THE BANK
di Robert Connelly
con David Wenham e Anthony LaPaglia



Ottimo thriller d’ambiente bancario, questo primo lungometraggio di Robert Connelly. La storia è lineare e sembra quasi banale, all’inizio: una banca si affida ad un genio matematico creatore di un software rivoluzionario (chiamato BETSY), in grado di prevedere gli andamenti della Borsa. Se lo scopo della Centabank è ovvio - la speculazione senza scrupoli, come ripete l’Amministratore delegato, lo squalo della finanza Simon O’Reilly (un cinico Anthony LaPaglia) - cosa ci faccia una persona pura come Jim Doyle (David Wenham) nello stesso ambiente, lo è un po’ meno - ma diventerà chiaro. Connelly forse prende spunto da una notizia reale,ossia che la maggior parte delle aziende finanziarie statunitensi si affidano ai Guru della Meteorologia nello studio dei flussi borsistici: questi flussi, in effetti, avrebbero un andamento molto simile a quello climatico e capirli significa guadagni certi. Il personaggio di Doyle in pratica applica la matematica dei frattali al gioco della Borsa: cerca l’equazione capace di ricreare virtualmente l’andamento dei flussi reali e in grado di prevedere con largo anticipo una crisi economica mondiale. Se non avete mai sentito parlare di frattali, allora i primi venti minuti sono essenziali non solo per comprendere la dinamica del sistema BETSY, ma anche per leggere nell’ottica delle leggi del Caos tutto il film. Jim Doyle crea BETSY partendo dallo studio delle leggi del Caos, che è riassumibile in quella deliziosa frase della farfalla che sbatte le ali a Bangkok e fa piovere a New York. “Una persona non è statisticabile, cento persone sì”, afferma il protagonista: il Caos ha le sue leggi, e i movimenti di 100 persone sono più prevedibili di quelli del singolo. E questo è in effetti il leit-motive della pellicola: i singoli personaggi non sono prevedibili.  La storia tragica e parallela della coppia sfrattata dalla Centabank sembra quella della farfalla, che con il suo movimento farebbe piovere dall’altra parte del mondo, ma è solo un apparenza. Quello della coppia è solo uno dei microeventi che, alla fine del film, tutti sommati, permettono la realizzazione del macroevento conclusivo, che non sveleremo perché la sorpresa c’è. Ciascun evento preso singolarmente non conta, come non è statisticabile il movimento del singolo. Quel che è certo è che si assiste alla nascita del Kaiser Soze delle mondo bancario, dell’essere di cui gli amministratori delegati parleranno ai propri figli come del babau. E, in effetti, proprio come in un soffio, Doyle sparisce per sempre. Ottima la fotografia di Milani, brillanti i dialoghi, bravi tutti gli attori, originale la storia: è d’obbligo allora sorvolare su almeno una svista (è così facile entrare armati nella casa di uno degli uomini più potenti d’Australia se non del mondo?) e lasciarsi trasportare da una storia che sicuramente non vi farà amare le banche. Connelly, questo è certo, ne farebbe volentieri a meno.

Voto: 28/30

Matteo FERUGLIO
19 - 02 - 02


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