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ARSENALE DELLA DANZA

interviste a

HEMA SUNDARI VELLALURU,
SANDRA FRANCAIS,
MARTA LASTOWSKA

Venezia, Piccolo Arsenale, marzo 2010

 

di Gabriele FRANCIONI, coadiuvato da Sara WHITEHEAD

Collegamenti rapidi:

- Open Doors

- Il CV di Marta Wallner (in .pdf)

- Il CV di Sara Francais (in .pdf)

HEMA SUNDARI VELLALURU 

 

KINEMATRIX Qual'è stata la tua formazione accademica e come hai saputo dell'"Arsenale della Danza"? Come e quando ti hanno scelta?

 

HEMA SUNDARI VELLALURU A dir la verità non ho mai avuto una formazione accademica vera e propria. Ho iniziato a ballare a cinque anni, a scuola e il tutto è partito come un hobby. Più tardi ho capito, verso i 13 anni, che la danza era ormai diventata parte integrante della mia esistenza e che non avrei più potuto farne a meno. Da quel momento il mio approccio è diventato più professionale e ho cominciato ad essere seguita da un'insegnante, Guru Smt. Vyjayanthi Kashi, proveniente da Bangalore, una delle più importanti città del mio Paese, l'India.

Ho seguito una preparazione in danza indiana classica, in particolar modo nelle forme denominate "Bharatanatyam" e "Kuchipudi". Durante una breve pausa durata sei mesi ho compreso a fondo come danzare sarebbe stata una scelta di vita ormai definitiva.Bisogna considerare che avevo iniziato ad apparire in pubblico fin dall'età di 13 anni, anche se in spettacoli locali, ma comunque sparsi un po'in tutta l'India, da Mumbai a Karnataka, la regione dove vivo, fino a Bangalore, Delhi, Jaipur, Kerala, Kolkata.

 

C'è qualche relazione tra le radici classiche della danza indiana e la musica carnatica?

 

Karnataka è appunto una regione del Sud e quella definita "carnatica" (Karnataka Classical Music) è la musica classica indiana meridionale, per così dire. L'Hindustani classical music è invece quella del Nord del Paese. La prima è molto legata alla danza sviluppatasi nelle stesse aree, ma viene modificata in base alle esigenze di quella. Un cantante, ad esempio, non canta allo stesso modo da solista o se in coppia con un/a performer ballerino/a. Nel primo caso, sia cantanti che musicisti hanno le loro specifiche modalità, ma se si tratta di accompagnare la danza classica, s'instaura una sorta di collaborazione.

 

I movimenti-base della danza classica indiana devono essere molto differenti dai passi del balletto occidentale e ovviamente dalla molteplicità dei movimenti della contemporary dance...

 

Ci sono alcuni piccoli punti in comune con il balletto, ma solo nelle posizioni e nei modi strutturati di organizzare i passi. Più semplicemente: noi abbiamo una sorta di struttura di partenza che è quella del demi plié (Id est: mezza flessione della gamba. Nel balletto, tutti i passi in élévation iniziano e si concludono in demi-plié. NdR.). Quindi: prima posizione sia per il "Bharatanatyam" - termine che include l'Emozione, Bhava, che il ballerino cerca di trasmettere; il Canto, Raga, che viene reso corporeità durante il ballo, e il Tala, cioè il Ritmo- sia per il "Kuchipudi", è il demi plié, da cui poi raramente ci si alza e si evolve verso movimenti fluidi della parte superiore del corpo; quindi, nel "Bharatanatyam, si ha a che fare principalmente con demi plié e grand plié.

Se il corpo deve salire in posizione eretta come evoluzione di un movimento, ci dev'essere una ragione precisa, un'intenzione. (Hema ci mostra i talloni che si toccano e l'allineamento dei piedi, quindi ci spiega che, nel "Bharatanatyam", il demi plié è la posizione costante, dalla quale, ad esempio, le gambe vanno alternativamente a battere con grandissima forza il ritmo, Tala.N.d.R.).

Comunque, non abbiamo estensioni e, ripeto, solo per un motivo assolutamente forte e giustificato ci spostiamo dal demi plié. Poi abbiamo tutti i Muddras, ovvero le posture e le gestualità delle mani: 23 per la mano singola e 24 per le due accoppiate. Il  "Bharatanatyam" era inizialmente ballato dalle prostitute -"devadassis"- nei templi, quindi come cortigiane, appunto, nelle grandi corti del passato.

