con Elena Panibratowa, Gerd Baumann, Heinrich Wiebe, Helene
Simkin, Nurlan Dussali video Chris Kondek musica Christian Garcia scene
Aljoscha Begrich drammaturgia Aljoscha Begrich, Juliane Männel disegno luci
Sven Nichterlein assistente alla regia Jessica Páez assistente alla
scenografia: Justus Saretz, Maria Ebbinghaus sottotitoli e traduzione:
Amanda Crain (ing.) tecnico video: Bodo Gottschalk tecnico del suono: Daniel
Dorsch, Nikolas Neecke produzione Rimini Apparat e HAU/Hebbel am Ufer Berlin
in coproduzione con Schauspiel Hanover, Wiener Festwochen, Goethe Institute
Almaty, Le Maillon – Théâtre de Strasbourg/Scène Européenne, Territory
Festival e BIT Teatergarasjen con il supporto di Capital Cultural Fund e di
Governing Mayor of Berlin – Senate Chancellery for Cultural Affairs |
Bodenprobe Kasakhstan,
ha debuttato a Berlino il 29 aprile. Uno “spettacolo” che parla di petrolio,
di Kazakistan, di immigrati di ritorno russo-tedeschi e parla anche di noi.
Racconta Stefan Kaegi: Forse pochi sono al corrente - dei flussi migratori
che hanno legato Russia e Germania a partire dal secolo di Caterina la
Grande, lo stesso secolo in cui si comincia ad estrarre il petrolio in
Europa. Sotto Stalin migliaia di persone di etnia tedesca sono deportate in
Kazakistan. All’inizio degli anni ‘90, l’invito di Helmut Kohl a un milione
di persone di origine tedesca a ritornare in Germania dal Kazakistan
coincide con la scoperta di uno dei più grandi giacimenti petroliferi degli
ultimi vent’anni nel Kazakistan occidentale… Il boom del petrolio kazaco
seguirà il modello norvegese di sostenibilità o quello di sfruttamento
nigeriano? Si chiede Stefan Kaegi.
Estremamente perspicace, originale e azzardato, risulta, il lavoro di Kaegi.
Ha l’impronta di un documentario che svela tutti i retroscena progettuali
del suo operato. Il regista acquisisce materiali con sistematiche ricerche
sul campo e incontri personali, poi li trasforma in un processo concettuale
che si tramuta in uno spettacolo. Entra nel profondo della società, capta i
problemi, crea collegamenti originali,accostamenti azzardati, e forte ed
insistente come una trivella affonda in situazioni putrescenti, mettendo in
cortocircuito i meccanismi dell’economia e della politica con le storie di
vita. Una sorta di testamento che mira a mostrarci quasi in modo scientifico
l’influenza e l’effetto che la società e i suoi ’eventi’ portano alla vita e
al mutamento della personalità dell’individuo che la vive e subisce.
In questo modo, le piccole storie private svelano la grande storia come
palesa questo spettacolo presentato al 41. Festival Internazionale del
Teatro di Venezia. Il carattere documentaristico è sottolineato e mantenuto
dalla struttura scenografica e l’impronta registica accuratamente studiate.
La scenografia è di forte impatto, molto essenziale ed estremamente
funzionale alla drammaturgia.
i costumi sono attuali ma coscientemente caratterizzati ognuno dagli
elementi del proprio folklore. La bravura di Kaegi ci fa respirare fino in
fondo l’atmosfera di quei paesi e ci sbatte d’innanzi alle loro realistiche
problematiche abbandonandoci ad una serata al limite del folklore, dove con
grottesca e feroce ironia, emergeranno lentamente, racconti, ricordi,
rimpianti, difficoltà... |