la biennale di venezia 2009
Suguru Goto

Robotic Music
Teatro alle Tese, Venezia 25 - 09 - 2009

performance per 5 percussionisti robot
in collaborazione con IRCAM Parigi

 

di Gabriele FRANCIONI

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- Soguru Goto

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30/30

Robotic Music

 

Passiamo senza soluzione di continuità dall’EXIT_01 di Biennale Musica 2008 a una sorta di “ENTRANCE_02a tema voluto da Luca Francesconi per la prima giornata dell’edizione di quest’anno: definire il territorio sonoro dove uomo e macchina possano celebrare l’ennesimo incontro.

è come se fossimo sempre rimasti nel foyer delle Tese, solo che ora la consolle di Alva Noto, Basinski e Dj Scanner si è ristretta nella facies luminescente di un laptop aperto come una partitura sul leggìo.

Suguru Goto, compositore dell’Ircam parigino, dirige con brevi tocchi zen una piccola orchestra robotica impegnata a percuotere tre rullanti, una cassa e un gong.

Osserviamo protesi metalliche protendersi verso la soglia ideale: superare finalmente i limiti fisici della nostra corporeità e dirsi perfetti nella ripetizione infinita di sequenze ritmiche sempre più complesse.

 

Gli scheletri meccanici, come piccoli orchestrali in fuga dal direttore, conquistano un’inattesa autonomia nel momento in cui è massima la coordinazione con i movimenti degli spot luminosi.

I braccetti in acciaio battono imperterriti contro le pelli delle loro controparti percussive, le luci descrivono cerchi perfetti che abbracciano i musicisti virtuali girandovi attorno, sincronizzatissimi.

 

Siamo appena all’inizio di questa folle serata post-futurista (le celebrazioni del centenario sembrano trovare incarnazioni ogni volta diverse e sorprendenti e lo stesso Francesconi, abbracciando Kourliandski al suo arrivo nel foyer, ce ne dà conferma evocando il proprio crazy program), ma il ballet mecanique sembra già poter fare a meno di Goto e anche di noi, che restiamo protesi verso una qualche forma di ascolto.

è qui, invece, che veniamo attraversati da un’intuizione grazie alla quale leggeremo il senso dell’intera serata.

 

Finalmente “soli” e indipendenti, gli scheletri meccanici - quintessenza, a questo punto, del “Corpo del Suono” che fornisce il titolo alla Biennale - diventano umani. Nell’esatto istante in cui lo strumento musicale robotico si libera del suo Dio - l’orchestrale, il solista tutto muscoli, articolazioni e precaria sensibilità - non accede in alcun modo a una qualche Perfezione.

La raggiunta autonomia dell’essere umano dalla divinità che lo crea e, qui, dell’oggetto-macchina-Strumentista Virtuale dall’Uomo/Dio che l’ha voluto, altro non fa che sottolinearne l’origine, la matrice, il punto di partenza.

 

è quindi lo svincolarsi dal proprio Creatore che ne sottolinea l'importanza generatrice: perché, altrimenti, appena osservati come una vera e propria ensemble, i graziosi nani d’acciaio suscitano in chi ascolta e guarda una "sympatheia" che non si basa su attente analisi ma sull'impatto acritico? Perché in quell'attimo noi siamo, come si accennava, Dio che allenta le briglie e si specchia compiaciuto in ciò che, ormai libero e in grado di autogenerarsi, in fondo non fa altro che rispecchiarci all' infinito.

La "ybris" della macchina non genera scarti o definisce soglie tra un prima umano e/o analogico e un dopo automatizzato e/o digitale.

Non assistiamo all' epifania di nuovi mondi sonori, ma semmai al consolidarsi di sentieri paralleli.

 

Al di là di osservazioni superficiali su una certa prevedibilità degli incastri ritmici progettati da Goto, dove l'elemento sempre ritornante è la sovrapposizione di misure differenti che si rincorrono, quindi procedono in parallelo per poche battute, infine tornano a divergere, quello che importa è il contributo fornito all'idea di musica "concreta", "oggettiva" o come la si voglia definire: non esistono sorpassi, superamenti di un ambito rispetto all'altro. Nessuna superiorità e niente agganci allo zeitgeist che ci possano far parlare di innovazione assoluta.

 

La performance è, al di là di tutto, stupefacente come spettacolo d’insieme: una banda sonora con voci computerizzate e sottofondo elettronico accompagna i frenetici cambi di ritmo della Robotic Orchestra, che si assestano, dopo la dimostrazione iniziale, su tempi semplici per consentire l’entrata in campo degli spot luminosi, impegnati prima a ruotare verso il pubblico e, successivamente, a descrivere attorno ai “VMI” (“Virtual Musical Instruments”, da definizione di Su guru Goto) gli ipnotici cerchi rotanti cui si accennava.

 

continua in ORCHESTRA J FUTURA

 

Suguru Goto

Robotic Music
Teatro alle Tese, Venezia 25 - 09 - 2009

performance per 5 percussionisti robot
in collaborazione con IRCAM Parigi