THE BELIEVER
di Henry Bean
con Ryan Gosling



Vincitore del Sundance e presentato al Noir Film Festival, THE BELIEVER è un film di fronte al quale è difficile rimanere indifferenti. Non tanto perché la vicenda solleva importanti questioni come l'intolleranza, la fede, l'antisemitismo, alternando scene di violenza con dissertazioni sull'idea di dio e sulle norme religiose, ma quanto perché la sua ibrida e talvolta informe natura colpisce l'occhio e il cervello cercando di rimanervi aggrappato.
Il giovane ebreo di New York Danny Balint (Ryan Gosling) rifiuta le sue origini e si arruola in un gruppo di nazi skin con l'obbiettivo di "uccidere qualche ebreo". La conoscenza delle regole religiose (vediamo in alcuni flash back, Danny da bambino in una scuola ebrea) e del Thora lo porta a distinguersi tra i suoi compagni. Il protagonista inizia così una scalata tra le file dei leader dell'estrema destra newyorkese. La sua gola sputa odio ed antisemitismo senza riserve e cerca, allo stesso tempo, di far luce sulle ragioni per cui un uomo possa scegliere la strada dell'intolleranza. "Perché si odiano gli ebrei? Semplicemente perché esistono! Perché sono ebrei!" ripete più volte Danny. E' questa la rabbia che guida quotidianamente il suo percorso di violenza. Proprio in tale sconcertante infondatezza possiamo rintracciare una pista per avvicinarci ad un personaggio così ambiguo. Divisa in due emisferi inconciliabili, la personalità del giovane nazista è votata fin dall'inizio ad un destino di autodistruzione insinuando così, nello spettatore, il sospetto che tale dualità possa avere radici psicologiche piuttosto che sociali o storiche. Danny malmena e molesta gli ebrei in maniera assolutamente cosciente (e ciò lo differenzia dai suoi compagni naziskin, che vengono rappresentati come meri recipienti colmi d'odio perché assolutamente vuoti di qualsiasi cultura o ideale). Picchia perché vuole provocare, studiare, assorbire le reazioni (sempre non violente) delle vittime. Danny usa la violenza come personale strumento di conoscenza, per tentare di carpire la sua vera natura e le ragioni che lo rendono così diverso dagli altri ebrei. Tentativi che di consueto lo lasciano irrimediabilmente deluso ed irrisolto. Ancor prima che razzista e antisemita, dunque, Danny ci appare come uno schizofrenico, un dissociato alla ricerca di un posto dove vivere ("Tu preghi dove non devi pregare!" dice un'amica d'infanzia a Danny) e soprattutto di un dio da venerare. Danny, con le sue scelte, percorre una personale e compulsiva ricerca di fede (il titolo del film ne è un concreto segnale), della quale si sente drammaticamente sprovvisto. "Uccidi il tuo nemico!" afferma Danny, ed il regista sceglie, una volta per tutte, di mostrarci il volto del nemico in una sequenza in cui viene ricostruito il racconto di un infanticidio commesso da una guardia nazista. Nella scena Danny si immagina vestire i panni dell'omicida e contemporaneamente del padre della piccola vittima, e lottare con se stesso in un estenuante corpo a corpo. Metaforicamente, ed in modo abbastanza retorico, la scena vuole esplicitare la battaglia interna che il ragazzo ha dovuto sempre sostenere con la sua psiche e con la realtà da lui vissuta. Ed è qui che forse risiede la debolezza del film. Da dove provenga e dove sia maturata la conflittuale personalità di Danny, questo non ci è dato di sapere. Alberga forse nelle dottrine religiose imposte al ragazzo da bambino, o forse nel profetico nomadismo che l'ebreo porta sempre con sé? Difficile capire se questa è una strada battuta coscientemente dal regista o se sia il frutto di una sceneggiatura (che Bean ha scritto insieme a Mark Jacobson) talvolta confusa e lacunosa. La pellicola vive nel volto teso ad asciutto del bravissimo Ryan Gosling (già visto nelle serie tv Young Hercules e Breaker High) che riesce a rendere assolutamente credibile l'ancestrale conflitto psicologico che colpisce Danny. Grazie alla sua carica interpretativa Gosling trasporta il personaggio fuori dai binari che uno script forse difettoso gli avrebbe affidato e, piuttosto che un antisemita convinto, si può guardare così il personaggio come una sorta di Hannibal The Cannibal perso nell'accecante luce di dio.

Voto: 23/30

Paolo FAZZINI
11 - 02 - 02


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