L'ULTIMO BACIO
di Gabriele Muccino
con Stefano Accorsi, Giovanna Mezzogiorno e Stefania Sandrelli



Un film corale per narrare il mondo dei sentimenti attraverso tre generazioni. L'ULTIMO BACIO, terza fatica di uno dei più giovani (e secondo molti, promettente) registi italiani, Gabriele Muccino, approda nelle sale nazionali, presentandosi come "la storia di tutte le storie d'amore".
Carlo ed Adriano vorrebbero fuggire dalla routine quotidiana ma Carlo sta per sposarsi con Giulia, e la madre della ragazza vorrebbe ringiovanire e vivere un nuovo amore.
Paolo, col padre morente e una storia d'amore appena naufragata, desidera fuggire via in camper coinvolgendo alcuni amici.
Francesca, diciott'anni, si innamora di Carlo: la voglia di cambiare incombe su tutti i personaggi.
Un cast ben assortito, che vede protagonisti un bravo Stefano Accorsi, una convincente Giovanna Mezzogiorno e un'affascinante Stefania Sandrelli, per una galleria di personaggi inquieti che cercano di sfuggire all'insoddisfazione ed alla noia.
Una ricerca nella sfera dei sentimenti e dei rapporti umani che si allinea con quella tendenza che sembri accomunare molte delle pellicole presenti ora nelle sale italiane. Un'analisi che si propone, però, con un'impronta convincente ed in grado di unire trasversalmente tutte le età.
Ma soprattutto una regia giovane e fresca che testimonia la crescita tecnica del giovane Muccino il quale, dopo l'esordio con ECCO FATTO e il pluripremiato COME TE NESSUNO MAI, torna sugli schermi con la voglia di raccontare una storia, più storie, tante storie per un'unica sinfonia narrativa.
Un ultimo bacio alle speranze che l'amore ci porta a credere vicine, una timida carezza che sfiora il viso di chi vive l'illusione di uno spostamento verso paesaggi immaginari, lontano da un'insoddisfazione latente.
Un abbraccio registico che unisce tre generazioni, tre mondi dove, la paura di divenire adulti od invecchiare soli, serpeggia in una irrequieta corsa contro il tempo.
Un continuo bisogno di amore per amare più se stessi, per esorcizzare le difficoltà della vita di relazione che conduce la volontà ad un bivio: la libertà di sentirsi soli o la volontà di unire due singole solitudini.
Allora il movimento generato dalla ricerca di una propria dimensione si unisce a quel dinamismo registico che Muccino suggerisce con un buon impianto tecnico e narratologico.
Un affresco dipinto con mano leggera ma dal tratto costante che disegna il profilo di una parabola generazionale, dove a farla da protagonista é la paura del tempo e la sensazione di non averlo mai vissuto.

Voto: 27/30

Sara FRONDA
19 - 08 - 01


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