open doors.6

The Waste Land: adapted version

(coreografia di Ismael Ivo)

Merce Cunningham: omaggio

(a cura di Eugenia Casini Ropa).

Venezia, Piccolo Arsenale, 27 marzo 2010

 

di Gabriele FRANCIONI

Collegamenti rapidi:

- Open Doors

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2: THE WASTE LAND, Revisited

 

Siamo arrivati ormai a metà dell'Arsenale della Danza e i danzatori scelti da Ismael Ivo sembrano aver veramente condensato in un'eccezionale capacità di sintesi performativa le diversissime esperienze attraversate - da Francesca Harper a "Capturing the City" - come dimostrano anche le interviste a Hema Sundari Vellaruru, Sandra Français e Marta Lastowska Wallner, che verranno pubblicate su Kinematrix tra il 31 marzo e il 1° aprile.

Gli incontri con le prime stagiste, nelle brevi pause di lavoro, sono stati assolutamente sorprendenti, stimolanti e hanno confermato l'eccezionalità dell'iniziativa di Ivo e l'unicità di un progetto che raccoglie grandi talenti sparsi per i vari continenti e realmente impegnati nell'invenzione di una nuova lingua coreografica qui, a Venezia.

 

Il sesto appuntamento con OPEN DOORS segna, come "Capturing the City", un passaggio importante nel processo verso BIENNALE DANZA 2010.

I ballerini, sottoposti a una pressione sempre maggiore, danno il meglio di sè e riescono a condensare in tempi sempre più brevi l'assorbimento delle nuove lezioni impartite.

 

Una sola settimana per preparare questa versione breve di THE WASTE LAND, che fu il saggio conclusivo dell'O. DOORS del 2009, dopo l'intensissimo periodo necessario per portare a termine C.T.CITY, poteva sembrare una follia, ma i ragazzi sembrano ormai entrati in una trance che ne aumenta sempre di più il livello di attenzione e ricezione psico-fisica.

 

In questa riedizione di WASTE LAND - l'invenzione di Ivo che incrociava T.S. Eliot e "Le sacre du Printemps"- vengono ovviamente eliminate la seconda e terza parte, che avrebbero richiesto uno sforzo scenografico inutile per questa lezione aperta (le "grotte", la black rain del finale, etc).

Ciò che è invece più evidente è la performance atletica della prima parte, in cui i ballerini di quest'anno sembrano addirittura superare in concentrazione e prontezza quelli dell'anno precedente.

Straordinarie performance di stretching degli arti inferiori, in particolar modo durante l'evoluzione da uomo-scimmia a homo sapiens, e un meraviglioso lavoro a terra nella fase successiva.

 

Studiato e provato in tempi ristretti, THE WASTE LAND è in tutti i sensi un inno all’“urgenza”, un richiamo al non perdere tempo e alla necessità di sintonizzarsi su temi essenziali, estremi, basilari, specchio di uno stato di crisi globale permanente.

 

Ivo declina la sua radicale teatralità e l’innato espressionismo della singola corporeità comunicante in una forma più trattenuta, che gli consente di gestire il corpo di ballo come un unicum, un insieme che lavora in sintonia perfetta.

 

Coerentemente, si sceglie di rappresentare gli inizi, il grado zero dell’uomo sulla Terra.

 

Scanditi rispettivamente dalle musiche di Andreas Bick (1) e dagli "ostinati" de LE SACRE DU PRINTEMPS di Strawinsky (2), si alternano i due segmenti di WASTE LAND.

 

Il lavoro di Ivo ragiona intorno al nostro ecosistema corrotto, quindi pianifica la costruzione dell’ homo novus come struttura ossea e muscolare elementare che si muove su una, due, tre quattro zampe, impegnato nel superamento della rigidità iniziale, poi morbidamente reso(si) agile.

 

Durante una kubrickiana alba dell’uomo, prima uno, quindi tanti umani sembrano ricevere energia vitale dalle luci basse e dalle loro campiture regolari provenienti  dall’alto.

Un essere umano che va ad energia solare, si regala l’impercettibile transizione dall’assolutamente privato - le esperienze primarie - al pubblico, fatto di azioni condivise.

 

La koiné nascente, raccolta attorno a grumi sociali binari (le coppie di ballerini), ha già esperito tutte le possibili versioni dei micro e dei macro spostamenti cinetici di un arto o di un muscolo.

Senza esagerare, anzi articolando movimenti mai così fluidi e nient’affatto nevrotici, il corpo sociale in fieri esperisce momenti comunitari, familiari o privati, a seconda che lo si rappresenti sotto forma di corse di gruppo o intrecci o quadri coreografici d’insieme, piuttosto che di duetti brevi.

Strawinsky si pone come un muro potente di note rispetto ai fragili campionamenti di Bick.

Da un rumorismo descrittivo messo al servizio del corpo e del mondo in fieri –tuoni, rocce in formazione, vento, ma anche ossa e articolazioni- a un suono altisonante, che richiama, in ognuno di noi, palingenesi degli Elementi, rinnovamenti  grandiosità naturalistica.

 

1: MERCE CUNNINGHAM

 

La prima parte di OPEN DOORS 6 era stata una bellissima e coinvolgente lezione-omaggio di Eugenia Casini Ropa (docente del DAMS bolognese) sul "suggeritore"/iniziatore della post-modern dance, Merce Cunningham.

 

Tra estratti-video (alcuni molto rari) e testo narrato con passione e sintesi, assistiamo ad un viaggio attraverso un'epoca e i 70 anni della vita professionale di Cunningham, scomparso nel 2009 a 90 anni.

 

Stupendi gli approfondimenti sul rapporto simbiotico con John Cage - una relazione che durò dal 1942 al 1992, anno della morte del compositore - e i contributi audiovisivi che documentano la transizione verso la postmodern vera e propria, da Yvonne Rainer a Trisha Brown, con documenti d'epoca che rendono evidente la rottura tra l'indefessa ricerca di Cunningham e il dirompente desiderio di intraprendere nuove strade, ai tempi della Judson Church, da parte di alcuni tra i migliori allievi del genio statunitense.

 

Sorprendenti gli slanci nel futuro dell'anziano Merce (1992 e 1999) con le ricerche confluite in "Life Forms" e i primissimi esperimenti di motion capture - in pratica la tecnica su cui si basa l'intera concezione di AVATAR.

 

open doors.6

The Waste Land: adapted version

(coreografia di Ismael Ivo)

Merce Cunningham: omaggio

(a cura di Eugenia Casini Ropa).

Venezia, Piccolo Arsenale, 27 marzo 2010