Il concerto ha inizio con la prima esecuzione
assoluta di Hével (Threads) di Andrea Sarto: un ricamo raffinatissimo
di glissandi, tremoli e vibrati, fatto di suoni appena percepibili, che si
spingono fino alla possibilità di catturare, alla fine del pezzo, il solo
suono dell’archetto che sfiora le corde.
Segue il trio d’archi di Marco Antonio Perez-Raminez, Les Synapses
émotionelles, introdotto dal canto tremante di un violino solista che
viene interrotto dall’improvviso intervento degli altri strumenti: un moto
perpetuo dal carattere irrequieto, ansimante, isterico, che riflette un tono
nostalgico e malinconico, un’attesa verso qualcosa che non arriverà mai.
Il carattere del Quartetto n.4 di Giacinto Scelsi appare più disteso,
mesto, interrotto solo da qualche piccola nota pizzicata. Lentamente il
suono cresce d’intensità, il ritmo si fa concitato, quasi nervoso, i vibrati
e i tremoli si susseguono senza prendere fiato: inaspettatamente tutto si
arresta e sfuma lentissimamente in unico suono delicatissimo.
Il secondo tempo del concerto presenta un’altra prima esecuzione assoluta
del Quartetto di Luca Mosca, un’opera composta da sei movimenti dal
titolo allusivo: Sonatina, Canzone, Notturno, Burlesque, Introduzione e
Scherzo, Introduzione e Finale, che si contrappongono tra loro evocando
quell’ alternarsi di tempi tipico della suite barocca. Ciascun movimento
sembra presentare una caratterizzazione tematica, ma mai attraverso una
scrittura chiara, lineare o discorsiva: è un continuo giustapporsi di
dinamiche, intensità sonore e cambiamenti ritmici.
è il ricordo di qualcosa di
passato che si mischia alle nuove esigenze, ai nuovi ritmi del quotidiano,
alle nuove esigenze: meno romantiche, forse contraddittorie, stridenti.
Il concerto si conclude con un brano della metà degli anni settanta di Hans
Werner Henze, Quartetto per archi n.4, composto da quattro movimenti
presentati ciascuno da uno degli strumenti: il primo, molto agitato, dal
violoncello, l’adagio dalla viola, l’allegretto moderato dal secondo violino
e, infine, il rondò improvvisato, dal primo violino. La denominazione di
ciascun movimento è indicativa del carattere dello stesso, ma la
drammaticità raggiunta da ciascuna esecuzione risulterebbe banalizzata da
qualsiasi descrizione: il Kreutzer Quartet ha dato prova di abilità tecniche
e interpretative di grandissimo spessore, ma non solo, l’affiatamento tra i
componenti del gruppo è tale dall’andare ben oltre l’affinità d’intenti e
arrivare esprimersi attraverso la totale empatia ed elevazione spirituale. |