Il "Kuchipudi" iniziò come un genere danzato da ragazzi "Brahman" (Bramino o Brahmano: i Brahmani rappresentano la casta sacerdotale e costituiscono la prima delle quattro caste. A loro spetta la celebrazione dei rituali religiosi più significativi. N.d.R.). La loro casta è assolutamente vegetariana, al punto che non possono consumare pasti nemmeno a base di uova. C'è un villaggio chiamato proprio Kuchipudi nel sud dell'India, più precisamente nella regione dell'Andhra Pradesh - nel Movva Mandal interno al Krishna District - dove tutto iniziò. I Brahmani, che ricoprivano anche ruoli femminili, spesso erano costretti a forzare la mimica per aumentare la propria espressività e la caratteristica è rimasta anche oggi, a prescindere dal sesso del ballerino. C'è una sorta di esagerazione ancora presente nel Kuchipudi. Le donne iniziarono a ballarlo meno di un secolo fa. Il genere è considerato come un dramma danzato, quindi con impostazione narrativa. Solo dagli anni '50 del '900 si sono avuti i primi soli e le prime piccole parti femminili, di circa mezz'ora ciascuna, presentate in spettacoli pubblici che potevano durare due ore o andare avanti fino a notte, come succede ancora adesso in occasione di alcuni festival.

 

Hema Sundari Vellaluru

 

I soli sono molto particolari e anche nei duetti o nelle coreografie più ampie non c'è praticamente mai contatto tra i performer. O, se c'è, è minimale, fatto di sfioramenti e brevi appoggi. In termini di presentazione, siamo più vicini al balletto classico. Per quanto mi riguarda, quando ho iniziato, solo 5 anni fa, a studiare danza contemporanea, nonostante certe tecniche o posizioni - come l'arabesque, ad esempio - potessero risultare difficili, ho subito cercato di sfruttare i punti di contatto tra il balletto e la mia formazione classica indiana. Anche qui, in ARSENALE DELLA DANZA, dove ciascuno ha un background diverso, non penso ad essere subito perfetta nell'esecuzione delle varie tecniche, ma a lasciare che sedimentino in me, passando dalla mente al corpo. Il mio è una specie di apprendimento visivo, cui segue l'incameramento d'informazioni dentro il mio corpo. In questo senso la formazione in India e la mia insegnante mi sono state di grande aiuto, sia cinque anni fa che qui a Venezia.

In India la danza contemporanea è ancora qualcosa di nuovo, mentre io sentivo l'esigenza di evolvermi e di esplorare nuovi territori.

Questa esperienza con Ismael Ivo mi sta aiutando per sviluppare una scelta e un percorso molto difficili per una ragazza indiana, dalla quale ci si aspetta qualcosa di completamente diverso e più convenzionale. Io ho dovuto combattere molto contro la volontà della mia famiglia e posso dire di essere una specie di "ribelle", per la mia carriera. Grazie a internet sono sempre stata in contatto nuove realtà. Così ho potuto partecipare a un piccolo progetto londinese basato su danza indiana e, sempre negli ultimi tre anni, anche un altro in Sudafrica, con coreografie sia di contemporanea che di danza tradizionale del mio paese.

Poi è arrivato l'Arsenale della Danza. L'approccio non è stato affatto facile, perché forse è difficile, da parte dei coreografi, pensare di "ricevere" oltre che "dare", nel senso che ci si aspetta sempre il solito background di balletto e di contemporanea. Per me è difficile relazionarmi con questa realtà di audizioni -delle volte mandavo anche dei video miei - cui spesso rispondevano che, al di là dell'interesse, si aspettavano qualcosa di diverso.

Qui, perlomeno, mi hanno accettata per quello che sono e io ho affrontato la "sfida" nella maniera più decisa possibile...

 

Sandra Francais

 

SANDRA FRANCAIS e HEMA SUNDARI VELLALURU

 

kinematrix Come "collaborate" fra di voi, specialmente con chi viene da lontano e come vi relazionate ai diversi insegnanti?

 

SANDRA FRANCAIS Abbiamo subito colto la particolarità di Hema, come di altri provenienti da diverse parti del mondo, ma sinora non c'è stato tempo, perché siamo impegnati a "contaminare" progressivamente le nostre conoscenze con quelle dei coreografi, in attesa di Ismael Ivo, che darà un senso al tutto. Forse sarà in questa fase che anche noi potremo contribuire. Anch'io porterò il mio contributo dal mondo della danza hip-hop!

 

Quanto è difficile cambiare insegnante così spesso e così radicalmente? come reagisce il vostro corpo? come organizzate le giornate?

