Zorba il Buddha
di Antonino (Lakshen) Sucameli
Con: Elisabetta Cavallotti, Sid Meier

di Lucia LOMBARDI


Zorba il Buddha è la nuova pellicola, la seconda per l’esattezza, del regista riminese Antonino Lakshen Sucameli, ed è il frutto di una coraggiosa produzione indipendente. Dopo aver partecipato al Festival del Cinema di Venezia nel 1995 con il film Blue line, da lui scritto e diretto, Sucameli prosegue un personale racconto nell’ambito della ricerca spirituale, umana, in rapporto al quotidiano, nella ricerca della trascendenza. Egli indaga in un certo qual modo il mondo della notte, quello a cui lui è appartenuto per anni.
Il protagonista della vicenda è Loris (Sid Meier, dj, del quale è uscito il cd “Siddartha”, e del quale sono le musiche originali del film), un dj che torna dal servizio militare, e decide di dare una svolta alla conduzione della propria vita, aprendo un locale notturno, in cui far ballare ai giovani la propria musica; egli acquisisce forza in sé stesso, grazie all’incontro con Ritu (Elisabetta Cavallotti, che abbiamo visto in Guardami e in da 0 a 10), una navigatrice solitaria, alla continua ricerca interiore, a cui fa da supporto la meditazione di tipo dinamico. Ritu significa “stagione”, “tutte le stagioni”, specifica il personaggio, appartenendo a tutte le mutazioni che in esse avvengono ciclicamente, assecondandole ed amalgamandosi ad esse, così come alle stagioni della vita e alle loro emozioni.. .
Loris nella vicenda è il più terreno dei due personaggi, è un passionale, ama, la musica e la danza, carpendone maggiormente l’essenza liberatoria, grazie al rinvenimento del romanzo che fu un “cult” per un’intera generazione, “Zorba il greco”, in cui il personaggio, Zorba, appunto, trovava nella danza lo sfogo principale a tutta la miriade di sentimenti positivi e negativi, che nascevano in lui, incanalando con essa le energie, facendole emergere, liberandosene. Un pò come la meditazione di Ritu, metodi questi, analizzati e utilizzati simbolicamente dal regista, quali palliativi alle droghe e all’alcol, che tolgono lucidità e mettono a repentaglio la vita di molti giovani, i quali, piuttosto che aiutare ad emergere dalle proprie sconfitte. Il regista dopo anni di vita in giro per il mondo diviso tra oriente (diventando discepolo del Maestro Osho) ed occidente, trae le sue personali conclusioni. Trasmettendo e ponendo a disposizione del pubblico, il frutto del proprio vissuto personale attraverso il racconto filmico, e, la personale vicenda di questi giovani. Tutta la vita è una ricerca pare dirci, ma questa deve fondersi con il quotidiano, con la realtà in cui si vive, in giuste proporzioni, gli eccessi della superficialità moderna, legata al consumismo, devono slegarsi da questo modo d’essere e congiungersi con un pensiero attivo, vivo.
La vicenda si sviluppa sulle coste turche, un luogo ancora incontaminato, in via di emancipazione turistica, ma è per Lakshen un “non luogo”, un luogo simbolico della ricerca, preso in prestito per ambientare la vicenda, cercando di creare uno spazio temporale sospeso. I rimandi alle ricerche spirituali degli anni settanta sono palesi, e forse in tempi di violenza come quelli in cui oggi più che mai viviamo, gli ideali forti di pace, di ricerca interiore legata al quotidiano e non astrusa, sono più che mai fondamentali. Nel film si tenta di unire due elementi fondamentali, nella conduzione di una vita equilibrata, completa, ovvero: Il corpo e la mente, che necessitano l’uno dell’altra, così come il Buddha a cui manca il corpo, e Zorba, a cui manca l’anima; così i due personaggi principali del film, si completano a vicenda. Il segnale lanciato da questa produzione indipendente: Navala Productions, è forte; si è cercato, con pochi mezzi di creare un messaggio e lanciarlo, anche attraverso la musica, quale linguaggio vero, attuale, liberatorio.

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Voto: 25/30

21.04.2004

 


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