Se mettere in scena un romanzo denso come quello di
Alessandro Manzoni può sembrare problematico, ancor di più lo si direbbe se
a farlo ci provassero solo un narratore, un musicista e una ballerina.
Eppure il risultato dello spettacolo proposto da Massimiliano Finazzer Flory
ce ne dà una versione davvero convincente.
L'allestimento della scenografia è essenziale. Il più è restituito da un
gioco di illuminazione e oscurità, che seppure molto semplice, bene
sottolinea i diversi momenti. Generalmente il blu per gli episodi più
intimi, l'arancio e il rosso per quelli più concitati o appassionati. Il
bianco per la narrazione.
Finazzer Flory con disinvoltura passa a dar voce alternativamente ai
personaggi e alla voce narrante. Come Manzoni, l'attore apre lo spettacolo
presentando lo scenario dove si svolge l'azione, mantenendo quel sapore
cinematografico ante litteram che contraddistingue l'autore. Il linguaggio è
fedele al romanzo ma a parte un iniziale straniamento si fa ben seguire.
Gli intermezzi musicali fra un monologo e l'altro, o talvolta di
accompagnamento, grazie ad un ottimo violino, contribuiscono a dare
rotondità all'atmosfera dei diversi episodi.
La ballerina, con movenze classiche, riempie gli intermezzi musicali e si
presta, muta, a dare forma alla figura di Lucia, conferendo un senso
d'eleganza allo spettacolo e alla condivisione del palco che i tre riescono
a mantenere in modo fluido e armonico.
Nella scelta dei momenti da mettere in scena, la pièce è essenziale ma
riesce ad essere rappresentativa della vicenda e degli intenti di Manzoni,
nonostante la brevità dello spettacolo. L'adattamento, infatti, ha voluto
mantenere quell'impostazione storica del romanzo per cui il ruolo del popolo
non è affatto secondario ma comprimario alle situazioni dei protagonisti.
Così su sette capitoli messi in scena, si è scelto di narrare l'episodio del
popolo inferocito che assalta i “forni” e quello della peste. Peste che nel
libro come nello spettacolo funge da evento risolutore, anzi
“provvidenziale”. Morendo infatti Don Rodrigo, Renzo e Lucia finalmente
possono sposarsi.
La messa in scena del pavido Don Abbondio che incontra i Bravi, quella
dell'incontro tra Fra' Cristoforo e Don Rodrigo e quella della conversazione
fra l'Innominato e Lucia prigioniera al castello, sono in armonia col
romanzo nel porre come tema centrale la religiosità e le sue varie
espressioni umane. La fede, del resto, così preminente in Lucia, è la morale
conclusiva dello spettacolo.
Questo spettacolo ha il merito di rendere vivo e piacevole un testo che
troppo spesso è vissuto come polveroso e distante.
29/30 |