Teatro La Fenice di Venezia presenta
 

Benjamin Britten
Morte a Venezia
 

Stagione Lirica e balletto 2008
 

di Margherita Durini

è con la certezza di non avere molto tempo ancora da trascorrere su questa terra che Benjamin Britten porta a compimento 'Morte a Venezia': un’opera che, nonostante la linearità narrativa, trascina con sé un risvolto introverso e vertiginoso.
Imponenti edifici veneziani, ponti, monumenti inconfondibili, campanili, una gondola in grandezza naturale, raffinatissime abitazioni, una nave, balconate che si affacciano su piscine: fluttuano sullo sfondo della scena come vecchie cartoline che scandiscono un tempo rarefatto, sospeso, dilatato.
“Misteriosa gondola, un mondo differente ti circonda, un mondo senza tempo, leggendario di tenebre, di senza legge erranti nell’acquosa notte”, queste le parole di Gustav von Aschenbach, interpretato dal tenore Marlin Miller, appena sceso dalla gondola che l’ha condotto fino al Lido, dove ha inizio tutta la storia.
L’atmosfera è lunare, creata da un’illuminazione che svela i personaggi quasi in controluce, facendo perdere matericità ai loro corpi, rivelandone un lato eterico, spirituale, simbolico.
Impossibile distogliere lo sguardo, la perfezione con cui tutto si snoda davanti agli occhi ha un che di magnetico: una spettacolarità dal ritmo incalzante ma allo stesso tempo carica di una malinconia intensa, pregnante.
I due personaggi principali sono introdotti rispettivamente dal pianoforte, per Aschenbach, lo scrittore, e dal vibrafono, per Tadzio, il ballerino: questi leitmotiv accompagnano la loro presenza in scena per tutta l’opera come una sorta di aura, che ricorda e mantiene vivi i tratti con cui sono apparsi all’inizio della storia.
I contrasti, i dilemmi interiori, lo sconforto dell’animo sono messi in scena con tale sobrietà e compostezza da apparire ancora più drammatici: i sentimenti di Aschenbach sono costantemente in bilico tra passione e rimpianto, bramosia e invidia. Il turbamento dello scrittore viene reso visibile con puntualità, in tutte le sue sfumature, ma pur sempre con eleganza.
Alessandro Riga è il giovanissimo interprete di Tadzio: appare come figura dalla bellezza androgina e silenziosa, dalla maliziosità sfacciata ma genuina, con una grazia dalle movenze indubbiamente femminili. Tadzio è un ballerino, la sua parte è priva di parole: una scelta che rimarca l’incomunicabilità tra lo scrittore e l’oggetto del suo desiderio.
Sarà proprio per non rinunciare a questo desiderio che Aschenbach consegnerà se stesso, Tadzio e la sua famiglia ad una morte inaspettata causata da un’epidemia di colera, di cui solo lui sembra essere a conoscenza.
Alla maestria del basso-baritono Scott Hendricks è lasciato il compito di interpretare tutti i personaggi che rappresentano i messaggeri del fato: il viaggiatore, il direttore dell’albergo, il barbiere, il capo dei suonatori ambulanti, la ‘voce’ di Dioniso e il vecchio gondoliere. Ancora una volta l’allusione è sottile ma puntuale: è il destino che viene incontro ai personaggi, che guida i loro passi, che li conduce lontano dai loro programmi, senza che questi si accorgano di essere cascati nella sua tela.
Molta attenzione è stata dedicata ai rimandi biografici con la vita di Thomas Mann, molte le riflessioni legate al tema dell’omosessualità e della pedofilia, che si allontanano però da quella che rimane senza dubbio la visione più completa e tutt’oggi attualissima di quest’opera: la morbosità per la bellezza, per la vita e per l’arte possono alle volte condurre un uomo alla deriva, dritto nelle braccia della morte.
è proprio questo confine sfuocato tra bellezza e decadenza, tra vitalità e malattia, tra le tinte della giovinezza e quelle della vecchiaia, tra il fascino ingenuo dell’innocenza e la consapevolezza evinta dall’esperienza e dallo studio, che fa da sfondo a tutta la vicenda. Viene messa in scene un’umanità precaria, che non riesce gestire le sue pulsioni: sia che esse riguardino gli ideali che le perversioni.
L’opera termina con l’immagine del giovane ballerino che indica l’orizzonte e per un attimo ricambia lo sguardo dello scrittore morente sulla spiaggia: la tragedia incombe ma viene appena accennata e si condensa in un unico delicatissimo frame finale.
 

Teatro La Fenice di Venezia
Benjamin Britten: Morte a Venezia
Stagione Lirica e balletto 2008