la biennale di venezia 2008
beauty- biennale danza

Pneuma Dance Theater

Venezia, 19 giugno

 

di Caterina ROSSATO

Collegamenti rapidi:

 

- Pneuma Dance Theater

CHAIN OF FEATHERS

Mauro de Candia

Penombra. Si scorge una scenografia composta da due soli elementi: una sorta si scala di legno sulla sinistra e una scultura modulare di legno sospesa a mezz’aria, sulla destra.

De Candia indossa un corpetto panna e dei pantaloni di velo, linee colorate, verdi e blu, vengono proiettate sul suo corpo e sulla struttura a forma di scala alle sue spalle.
L’atmosfera è sognante, il danzatore si appende ai piani di legno come in volo, come se questa operazione non gli abbia richiesto il minimo sforzo.

Una proiezione con l’immagine di un albero inizia ad ondeggiare sul palco seguendo i movimenti del corpo: dapprima lentissimi, poi più veloci, ma sempre mirabilmente fluidi, sinuosi, come se le braccia non creassero nessun angolo con i gomiti.

Ogni movimento é propagato da una piccola scintilla che prende il via all’interno del corpo, fino ad arrivare alle mani, alle dita, da cui a loro volta sembrano partire delle nuove spinte, che si irradiano facendo ritorno come un’onda nel profondo del danzatore.

Eccolo sdraiato sulla schiena, con le braccia sospese: danza ogni singolo dito delle sue mani, tessendo piccolissimi arabeschi invisibili.

Ad un tratto la scena resta vuota, la scenografia immobile, attraversata da proiezioni sulle tonalità del verde: la vera protagonista è la musica, con i bassi molto sentiti e un motivo orientaleggiante.

De Candia si ripresenta con un copricapo dorato e una veste che si allarga con protuberanze su una spalla e su un’anca: inizia un ballo concitato, produce versi con la bocca, contorce il viso in espressioni sguaiate, poi sgrana gli occhi, sorride in modo rocambolesco, sembra mimare delle visioni oniriche, delle chimere, sembra che il suo corpo sia pervaso da un’energia che ha il sopravvento su ogni tentativo di controllo. Lascia il corpo libero di assumere ogni sfumatura, di farsi trapassare da ogni impulso, lascia la mente sgombra da ogni interferenza con la realtà: sembra totalmente proiettato in una dimensione altra.

La danza si snoda lungo traiettorie di luce disegnate a terra, poi lungo un corridoio di luce tridimensionale sul fondo del palco.

La musica del pianoforte lascia posto a suoni digitali, a voci robotiche che parlano mentre delle animazioni grafiche si muovono all’impazzata sulla scena: il danzatore compone pose immobili, come se si trasformasse di volta in volta in una piccola statuina.

Poi si leva le protuberanze e inizia ad assumere le movenze di una marionetta. Sembra un androide uscito dal film “Blade Runner”.

Una luce accecante viene sparata negli occhi del pubblico.
Il tempo sembra restare sospeso per la durata di un respiro profondo.
Una cascata di riso bianco cade dall’alto: bianca, fragorosa, enorme, liberando un pulviscolo bianco, che crea una nebbia delicatissima.

De Candia inizia a muoversi sul riso, si sdraia sul tappeto bianco e i chicchi si appiccicano sulla sua pelle sudata disegnando delle sagome sul suo corpo, lasciando delle impronte sul palco, arrossandogli la pelle: una visione raccolta, sentita, fatta di riso, di pelle, di sudore, di respiri.

La danza mette in comunicazione De Candia con qualcosa che noi non possiamo vedere, è partecipe di un rito mistico che lo spinge ad estraniarsi da tutto il contesto, si ha l’impressione di essere dinnanzi ad un varco, di affacciarsi ad una dimensione altra in cui il ballerino è totalmente immerso.

Un ultima nota al pianoforte, e poi un fracasso di vetri rotti.
La scena rimane illuminata e tutti gli spettatori prima di uscire si avvicinano increduli, cercando di riprendere contatto con la realtà.

 

la biennale di venezia 2008
beauty- biennale danza

Pneuma Dance Theater
Venezia, 19 giugno