Si può comandare la vita
di qualcuno? Si può essere freddi e cinici calcolatori e celare invece
insicurezza e fragilità? Per Hedda Gabler la risposta è si.
Ostermeier ospite del Romaeuropa Festival narra magistralmente insieme alla
compagnia teatrale della Schaubuhne di Berlino il dramma di Isben.
Il ritmo della narrazione è incessante, fortemente realistico, riesce
addirittura a liberarci dalla lettura dei sottotitoli proiettati in un
doppio schermo.
Silenzi, intonazioni a volte inattese, gesti, corpi che scalpitano, cadono e
si straziano, giochi di sguardi che alludono, disprezzano, credono e
sottolineano indifferenza, sono in grado di creare un effetto forte nello
spettatore.
Il personaggio principale è lei: Hedda. Rompe le regole della femminilità, è
una femminilità cinica, egoista, opportunista e perversa.
Hedda appare annoiata dalle convenzioni e ancor di più dall’accordo per
eccellenza: il matrimonio, stipulato solo per questioni economiche, ma in
realtà da carnefice a vittima il confine è inesistente. È vittima del
cinismo latente del marito Tesman e del giudice amico Brack e per lei
l’unica via di fuga rimane il suicidio.
L’occhio del regista nel mettere in atto questo dramma appare sarcastico,
critico nel mettere in scena le fragilità di questa donna mentre tenta in
modo straziante di rubare fra le mani del marito il manoscritto dell’ex
amante Løvborg.
Non possiamo fare a meno di ricordare l’impeto di gioia del povero mediocre
e illuso marito Tesman quando crede alla pietosa bugia di Hedda “vederti
messo in ombra è stato troppo doloroso per me”. Quando alla fine il mediocre
marito non è più vittima ma diviene carnefice.
C’è assenza di confine, di ruoli stabiliti. Il carnefice diviene vittima, la
vittima carnefice, sembra di essere proiettati in una roulette russa, la
pistola fedele compagna di scena, la scenografia che gira, altera gli
ambiente li fonde, favorendo un osmosi fra interno e esterno, fra vittima e
carnefice.
Le scene respirano insieme ai personaggi, vetri lunghissimi che non dividono
ma creano un senso spiazzante di claustrofobia, la spaziosità che ci
opprime, lo spazio che si dilata e si deforma grazie agli specchi posti
sopra la scena.
La bravura di Ostermeier è nel rendere un grande classico un soggetto
moderno. Riesce ad entrare nel nostro vissuto: chi di noi non ha incontrato
una donna come Hedda?
"Per me la modernità non è una chiave di interpretazione.
è il cuore
della storia che è contemporaneo, poi a me regista e ai miei attori sta il
compito di rendere esplicito questo cuore, attraverso un comportamento, il
modo di muoversi, di parlare, o scegliendo come in questo caso una
protagonista che pare una ragazzina, un po' diavolo".
Parola di Ostermeier. 30/30 |
TEATRO - PRIMA NAZIONALE - 135’
Teatro Argentina, 24-27 ottobre, ore 21:00
Hedda Gabler
Di Henrik Ibsen
Regia Thomas Ostermeier
Traduzione In Tedesco Hinrich Schmidt-Henkel
Scene Jan Pappelbaum
Costumi Nina Wetzel
Musiche Originali Malte Beckenbach
Drammaturgia Marius von Mayenburg
Video Sébastien Dupouey
Luci Erich Schneider
Con Annedore Bauer, Lars Eidinger, Jörg Hartmann, Katharina Schüttler, Kay
Bartholomäus Schulze, Lore Stefanek
Foto © Arno Declair
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