TEATRO STABILE DEL VENETO
 

August Strindberg

signorina giulia

regia Valter Malosti

 con Valeria Solarino, Valter Malosti, Francesca Fracassi

 

di Ambra MURA

 

 

signorina giulia: scheda

“Signorina Giulia”  è un dramma ottocentesco che l'autore, August Strindberg, definisce naturalistico. Infatti il suo intento è quello di poter utilizzare il teatro come strumento attraverso cui far riflettere sulle dinamiche sociali, sulle differenze di classe, sulla natura degli uomini.

Valter Malosti, che propone questo spettacolo con la recitazione di Federica Fracassi e Valeria Solarino, deve riuscire a renderci partecipi di una cultura che noi abbiamo perso.

Al contempo però cerca di inserire degli elementi di contemporaneità in modo poco convincente.  

Lo spettacolo si apre con un sottofondo musicale che ricorda la musica elettronica degli anni '90. In seguito, a segnare la fine della festa, si capisce che effettivamente si tratta di un pezzo dei Chemical Brothers, Out of control, che sebbene possa accompagnarsi da un punto di vista semantico, cozza totalmente con  l'atmosfera fine ottocentesca restituita dagli abiti e dalle relazioni fra i personaggi.

Siamo nella cucina, una zona della casa adibita alla servitù. Troviamo la cuoca e il cameriere in atteggiamenti intimi. Lei sta preparando un' intruglio per far abortire la cagna della Signorina. Spettegolano di lei e della rottura “piccante” col fidanzato. Appena fuori scena c'è la festa di mezza estate della servitù.

Si celebra nella notte di San Giovanni. Non è un caso perchè si tratta di un giorno le cui connotazioni di retaggio pagano persistono, è il giorno in cui per l'astrologia, la simbologia del sole maschile è al momento di maggiore sintonia col femminile rappresentato 

dalla luna. É un giorno in cui la profanità del paganesimo si insinua nella sacralità delle tradizioni ortodosse.

Giulia, approfittando dell'assenza del conte, suo padre, partecipa alla festa.

Già nei primi minuti piomba in scena,  invitando Giovanni -  Jean a ballare con lei. Poco dopo lui rientra commentando la figura della contessina con il resto della servitù. Ma lei torna a chiamare Giovanni. Di qui ha inizio la discesa senza ritorno di Giulia. Il suo incubo-desiderio di lasciarsi cadere giù dalla sommità di una colonna altissima si materializza. La Signorina seduce Jean, che dapprima si mostra restio, le consiglia di attenersi ai costumi della sua classe sociale ma poi le confida di essere innamorato di lei. I personaggi fanno emergere il disagio verso la rigidità delle classi sociali. Alla fine vince la passione e i due decidono di ritirarsi per dedicarsi al desiderio. Il dramma qui messo in scena è carico di scene anche sessualmente esplicite, che rendono un senso di rottura da un mondo che tende a castigare i comportamenti non virtuosi. La cucina funge da scenario per un mondo a se stante dove le rigidità si perdono.

In essa vi è un altro elemento di contemporaneità inserito da Malosti: una scenografia surreale con porte che si aprono sul pavimento verso anfratti sotterranei, che dovrebbero simboleggiare l'avvento dell'io sul super io, della dimensione onirica dell'abbandonarsi a un istinto proibito. Nel complesso però questo intento non risulta amalgamato al contesto. L'ambiente restituito appare frettoloso, con Cristina, la cuoca che trova la sua postazione principale, i fornelli, in una posizione che dovrebbe essere una stanza comunicante ma che viene restituita sul palco al di fuori della struttura, davanti le luci. Forse sarà per la nostra abitudine alla rappresentazione di atteggiamenti intimi, ma l'atmosfera rilassata che apre lo spettacolo fra Cristina e Jean, il suo non-controllo-razionale e il fatto che questo sia lo spazio primario e maggiormente vissuto degli inservienti non concilia pienamente con una scenografia che forse rappresenta solo lo straniamento di Giulia, a conti fatti, vera vittima del dramma.

Vero è che il sogno e la fuga rimangono due elementi essenziali della pièce, che coinvolgono alternativamente sia Giulia, in cerca di una fuga da una sicura perdita della sua reputazione e Jean che sogna una fuga da una vita che lo costringe a una classe sociale che lo imprigiona. Jean però è combattuto fra questo sogno, l'attrazione che prova per Giulia e il disprezzo che lei ha suscitato in lui concedendosi a un servo. Sono gli stessi subordinati a disprezzare il gesto della contessa  che la considerano senza dignità e inferiore a loro per la sua debolezza.

C'è nel dramma lo scontro di una donna che vuole essere indipendente dagli uomini e sessualmente libera, in una società ancora impreparata a cose simili. Eppure curiosamente se nel 1988 Strindberg faticò a mettere in scena l'opera, bastarono 20 anni perché la tragedia perdesse quell'alone di proibizione.

Questo contrasto porta all'intreccio fra sesso e presagio di morte. Il rasoio infatti è un elemento ricorrente e per questo la scelta di non utilizzarne uno “scenico”, più evidente, dispiace.

La simbologia che porta con sé lo strumento è complessa. É  lo strumento con cui l'uomo si fa la barba, strumento tipico dell'essere maschio. E' l'arma con cui Jean uccide l'uccellino che dapprima Giulia pensa di portare con sé nella fuga, presagio del fatto che non ci sarà libertà nemmeno per lei. É il mezzo con cui alla fine il cameriere convince Giulia a togliersi la vita. Si potrebbe vedere lo strumento con cui si pone fine all'errore di aver infranto le rigide regole sociali, ma anche con cui si afferma l'errore in cui cade una donna a sedurre un uomo, come un uomo farebbe, attraverso il potere. É uno strumento fallico di imposizione del maschile verso un femminile incline alla libertà e al godimento della vita. Si ritrova qui anche la dualità fra sacro e profano entrambi incarnati da personaggi femminili, inscrivendosi perfettamente nel clima puritano ottocentesco che può aver influenzato lo svedese Strindberg. Verso il finire, infatti, la cuoca, a metà fra la gelosia per il cameriere e il disprezzo per la mancanza di dignità della Signorina, rifiuta il sogno di fuga dei due e si affida alla religione e all'espiazione della confessione.

Belli i dialoghi e l'uso delle luci specialmente nei momenti di solitudine di Cristina e durante i due assassinii. 

SITO UFFICIALE

 

August Strindberg

signorina giulia

versione italiana di Valter Malosti
scene Margherita Palli
costumi Federica Genovesi
luci Francesco Dell'Elba