Sullo sfondo di una Roma scarna e
reale, dove la grande Stazione Termini ci appare come il luogo massimo
dell’indifferenza e della solitudine, i protagonisti di
Vietato Morire, film del
ventiquattrenne romano Teo Takahashi, affrontano l’insormontabile muro
dell’abbandono sociale e della tossicodipendenza. Storie drammatiche che si
incrociano nella cornice della comunità di recupero di Villa Maraini a Roma,
“posto fuori dall’ordinario” - così come lo ha definito in conferenza stampa
lo stesso regista. Gli operatori sociali vegliano sulle singole tragedie con
la speranza di un remoto e spesso inconquistabile futuro di redenzione. In
una inquietante commistione tra realtà e finzione filmica, Takahashi ci
mostra una Roma metropolitana, luogo del “tempo è denaro”, una Roma
indaffarata, grigia, lontanissima dall’immagine di città eterna a cui siamo
abituati. Un paesaggio architettonicamente duro, un luogo di passaggio e di
non-incontro in cui si fa effettiva la sensazione dell’invisibilità; un
paesaggio dominato dall’elemento dello specchio e della vetrata che ci
sembrano, per tutto l’arco del film, reiterazioni metaforiche che
ironicamente esprimono la “non-riflessione sul prossimo”.
Il film, prodotto dal regista insieme a Andrea Pirri Ardizzone e Marcello
Romani, è costato complessivamente 6000 euro e le riprese sono durate circa
un mese e mezzo. Molti ragazzi della comunità hanno collaborato, anche
lavorando nel film – alcuni hanno aiutato con i microfoni e le
strumentazioni-. Altri, come Patrick, hanno interpretato il ruolo di loro
stessi così come gli operatori assistenziali; ed è proprio questa componente
semi-documentaria a rafforzare la tragicità degli eventi. Colpiscono le
parole di Arianna, attrice, ma che in passato ha conosciuto questa realtà:
“Resta sempre aperta, è una ferita che non si chiude, non si chiude in
nessun caso”. Takahashi affronta con verità e realismo il problema della
tossicodipendenza e del recupero degli eroinomani. In un momento in cui
quasi non si parla più della tossicodipendenza legata all’eroina, questa
pellicola ha il pregio di fare focus su una questione nascosta e spinosa
della nostra società. Gli anni più difficili sono stati quelli dal 1992 al
2000 - quando gli operatori assistevano circa 200 eroinomani ogni sera – e
dal 1997 al 2000, in effetti, i sieropositivi e i tossicodipendenti sono
diminuiti sensibilmente, ma il problema esiste ancora.
Prodotto in due versioni: quella integrale di 70 minuti e una versione più
breve di 55 minuti. Nella versione più lunga entra in gioco il personaggio
della mamma di Arianna, la ragazza che muore di overdose, che aiuta Patrick
nel suo percorso, tutt’oggi ancora concluso: Patrick, all’epoca in cui
veniva girato ilo film, era soltanto un utente ambulatoriale, ora, dopo più
di un anno, è nei progetti di Villa Maraini.
Il film si inserisce nel percorso di Distribuzione Indipendente, società
fondata dal nel giugno 2011 da Giovanni Costantino, Alessandra Sciamanna e
Daniele Silipo con l’intento di lanciare una cinematografia altra, creativa
e vitale, attraverso la distribuzione di nuove opere nei circuiti di
distribuzione alternativi. Uscirà nelle sale il 15 febbraio e dal 22
febbraio su own.air. |