 

SF Beh, di solito la prima settimana è sempre servita a cercare di capire prevalentemente i diversi tipi di pedagogia. Sette giorni di adattamento per il corpo e la mente, poi una settimana fantastica, la seconda, in cui le cose venivano fuori più semplicemente e spontaneamente. Con Francesca Harper e Kenji Takagi abbiamo avuto un approccio piuttosto rilassato, anche se ci veniva chiesto molto. Francesca Harper ci ha chiesto di elaborare dei movimenti molto ampi, che ci permettevano di "stretchare" il corpo al massimo. Dalla mattina alla sera il nostro corpo era sempre messo alla prova in termini di stretching. Poi Kenji si è concentrato su movimenti minimalistici, anche delle mani... Con Geyvan McMillen è stato molto duro...! A me è andata abbastanza bene, ma ad altri no, perché il nostro corpo reagiva, internamente, alla tecnica dello spinning continuo...

 

HEMA SUNDARI VELLALURU Era duro anche perché riprendevamo a ballare dopo la pausa pranzo! E dopo 50 minuti, nel primo pomeriggio, eravamo distrutti e ci dovevameo fermare e guardare gli altri. Poi ho trovato un equilibrio, in cui mi sono data dei ritmi di lavoro più tranquilli, e le cose sono andate meglio.

 

SF L'aspetto interessante è che, sì, ogni cosa è nuova e difficile, ma le informazioni che "archiviamo" e rielaboriamo sono uniche! Ismael ci spinge sempre oltre, aggiungendo lezione su lezione. Non è importante essere perfetti con ciascun insegnante, quanto accumulare informazioni.

 

HSV Io ho avuto un momento di crisi dopo Harper e Takagi, nel passaggio a Geyvan: è stato un pugno nello stomaco, all'inizio, e mi sentivo un po' frustrata. Dovevo, invece che ripensare troppo le lezioni e i nuovi movimenti, lasciarmi andare e "correre incontro" alle nuove informazioni, senza la pretesa di riprodurre tutto perfettamente.

 

Sono molto interessato a sapere come organizzate una giornata-tipo di lavoro...

 

SF Adesso posso proprio dire che le prime volte l'atmosfera era molto cool e rilassata, come con Francesca Harper, perché iniziavamo alle 11 e finivamo alle 18, anche se Francesca è una vera e propria "coach", allenatrice, quindi comunque chiedeva tanto sin dall'inizio...Da Geyvan in poi le giornate di lavoro si sono allungate e il ritmo è aumentato sensibilmente. Adesso, da "CAPTURING THE CITY" in poi, siamo stati impegnati e assorbiti completamente e per l'intera giornata. Il progetto era molto grande, ambizioso e da realizzare in brevissimo tempo. La giornata è diventata di 10-12, dal mattino presto fino a sera. Penso che d'ora in avanti, mancando meno di due mesi, sarà sempre peggio! Ma non importa, perché lavoriamo con passione. Io non guardo mai l'orologio e mi fermo solo quando sono realmente stanca. L'impegno è così stimolante, che non c'è nessun problema. Per me, per esempio, "CAPTURING THE CITY" è stato così eccitante, che era bello andare avanti anche fino alle dieci di sera.

 

Cosa ci potete dire del momento di riposo e rilassamento?

 

HSV è ed è stato diverso da un insegnante all'altro. Adesso stiamo lavorando con Inaki Azpillaga e lui, ad esempio, ci fa scoprire, indipendentemente l'uno dall'altro, i nostri "punti di rilassamento". Lui è molto consapevole della nostra tempistica, quindi progetta le lezioni in base a quanto effettivamente possiamo dare fisicamente e mentalmente. Anche con gli altri avevamo dei "confronti" alla fine della giornata, su come ci trovavamo, come reagivano i nostri corpi etc. Comunque sì, ci sono diversi momenti di pausa.

 

Marta Wallner

 

MARTA LASTOWSKA WALLNER

 

kinematrix Prima di tutto qualche informazione sulla tua formazione e la tua zona di provenienza, se ha influenzato il tuo approccio alla danza...

 

MARTA LASTOWSKA WALLNER Il mio è un background assolutamente classico, quindi vengo dal balletto. Sono nata in Polonia, ma ho vissuto e lavorato tra Vienna e Klagenfurt, dove vive mio marito, quindi posso dire che l'Austria è il mio paese di provenienza "ballettistica". Ho iniziato a studiare a sette anni, per poter iniziare a prender confidenza con le "posture" di base, seguendo lezioni un paio di giorni alla settimana. A dieci anni mi sono iscritta a una scuola di danza vera e propria, spinta da mia madre. Quindi sono stata all'Accademia di Balletto di Stoccarda, continuando, in contemporanea, a studiare normalmente, sino al diploma, che comunque, considerando le incognite di questa professione, è importante. Dal 2000 a oggi ho fatto parte di una compagnia. In questo lungo periodo i nostri coreografi sono cambiati in continuazione, ma ciò non ha impedito che, alla lunga, l'esperienza con lo stesso gruppo di lavoro diventasse meno stimolante rispetto agli inizi. Lavorare per troppo tempo con un ensemble o un coreografo rischia di tarparti le ali. Non hai possibilità di sottrarti agli impegni e questo inevitabilmente non ti fa crescere. Io sentivo il bisogno di qualche nuova sfida, per evolvermi professionalmente. Ero inserita in una catena di montaggio e questo non ispirava il mio corpo e la mia mente. Non apprezzavo più i vari progetti e sentivo di dovermene andare. Per una ballerina arrivare vicina ai trent'anni significa dover prendere delle decisioni in un senso o nell'altro. è il tempo delle scelte radicali e, coerentemente con quest'approccio, mi sono convinta che avrei dovuto farmi coinvolgere solo da iniziative che mi avrebbero resa felice.

