L’intenzione di Jay
Russell quando ha deciso di girare
The water Horse era quella di produrre un buon “prodotto per
famiglie” o un cult del genere fantasy? In entrambi i casi la visione di
questa pellicola delude le attese dello spettatore.
Un prodotto con scene troppo crude per i più piccini, piatto per il pubblico
adulto e scarso per i cultori del genere fantasy.
La trama di The water horse
non è che l’ennesima rilettura delle vicende del mostro di Lochness,
riscritta sulla falsa riga del film
Il labirinto del Fauno, pellicola del 2006 di Guglielmo Del Toro.
Una guerra come sfondo della vicenda (nel film di Del Toro c’erano i soldati
di Franco, in questo gli inglesi che aspettano l’attacco dei tedeschi), un
bambino dall’infanzia solitaria, un padre che non tornerà mai più, un
comandante cattivo e un rapporto fra madre e figlio in pieno declino.
Se ne Il labirinto del Fauno
c’erano almeno il tentativo di portare sul grande schermo una mitologia
diversa da quella ormai classica del Signore degli Anelli, il film di Jay
Russell non punta nemmeno all’originalità.
Pellicole sul mostro di Lochness ce ne sono a bizzeffe, ma si poteva
sicuramente evitare di muovere il film sulla base di una trama scontata, i
cui personaggi stereotipati talvolta non sembrano essere all’altezza del
ruolo che dovrebbero interpretare. Se il piccolo Angus (interpretato da Alex
Etel) e il bravo marinaio Lewis Mowbray (impersonato da Ben Chaplin)
riescono costruire una buona illusione di realtà nei confronti dello
spettatore, il personaggio interpretato da Emily Watson, ovvero la mamma di
Angus, riesce a farla dissolvere nel nulla nel giro di poche scene. Inoltre
risulta poco credibile il suo ruolo di “donna contesa”, vista l’espressione
di rassegnazione passiva nei confronti della vita, che segna il suo volto
lungo tutta la pellicola.
Il film è un enorme flash back raccontato dallo stesso Angus, anni e anni
dopo, a due giovani turisti: un po’ come la ormai vecchia Kim raccontava
alla sua nipotina la storia di Edward nel celeberrimo film di Tim Burton,
Edward Mani di Forbice.
Angus racconta di questo drago marino, creatura realmente appartenente alla
mitologia scozzese, che si dice posso trascinare un uomo in fondo all’oceano
e portarlo dritto alla morte, oppure fargli da destriero e condurre chi lo
cavalca dall’altra parte dell’oceano. I presupposti, se pur non originali,
sono comunque buoni, perché fanno facilmente breccia nel cuore dei più
piccoli. Il draghetto poi non può che conquistare immediatamente il suo
pubblico, sia grandi che piccini, in quanto è un cuccioletto tutto pepe che
ne combina di tutti i colori.. e rutta che è un piacere. Inoltre, gli
effetti speciali con cui è stato realizzato dalla Weta Digital sono davvero
stupefacenti: non esiste un fotogramma in cui Crusoe (è così che viene
“battezzato” il drago marino) non appaia perfettamente reale. Questo è
senz’altro il punto di forza di questa pellicola oltre, naturalmente, agli
spettacolari paesaggi che fanno da sfondo a questa favola fantasy. Visto sul
grande schermo il film infatti dà i brividi. Vedute immense che avvolgono lo
spettatore a 360°, facendogli dimenticare per un momento di essere dentro
una sala di proiezione. E pensare che le riprese del lago di Crusoe non sono
nemmeno state fatte in Scozia: le meravigliose vedute che possiamo ammirare
nel film sono tutti gioielli neozelandesi.
Il realismo dato dai meravigliosi paesaggi e dagli effetti speciali per
rendere “vero” Crusoe hanno fatto calcare un po’ la mano al regista nelle
scene più drammatiche. La sequenza del bombardamento del lago è troppo reale
e troppo cruda per un pubblico di bambini. I piccoli spettatori rischiano di
essere colpiti un po’ troppo emotivamente da questa sequenza “estremamente
reale”: se si sta producendo un film destinato alle famiglie bisogna tenere
conto che i più piccoli sono ipersensibili a qualsiasi maltrattamento subito
dal cucciolo della pellicola (anche se il cucciolo crescendo diventa un
enorme drago marino). Figuriamoci quale può essere la reazione di fronte a
un vero è proprio bombardamento ordinato dai cattivi di turno.
Fortunatamente Cruosoe si salva, i soldati cadono tutti in mare e Angus ha
l’opportunità di raccontare la sua bellissima storia a tutti i turisti
locali.
Un interrogativo rimane comunque in sospeso durante tutto il film: non viene
chiarito se il bambino si sia salvato dal rischio di morire annegato perché
il Drago Marino era davvero una creatura magica, oppure grazie al ricordo
del padre o alla voce di Lewis che lo chiama ripetutamente per farlo
svegliare. Lasciare questo interrogativo aperto equivale a trascurare la
componente fantasy in un film del genere fantasy (ed è infatti quello che
viene fatto in The water horse).
Sul finale la pellicola si riprende: ad accompagnare i titoli di coda c’è
infatti la suadente ballata “Back where you belong” interpretata magica voce
di Sindead O’ Connor.
09:04:2008 |