da 63ma mostra del cinema di venezia

World Trade Center

di Oliver Stone
Con Michael Pena, Nicolas Cage

di Gabriele FRANCIONI

 

La cosa indicibile e inattingibile non può, per definizione, essere compiutamente riproposta sub specie di rappresentazione e quindi va solo avvicinata, poi evitata con ellissi o rimandata ad altre forme espressive future.
Stabilito che, nello specifico, gli americani non hanno eleborato correttamente un evento macroscopico come il "9/11", né da un punto di vista politico complessivo (con tutte le ombre che avvolgono la figura e il ruolo di Bush nei suoi rapporti con la famiglia di Osama Bin Landen, vecchio compagno di affari), né sotto l'aspetto privato (l'angoscia quotidiana, l'approccio visivo alla new New York) e rilevato che, dopo un breve lutto, il cinema si è di nuovo lanciato verso orizzonti testosteronici e muscolari, è molto strano che sia un anomalo come Stone a prendere di petto Ground Zero: da PLATOON a BORN ON THE 4th OF JULY, da JFK a NIXON ne è sempre stata confermata l'attitudine schizofrenica nel trattare argomenti patriottici e questo ultimo lavoro complica ulteriormente le cose.
Il film non guarda in alcun modo alla complessità dell'intera vicenda, è quasi come se si ponesse altrove, un altrove che però non è alterità temporale o di luogo, ma di atteggiamento critico.
Le Torri Gemelle se ne sono andate e, sotto, due pompieri schiacciati dalle macerie fanno salotto disquisendo, tra un'emorragia e l'altra, di beghe familiari, nomi da dare ai figli in arrivo e cucine da ristrutturare.
I loro parenti, che abitano un'alterità domestica e distante, vedono crollare il WTC in diretta tv, ma aspettano fiduciosi che Dio, Cristo o la Marina degli Stati Uniti agiscano in loro vece.
Non è fatalismo, ma ottimismo, delega dell'azione lasciata all'intervento onnipotente.
Essendo la storia vera di due (2) pompieri sopravvissuti per altri cento, mille colleghi morti, non abbiamo scampo: le cose, per quanto surrealisticamente forzate, dovrebbero essere andate così, ma Stone non fa nulla per portare nel piccolo l'eco grandiosamente tragica di ciò che accadeva a pochi metri da quella scarna scena e la mera ambientazione dei corpi immersi nella livida ancestrale roboante potenza della materia primordiale (gli "elementi" elaborati dall'uomo che in una forma di nemesi ti tradiscono dopo essere stati violati: il metallo grezzo diventato tondini di ferro, la pietra travestita da pilastri) non fa salire la temperatura emotiva degli eventi (?).
Il film è laterale, marginale, periferico rispetto a ciò che è accaduto: una soap opera costruita sui piani ravvicinatissimi dei due protagonisti - il che, al buio, ci consente almeno di non fruire dello sguardo spento di Nick Cage, attore peraltro perfetto nell'interpretazione di un corpo morto o comunque costretto all'inazione - e sulla mediocrità domestica dei loro parenti. Paradossalmente l'Evento d'inizio millennio perde ogni connotazione "macro" (tutto il mondo vide su internet o in tv lo svolgersi dei fatti; le Twin Towers erano altissimi prismi, quasi riferimento geodetico; migliaia di persone sono scomparse, lanciandosi da vette infinite, annullate mentre esperivano l'inesprimibile disfarsi dei loro corpi, etc) e viene ricondotto entro i confini della micro-fruibilità televisiva, quasi rispettasse i canoni di un reality-show.
Nella prima "casa" stanno i concorrenti nominati - i pompieri - nell'altra si muovono quelli ancora in gara, tutti seguiti dall'occhio abulico della m.d.p. dell'adattivo regista.
è chiaro che, di fronte al bivio tra impegnativo accanimento documentaristico e cruda rappresentazione di una singola tragedia privata, Oliver Stone non ha scelto alcunché, inventandosi il format della sit-trag(edy), dove il Cristo appare in sogno al pompiere disidratato e pre-comatoso, porgendogli una specie di gatorade ("dar da bere agli assetati") mentre la peggior CGI di sempre ne fa un rendering da barzelletta, disegnandolo come macchia arancione che avanza con la bottiglia.

L'offesa più grande di Stone e dei produttori è agita verso i tremila morti, rimossi perché eccedenti rispetto ai canoni del prime-time, e verso la propria onestà intellettuale.
Un progetto che anche Ron Howard, a suo agio tra pompieri e forti sentimenti, avrebbe gestito con maggiore accortezza.
E poiché l'asciutta evocatività silente di una singola scena allusiva in 25th HOUR di Spike Lee vale dieci WORLD TRADE CENTER, dobbiamo dedurre che Stone si è dimesso da regista.
A 60 anni, un reduce incattivito come lui non ha ancora fatto chiarezza col passato e vanta, ormai, una filmografia schizoide, segnata non da una liberatoria anarchia tematica e creativa, ma da strisciante ambiguità ideologica spacciata per patriottismo critico o, in antitesi, polemismo costruttivo.
Oliver Stone dispensa critiche all'amministrazione Bush e ai repubblicani in genere (vedi i 40 milioni di dollari spesi per l'insulso accanimento mediatico contro Clinton e i 4 - ! - impegnati per indagare su Al Qaeda, dal momento che sapevano già tutto in partenza...), predicando bene e con passione, ma nella pratica si rende colpevole di opere agghiaccianti e smaccatamente filoamericane.
Non è un caso che anche in patria si siano stupiti di tanta unilateralità e vuoto di tematiche messe in campo e si sia tacciato il film (horribile dictu per uno che ha diretto EL SALVADOR, JFK e COMANDANTE) di patriottismo acritico e di prodotto per famiglie, peraltro fallimentare al botteghino, perché il pubblico politicamente orientato non desidera essere disorientato a ogni nuovo film.
Oliver Stone, al di là della cattiva fama acquisita sui set, soffre indiscutibilmente la profonda scissione di chi ha combattuto in Vietnam e, da reduce molto giovane, non è stato in grado di elaborare una relazione equilibrata con il Flower Power, il Movimento per i Diritti Civili, i Black Panthers (tutti della sua generazione) e, più in generale, le culture giovanili, rock incluso, che avevano intrapreso una lotta sul posto alternativa all'intervento militare, di cui lui era stato strumento.
è scontato che l'intelligenza ribelle sino ad allora repressa sia esplosa alla fine degli ultimi anni Settanta, a guerra conclusa, esprimendosi attraverso un forte risentimento verso gli "hyppie privilegiati" ai quali Stone-ragazzo, senza la chiamata alle armi, si sarebbe certamente unito, se non altro per una certa attestata tendenza all'addiction e per la libertà espressiva che quella appartenenza garantiva.
Stone ha odiato/amato il personaggio di Jim Morrison e ha detestato la scena newyorkese che girava attorno alla Factory warholiana - come è chiaro in THE DOORS - e il suo solo eroe senza macchia è Jfk.

La radicale ambiguità della persona, però, non gli ha impedito di girare anche NIXON ("Even Richard Nixon has got soul", cantava Neil Young) e questo WTC senz'anima e così smattacamente dalla parte di Bush.
 

Voto: 19/30

09:09:2006

 

Tutte le recensioni di Venezia 2006

World Trade Center

USA 2006, durata 125'

Regia: Oliver Stone
Data uscita in Italia: 13:10:2006
Genere: Drammatico