open doors.8

Yasmeen Godder / Itzik Giuli

 Esperienze dalla danza contemporanea israeliana, training e creazione

Venezia, Piccolo Arsenale, 10 aprile 2010

 

di Gabriele FRANCIONI

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- Open Doors

28/30

Yasmeen Godder, di ritorno a Venezia dopo SUDDEN BIRDS del 2009, fa sua la scena come nessun “teacher” durante questo Arsenale della Danza 2010.

In cinque giorni appena ha potuto preparare solo una breve dimostrazione insieme agli stagisti di ADD, quindi si concede una lunga e dovuta auto-presentazione, che occupa quasi tutto il tempo a disposizione per OPEN DOORS #8, ultima lezione aperta della serie.

L'eloquio semplice della giovane coreografa coinvolge e aiuta ad assimilare i nessi di una carriera sino ad ora in continua ascesa.

 

Dopo una formazione classica e di tecnica Graham alla High School of Performing Arts di NYC, dove si era trasferita appena 11enne (la Godder è nata a Jaffa, distretto di Gerusalemme, nel 1973), G. prese le distanze dal formalismo di questi generi.

Gli anni americani, dal 1984 al 1999 (quando farà ritorno in patria), vedono quindi un superamento del canone educativo del ballerino classico.

 

Godder, affascinata da forme di improvvisazione come il butoh,passa dal Movement Researchdi York, dove è anche artista in residenza, alla Tisch School of the Arts della New York University, dove segue lezioni di release,  tecnica vocale e dizione.

Al centro dei corsi era sempre presente una sorta di consapevolezza anatomica da parte del danzatore, sulla quale Godder pone le basi della sua ricerca futura.

 

Comincia a lavorare alle prime esplorazioni coreografiche personali tra il 1993 e il 1997, pur continuando a studiare intensamente con molti altri maestri come Zvi Gotheiner, Wally Cardona e Gwen Welliver.

Wally Cardona la introduce alla tecnica Klein/Mahler, in grado di condizionare, rafforzare e ampliare le abilità corporee del ballerino senza imporsi sul suo movimento personale e tanto meno sul suo lavoro creativo.

Di seguito, ritroviamo Godder intenta a seguire direttamente la Klein School, dove Barbara Mahler rivoluziona non soltanto il modo di rapportarsi al corpo, ma anche all’insegnamento, all’analisi e alla percezione del movimento.

Godder è quindi un'intellettuale a 360 gradi, coinvolta in una ricerca indefessa e aperta a ogni forma di espressione artistica, in linea con i grandi nomi della seconda metà del secolo scorso.

 

Partendo proprio da SUDDEN BRIDS e dalle sue simmetrie, che riviviamo in video, Godder descrive un percorso di continui cambiamenti evolutivi: si parte dalla centralità del testo, che per l'israeliana è da intendersi incarnato nel movimento. Ogni esecuzione ne è diversa lettura/interpretazione.

Il racconto può essere, come in questo caso, una prima chiara esposizione del cuore espressivo della coreografa: mettere di fronte all'audience la sfida drammaturgica di un corpo espressivo di donne (2+1) che chiedono “cosa ci si aspetta dalla femminilità” dell'entità che lo possiede?

Qui trattasi di questionare la possibilità di fondere più identità in una sola e, conseguentemente, creare prossimità fisiche durante la danza, fatta di straordinari gesti di contatto, a loro volta intesi come plastica modellazione dei corpi uniti, dove il terzo e il quarto incomodo sono altre donne che devono mettere in crisi quella potenziale (con)fusione.

 

Avevamo scritto nel 2009: “(...) lo spettatore non fatica a orientarsi entro un testo che ragiona attorno a raccolte koinài monosessuate, rispetto alle quali l’elemento allogeno/esogeno interviene a rompere equilibri consolidati (prima la donna che spezza l’intesa maschile, poi l’opposto).

