TEATRO EVENTI 2007

 

“I giganti della montagna”

mito incompiuto di Luigi Pirandello

con un finale di Franco Scaldati

Bologna, Teatro DUSE, 03 Dicembre 2007
 

 

di Virginia NEGRO

 

30/30

 

Girogirotondo…

Appena finito lo spettacolo sono uscita dalla via del teatro Duse a Bologna e mi sentivo come dopo la ricreazione della seconda elementare, quando si giocava a girotondo fino a farsi venire la nausea. Giro Giro tondo…. Ci si fermava quando si perdeva il senso delle parole e dello spazio, sennò avrebbe potuto andare avanti all’infinito. Forse perché “I giganti della montagna” sembra fondarsi completamente sul non senso, ed è proprio il non senso a produrre il senso stesso dell’opera. è questo il modo in cui sono fatti i giochi. Come i bambini inventano i giochi e poi ci credono, Pirandello costruisce la sua opera, creando una narrazione che ci condurrà a scoprire l’intima essenza dell’esistenza umana.
Ilse è la “contessa”(Iaia Forte), primattrice di una compagnia di folli, giunge con tutto il seguito a La Scalogna, una villa popolata dagli eccentrici Scalognati, tra cui il più stravagante è il cinico Cotrone. L’amore per il teatro e per un poeta fa nascere in Ilse la necessità di rappresentare l’opera “La favola del figlio cambiato”, scritta da un giovane che per lei si è tolto la vita. Cotrone cerca di farla desistere perché l’arte e la poesia non hanno più la possibilità di vivere tra di noi, vista la rozza avidità dell’uomo. Ma Ilsa è una donna, e testardamente mantiene la sua volontà. Si fa quindi accompagnare fin dai giganti della montagna, potenti creture irrapresentabili, che detengono la ricchezza dell’intero pianeta. Lo spettacolo viene imbastito, ma non saranno i giganti ad assistervi, ma i loro servi. L’insensibilità alla poesia presagita da Cotrone purtroppo si manifesta in tutta la sua volgare violenza. Ilsa viene dilaniata sul palco. Lo scrittore siciliano non riesce concludere l’ ultimo capitolo della sua trilogia dedicata al “mito”, gli altri due sono “La nuova colonia” e “Lazzaro”, ma la sfiducia in questo mondo, la crisi in cui giace la figura dell’autore, la difficoltà di trovare chi sappia essere realmente spettatore,non hanno difficoltà ad emergere.
Federico Tizzi si confronta con l’opera inserendola- sempre mantenendone la forte carica surreale-nella realtà attuale domandandosi continuamente quale tra i diversi linguaggi oggi a disposizione sia quello che meglio può veicolare l’arte, e che cosa sia diventata quindi l’arte nel tempo della televisione, dei film panettone e del 3d. Tizzi riesce a rispondere, bisbigliandoci a un orecchio di tornare alle origini, perché comprendere è anche tornare indietro. Progresso e futuro non potranno mai cancellare ciò a cui apparteniamo, l’importante è non dimenticarcene. Per riuscire a tornare ad essere spettatori dobbiamo rieducarci all’osservazione, dobbiamo tornare a imparare a non guardare soltanto.
Caratterizzato da questa ricerca metatreatale e metartistica lo spettacolo corre sempre sul limite, in quel “tra” kantiano, e la scenografia non fa che esaltare questa indefinibilità mantenendosi sempre a metà fra realtà e sogno, tra cinema e fumetto, tra arte e fantascienza, per farsi infine carico della più pesante ignoranza, quella dei giganti, incarnatasi nello schermo televisivo che trasmette in diretta la morte dell’autore, condannandoci ad una eterna cecità.


“I giganti della montagna”, mito incompiuto di Luigi Pirandello,
con un finale di Franco Scaldati
regia di Federico Tizzi
con
Sandro Lombardi
Iaia Forte
Marion D’Amburgo
Massimo Verdastro
Silvio Castiglioni

 

18:12:2007