biennale danza

ARSENALE DELLA DANZA 2011

 

brilliant corners

emanuel gat dance (francia)

25 giugno Teatro Piccolo Arsenale, Venezia

 

di Gabriele FRANCIONI

brilliant corners: scheda

Coreografia, luci, colonna sonora Emanuel Gat
con Hérvé Chaussard, Amala Dianor, Andrea Hackl, Fiona Jopp, Pansun Kim, Michael Lohr, Philippe Mesia, Genevieve Osborne, François Przybylski, Rindra Rasoaveloson
direzione tecnica Samson Milcent
una commissione La Biennale di Venezia, Dance Umbrella (Londra), Dansens Hus (Stoccolma) nell’ambito del progetto Enparts – European Network of Performing Arts
con il supporto del Programma Cultura dell’Unione Europea in coproduzione Festival Montpellier Danse 2011, Sadler’s Wells, deSingel

25/30

Arsenale della Danza 2011, dopo l’epos ivoiano, l’incanto di Kylian e i vari manifesti  socio-visivi di maggio, si chiude su una nota sospesa, incerta, che suona però come esposizione riassuntiva del nucleo teorico di questa edizione: il ragionamento ossessivo sul senso primo della danza contemporanea, aperto alla partecipazione  del pubblico e allo stesso tempo chiuso in una riflessione metatestuale che poco titilla le ragioni prime del nostro piacere, dei nostri sensi.

Emanuel Gat, quasi un distillatore dell’essenza pura del movimento inteso some gesto iniziale di un processo dinamico e semantico, che costruisce linguaggi partendo dalla matrice, punterebbe nella dichiarazione d’intenti  a riprodurre  i gruppi di note del beebop di Thelonious Monk, evocato nel titolo dello spettacolo.

Brilliant Corners fu l’album che, nel 1957, codificò le architetture compositive  del pianista come punta estrema del jazz reinventato da Charlie Parker, ora tutto prospettive sghembe  e sincopate.

Ciò che non risulta chiaro, allora, è perché - dopo essersi agganciato a Schubert (“Winter Voyage”) e aver esplorato le abissali vertigini ritmiche della “Sagra della Primavera” riproducendole in veste salsa - Gat opti qui per una così palese dissociazione tra  frammentazione coreografica e banda sonora assolutamente priva di modulazione.

 Se “Brilliant Corners” esplora lo sfarsi geometrico di gruppi di ballerini che invocano nuove forme attraversando lo spazio vuoto che li circonda e nella prima parte vediamo duetti abortiti, declinati meccanicamente nel gesto di danzatori celibi, le musiche - opera dello stesso Gat - espongono invece una piatta omogeneità elettronica cui non è possibile associare i movimenti dei performers e le studiate decostruzioni dell’autore.

L’angolarità cui si fa riferimento è tutta e solo nella danza - non è poco, sia chiaro - ma l’esito complessivo risente troppo di tale discrasia, resa ancora più evidente dal bel segmento finale, che accoglie finalmente una chiara indicazione di ritmo, messa in relazione diretta con il ritrovato geometrismo dei corpi disposti  in forma di grappoli umani triangolari o rettangolari.

Da un artista che ha lavorato (l’assolo “My Favourite Things”) su musiche di John Coltrane, anch’egli in una delle formazioni di Monk, era lecito aspettarsi, sebbene in presenza di uno score originale, una scansione ritmica assai elaborata come contrappunto al movimento e al gesto e non l’indistinto magma sonoro che  “Brilliant Corners” propone.

Forse Gat ha ritenuto che i dieci ballerini potessero compensare il vuoto musicale, dopo tanti soli e duetti, o che composizioni EFFETTIVAMENTE monkiane o un accompagnamento serrato avrebbero distratto il pubblico, ma ciò che conta è che, in definitiva, B.C. rimane orfano di una componente essenziale per la riuscita del tutto.

SITO UFFICIALE

 

biennale danza 2011

arsenale della danza
11 maggio > 25 giugno 2010