LA TEMPESTA PERFETTA
di Wolfgang Petersen
con George Clooney, Marc Wahlberg, Diane Lane



Proviamo a raccontarvela in maniera diversa: la cinepresa che indugia sul dettaglio di una chiave inglese impegnata a fissare il pannello alla parete della plancia di comando, invasa dalle acque; le lunghe scene di salvataggio di un equipaggio in barca a vela, con i particolari dei "cesti" appesi all'elicottero mediante cavi e delle difficoltà di quest'ultimo nel portare a compimento un rifornimento in volo (lunghi minuti del film); la cura nel mostrarci le tecniche di pesca e di stoccaggio del pesce catturato (pescespada); l'attenzione posta nel mostrare il lavoro di previsione metereologica in una sede televisiva, scrupolosamente documentato dalla computer graphic. Tutto ciò si spiega ( e spiega il senso della pellicola ) in due modi: o è un omaggio esplicito alle categorie professionali coinvolte negli eventi che seguirono all'uragano Grace ( 1991 ), segnatamente vicino alla costa Orientale degli Stati Uniti (Gloucester, Massachussets, vicino a Boston) e nei pressi di Sable Island, ove osò avventurarsi la barca "protagonista" della storia (l'ANDREA GAIL) - e tra queste categorie, ovviamente, spicca la Guardia Costiera, per abnegazione e spirito di sacrificio ai limiti del martirio; oppure, come spesso accade nei blockbuster catastrofici americani, si tratta di quella "indispensabile" componente tecnica, iperdescrittiva, se non ridondante, che (vedasi TWISTER, DANTE'S PEAK o VULCANO, solo per citare gli esempi più recenti) serve, almeno apparentemente, a riempire il vuoto narrativo su cui vanno costruendosi (?) tali opere. Ovvero: non ho niente da dire, tanto vale che vi informi sull'incredibile livello raggiunto in questo o quest'altro campo dalla ricerca tecnologica a stelle e strisce (personalmente, di TWISTER ricordo l'idea delle "palline sensibili" ai tornado; di DANTE'S PEAK certe elaborazioni grafiche computerizzate per la previsione dell'eruzione). Propenderei per la prima ipotesi, dato che, tutto sommato, qui siamo al livello di tecnologie più "primitive".
Sta di fatto che il film è "invisibile": nel senso che non è rintracciabile una struttura, un corpo, ma solo brandelli "slacciati" fra loro e visivamente poveri, poiché la tempesta disegnata col mouse è assai monotona. Forse dipenderà dalla scelta, poco felice, di non alternare scene spettacolari e pause sentite come necessarie, bensì di ammorbarci con tonnellate di grigio cupo alto quaranta metri (una sequenza di onde anomale che sembra essere sfuggita all'hard disk di chi le ha costruite a tavolino), al punto che un paio di volte dubitiamo dell'aderenza agli eventi realmente accaduti. Già meglio dove rintracciamo frattaglie d'azione vera (i già citati salvataggi "via" elicottero). Peccato che la durata di tali sequenze, come anticipato, ci conduca sul piano inclinato della noia e faccia annegare la compattezza della "storia" principale (le disavventure di Wahlberg, Clooney e soci). Se non è per il motivo cui accennavo, perché mai mettersi a seguire le peripezie dei tre naufraghi "esterni" al racconto (attenzione: una di loro è la rediviva Jessica Harper, vista in SUSPIRIA di Dario Argento, 1977) e degli intrepidi piloti? In tutti i casi, lo spettatore si perde e, di lì a poco, affonda.
Clooney è staticamente umido e abusa della mascella inflessibile anche quando il viso di chiunque si piegherebbe nell'angoscia: lui, invece, va incontro alla battuta di pesca, allo scontro coi suoi colleghi (è reo di poco dialogo con gli stessi) e alla morte con lo stesso ghigno sardonico.
Ma va incontro anche ad un altro tipo di "battuta": soccombente, all'amico che filosofeggia chiedendogli " Ma, capitano, cos'altro possiamo fare?" (mentre imbarcazione/onde/fulmini e imprecazioni dello spettatore se lo portano a fondo), risponde ironico " Molto poco, e comunque non te lo insegnano!". E bravo! Prima ignora i bollettini meteo come un qualunque debuttante, poi se la prende con l'Università dell'Arte Pescatoria perché lo ha cacciato in quel pasticcio… Ma questo è nulla, poiché, un attimo dopo, spinge l'amico ad uscire da un pertugio che chiedeva solo di essere attraversato (magari un po' prima), mentre lui, da bravo capitano, s'inabissa serafico come uno stoccafisso, esibendo un minutino di apnea che solo a Hollywood…Della serie: salvati tu, che a me viene da ridere. Beh, l'apoteosi è il buon Wahlberg (BOOGIE NIGHTS, THREE KINGS) appena uscito dal boccaporto. Emerge e subito maledice Clooney per l'ottimismo privo di fondamento, non prima di aver così "poetato", rivolto alla neo-vedova Diane Lane: "Tesoro, ci siamo solo noi due, c'è solo amore. E' tutto amore…". Sbagliato: è tutta acqua.
Gli eventi reali si sono sicuramente svolti con l'asciuttezza tipica che hanno le tragedie nella loro versione pre-cinematografica: ecco, quindi, che anche come "omaggio" il film è un fallimento. Non riesco a immaginare un tizio che tenta di saldare due parti metalliche della barca, attaccato ad una specie di albero secondario che lo sballotta in orizzontale e in verticale, riuscendo a maneggiare la fiamma ossidrica tra un'escursione sott'acqua e l'altra…

Voto: 20/30

Gabriele FRANCIONI
17 - 08 - 01


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