recensione di Ray Winkler (Woody Allen) è un ex galeotto reintegrato nella società
come lavapiatti. Lui e la moglie Frenchy (Tracey Ullman) conducono una
vita modesta, fino al giorno in cui Ray decide di mettere in atto il suo
grande piano di rapinare una banca, maturato durante i due anni di vita
onesta. Per fare ciò ha bisogno di una copertura e quindi convince la
moglie ad investire i risparmi che ha messo da parte lavorando come estetista,
nel periodo in cui lui era in galera, nell'acquisto di un locale adiacente
alla banca: infatti l'idea è che Frenchy apra lì un negozio dove venderà
i suoi deliziosi biscotti fatti in casa, mentre lui ed i suoi complici
scaveranno nel retro un tunnel per raggiungere il caveau della banca.
Malgrado niente vada come previsto, la coppia si ritroverà comunque piena
di soldi; ma mentre Frenchy cercherà di adeguarsi (peraltro senza successo)
al suo nuovo stato sociale, prendendo lezioni di "classe e cultura" dal
bel mercante d'arte David (Hugh Grant), Ray rimarrà deluso dalla sua nuova
situazione, fino ad arrivare a rimpiangere i bei tempi squattrinati in
cui passava il tempo davanti alla tv, divorando hamburger e progettando
nuovi colpi. Sembra quasi che Rey Winkler sia il Virgil Starkwell di PRENDI
I SOLDI E SCAPPA, 25 anni dopo le vicissitudini di quel primo lungometraggio
di Woody Allen: anche allora i suoi tentativi di arricchirsi con il crimine
fallivano sempre, ma mentre lì finiva inesorabilmente per passare le sue
notti in prigione, qui si ritrova in una casa disgustosamente sontuosa,
in cui troneggia una grande arpa dorata, vestito con uno smoking improbabile
e a tavola con ospiti altolocati che parlano di arte, di musica e di vini.
|