavoro da tesi di scuola del cinema, anche OXHIDE II è la narrazione di un dialogo fra le quattro mura della cucina della casa natale di Lui in cui gli attori sono proprio i genitori naturali e la stessa autrice. Per circa due ore di continuità spazio-temporale la piccola videocamera DV frammenta sotto più punti di vista ad angoli fissi l'episodio quotidiano della preparazione di un pasto a base di wanton (ravioli cinesi). A questo piano narrativo si sovrappongono le preoccupazioni del padre per il declino degli affari del business di famiglia nella vendita di borse. Niente di più viene dato al pubblico se non la sottigliezza formale di un'intesa che attraverso piccoli dettagli perfettamente orchestrati combina un'apparente naturalezza e spontaneità con la perfezione di una rigida architettura formale. è così che l'entrata in scena di Lui o il suo allontanarsi verso la finestra, le osservazioni dei genitori sulla sua incapacità in cucina o la discussione di lavoro, vengono sminuzzati in una quantità di dettagli che catturano l'occhio e lo vogliono apparentemente portare oltre verso un'interpretazione di non detto che tuttavia il film non vuole sottintendere. La scelta del formato widescreen del cinemascope impreziosisce l'immagine e ne aumenta il magnetismo, mentre il senso tende al minimalismo per dare spazio alla forma. Rimaniamo in attesa del terzo episodio, a cui Lui sta attualmente lavorando. |
di Ou Ning
Retrospettiva |
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25/30 |
La politica cinese del 'demolisci e passa oltre'
(chaiquian) è una realtà poco conosciuta e per ragioni di stato
volontariamente ignorata dalla comunità internazionale. Che le parti più
antiche delle città dell'impero celeste vengano smantellate sistematicamente
a fronte del nuovo progresso economico non è tuttavia una novità, è
un'emergenza. Una grande contraddizione, in apparenza la più grande, di una
civiltà millenaria, molto più antica della stessa vecchia Europa, che guarda
al futuro con un passato imprescindibilmente legato a se stessa. Una
responsabilità con troppa leggerezza scaricata sulla figura di Mao e
attribuita al fallimento della sua rivoluzione culturale. |
FUCK CINEMA
Retrospettiva |
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23/30 |
Il titolo lo preannuncia: con FUCK CINEMA, Wu
Wenguang raggiunge un punto di riflessione sulla sua produzione
cinematografica, ma soprattutto sul senso stesso del fare cinema. Lo fa per
tre ore, ricucendo i pezzi di girato da un film incompleto che racconta la
storia di un contadino-aspirante cineasta della provincia, Wang Zhutian.
Lasciando che si raccontino, Wu usa le loro
aspirazioni per esplorare il rapporto fra soggetto e oggetto nel cinema che
fa cassetta. |
di Yang Lina Cina 2007, 87'
Retrospettiva |
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27/30 |
Allieva di Wu Wenguang, classe 1972, si è
formata come attrice presso l'Accademia d'Arte dell'Esercito Popolare di
Liberazione. Lina Yang è fra i primi a sperimentare il 'personal
documentary' sui suoi anziani vicini (1999 - Old Men, doc) e in occasione
del divorzio dei suoi genitori (2001 - Home Video, doc). Con THE LOVE OF MR.
AN, Lina torna ad esplorare le zone intime fra le pareti domestiche e un
parco cittadino, dove un arzillo ottantanovenne (Mr An) condivide tempo e
passione con la sua 'giovane' compagna di ballo, Xia Wei (50 anni). |
di Ling Yban Cina 2006, 111'
Retrospettiva |
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30/30 |
Sullo sfondo di una città industriale della
regione del Sichuan, solitamente conosciuta per la sua cucina piccante,
l'incidente di un'azienda pluripremiata per un progetto di assunzione di
manodopera femminile di massa si intreccia alla storia della giovane
protagonista, segretaria in un ufficio di consulenza legale. Una telecamera,
assumendo il punto di vista del suo datore di lavoro in inquadratura fissa
frontale, registra una storia dopo l'altra tutto ciò che di sbagliato c'è in
Cina: casi di divorzio, mala sanità, corruzione finanziaria, vendetta
personale. Mentre trascrive i sordidi resoconti dei clienti, Xiaofen
comincia a vacillare all'interno del malessere sociale che la circonda: la
sua vita personale, il fidanzato appena uscito di prigione sempre ubriaco
che non riesce ad occuparsi di lei, una madre assillante e locali persi con
strip-teaser da temperatura tiepida. |
di Zaho Dayong Cina 2010, 96'
Retrospettiva |
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27/30 |
Dopo un paio di documentari lodati dalla critica
(Street Life, 2006; Ghost Town 2009), Zaho Dayong sceglie di fondere il
documentario con la fiction di THE HIGH LIFE. Temi centrali sono sempre lo
sradicamento e l'avarizia che affliggono la Cina contemporanea. 'Questo
paese non ha speranze' commenta dinnanzi ad un piatto di tagliolini il
procacciatore d'affari che cerca di convincere il primo protagonista della
storia, il giovane truffatore d'immigrati, Jian Ming, ad un cambio di vita
che lo porterà alla prigione. Prigione che vedrà il totale spostamento della
storia sulle vicende di un agente della polizia ferroviaria cinese, Shen
Shaoqiu. Per poco più di un'ora THE HIGH LIFE è la storia familiare di un
piccolo furfante che cerca la redenzione nella figura di una giovane donna
innocente appena arrivata nella città di Guangzhou. Non sorprende che la
specializzazione di Zaho Dayong sia proprio quella della pittura ad olio, a
giudicare dal gusto per un'inquadratura illuminata e composta sostenuta da
una ruggente cascata di rumori di traffico, televisori e le voci urlanti dei
giocatori di mah-jong. |
festival cinema africano d'asia e america latina 22.ma edizione Milano 19 / 25 marzo 2012
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