Dalla fase della frustrazione e del pensare sempre "avrei potuto fare di più", sono passata a quella della positività e del "sono aperta a nuove esperienze".

Anche per alcuni aspetti legati all'incidenza del privato -mio marito vive a Klagenfurt, città dove l'ultima compagnia di balletto è esistita forse 50 o 60 anni fa! - era giusto cambiare.

 

 

Fortunatamente conoscevo di fama Ismael Ivo e anche se Venezia per me era lontana e non ero molto informata sull'iniziativa "Arsenale della Danza", era ovvio che fosse l'occasione giusta per la svolta che aspettavo. Incontrare quella che per me è un'icona della danza e così tante persone interessanti e stimolanti mi ha dato le risposte che cercavo. Devo dire che avevo tentato anche nel 2009 di essere selezionata per l'ADD - m'interessava molto lo stage con Susanne Linke, continuatrice del Tanztheater bauschiano - ma non ero stata scelta perché vincolata dagli ultimi tre mesi di un contratto in Austria, proprio i mesi da febbraio a maggio... Fortunatamente ho avuto modo di anticipare l'incontro con Ivo nell'estate del 2009: infatti mi ha chiamata nell'ambito di un progetto legato ai Campionati Mondiali di nuoto. è stata un'esperienza breve ma molto eccitante. Da quel momento ho cominciato a considerarmi una specie di free-lance, senza contratti specifici ed era ovvio che ormai la strada era segnata. Certo, ho passato ancora un po' di tempo a domandarmi se dovevo continuare, altrove, ma sempre nel balletto classico, oppure se dovevo lasciarmi coinvolgere da altri progetti. Appena scelta per l'Arsenale del 2010, mi sono resa conto di come questi stages sono anche, se non soprattutto, esperienze di vita, momenti di evoluzione e cambiamento personali. Finalmente mi sono sentita realmente "aperta" alle novità!

 

 

In CAPTURING THE CITY hai un ruolo molto importante, che ti porta anche a a recitare, quando leggi per due volte un testo, che apre e chiude la perdormance. Ci puoi dire qualcosa a riguardo?

 

Ci sarebbe molto da dire, a questo proposito! Non solo per me è stata una bellissima esperienza, ma credo che dovrei veramente continuare in questa direzione, nel senso di approfondire le mie capacità recitative. Posso dirlo: per me la sola danza, ormai, non è più sufficiente a soddisfare le mie aspettative. Non posso andare avanti a eseguire tutto perfettamente, a perdere peso, il ché condiziona la mia vita, e sento di poter dare di più, potendo essere anche attrice. Fin da bambina ho avuto questo desiderio: giravo per strada con mia nonna e la facevo ridere imitando chi incontravamo...

Ismael ha un istinto veramente straordinario nel capire il talento delle persone e io mi trovo meravigliosamente con lui. Ci dà molto, ma chiede anche tantissimo, una dedizione totale.

Per CAPTURING THE CITY... beh, abbiamo fatto esperienza sul posto, come sai, poi abbiamo archiviato impressioni, immagini e idee nelle nostre menti e abbiamo ricreato il tutto, ex-novo, quando abbiamo lavorato qui all'Arsenale, senza un piano vero e proprio. Anche la mia parte non è stata "progettata", ma mi è stata lasciata completa libertà, anche nella scelta del testo da leggere e nei passi da leggere... è stato tutto molto frutto del caso e dell'intuizione...

Ovviamente Ismael ci diceva che tipo di atmosfera avrebbe desiderato ricreare, ma il resto era lasciato a noi. Lui sa in anticipo come e cosa funzionerà e come e con chi ricreare quella particolare atmosfera che ha in mente. Nel caso del libro, è stato qualcosa di magico, perché il testo "è venuto a me", piuttosto che il contrario! Il problema dell'ispirazione è che troppo spesso ci si chiede "da dove verrà?", "cosa devo creare?", etc, mentre è una questione di abbandono, di lasciarsi andare, d'istinto e magia...

 

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SANDRA FRANCAIS,
MARTA LASTOWSKA

Venezia, Piccolo Arsenale, marzo 2010