Ciò che conta veramente è il ricorso praticamente continuo a un gioco di pesi e contrappesi, dove lo spazio per assoli non esiste e il singolo danzatore esiste solo in funzione delle spinte e dei pesi cui viene messo in relazione (...)”.

 

Quel seminario, più lungo, era basato su release e contact, da cui alcune considerazioni più pertinenti rispetto alle premesse didattiche dell'anno scorso.

Two Playful Pink” approfondiva una gestualità femminile che sfida con ancora maggiore forza le presunte aspettative del pubblico, rendendo movimento coreografico alcune sottolineature anatomiche che anticipano lavori successivi, in cui la quotidianità diventa poesia del gesto erotico.

Godder è concentrata sulla womanhood della propria arte, cui dedica i primi dieci anni circa di approfondimento e lavoro di ricerca.

è l'aspettativa erotica che viene problematizzata: prima due figure femminili sovraespongono il pube e il fondoschiena in una coordinata danza a terra; quindi descrivono brevi volute con le braccia, stando vicine/in piedi, su musiche di P.J. HARVEY (inevitabile riferimento iconico a precise identità sessuali); infine l'uso di protesi come mega-bra color pelle e fantastiche gestualità del viso sottoposto a stretching dei tratti somatici, lingua inclusa, rispondono “ironicamente” all'aspettativa erotica d'ultimo grado, ovvero la deriva pornografica della womanhood.

 

Dal 2004, dopo i lavori gender-oriented, YG inizia il suo rapporto con l'“esterno”, la realtà quotidiana lontana dal privato, l'immediatezza anti-classica e barbara della cronaca di guerra nella sua rappresentazione bidimensionale restituita dalle cronache della stampa.

 

STRAWBERRY: la coreografa crea tableaux vivents tratti da report bellici e gestisce le transizioni tra un quadro e l'altro con veloci passaggi di contact, creando una narrazione che rimane a mezz'aria, poiché quello che conta è la fisicità del movimento e la possibilità d'incorporare la violenza nella mutazione anatomica che si fa gesto, atto puramente coreografico.

Il rapporto di YG con la narratività è complesso, ma non prende mai la forma di tanz-theater, cui peraltro l'anno scorso sembrava riferirsi (almeno nella performance degli stagisti).

Così come alla cronaca, YG è interessata anche al “testo” rappresentato dal pubblico. è, questa, un'altra forma di esterno cui riferirsi e ispirarsi.

Singular Sensations” e “Love Fire” sono lavori successivi, sull'idea di super-eroi che vorremmo essere e su brevi valzer romantici.

 

La Prova

 

I ragazzi hanno avuto veramente poco tempo e la loro performance, questa volta, è un breve lampo.

 

Prima un gruppo di loro crea minimalisticamente archi e cerchi in aria e sembra un vero e proprio release in fase di rehearse.

Poi s'alza la temperatura: segmenti hip-hop, verticali di breve durata, accenni di ruote.

Valeria Galluccio ha molto spazio espressivo e se lo conquista con accenni di un solo che comincia a raccogliere un po' tutte le lezioni seguite, pur sentendosi anche la presenza di Godder.

Galluccio lavora anche con le mani (Takagi?).

Si creano duetti -Petit/Galluccio- a terra e non, mentre qualcuno usa le gestualità facciali che avevamo visto nei primi video di YG.

Segue un trio -Petit/Brown/Wallner- cui segue il solo piuttosto elaborato di Chiara Montalbani, anche nascosta in una maglia nera che ne copre il viso (parte seconda del solo).

 

Più che il risultato di un vero e proprio stage con la coreografa israeliana, insomma, questa settimana corta è servita a mettere a punto alcuni soli.

 

Anche Ivelice Brown è piuttosto avanti, con sviluppo di tecniche vocali e grandi doti fisiche.

 

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Yasmeen Godder / Itzik Giuli

 Esperienze dalla danza contemporanea israeliana, training e creazione

Venezia, Piccolo Arsenale, 10 aprile 2010