Stella ha 11 anni, i suoi
gestiscono un bar nel 13mo arrondissement, sono un po' rozzi. La mamma
Karole Rocher usa troppo il colore rosso e comanda papà Benjamin Bioley, che
è un po' bugiardo e un po' donnaiolo, e i due nemmeno si sopportano più
troppo. I clienti del bar giocano a carte, ballano fino a tardi, bevono e si
strusciano. Stella dice parolacce, la mamma pure. La nonna è stramba, non
porta le mutande e ruba i soldi dalla cassa, con grande disappunto di mammà.
Stella sa già "come si scopa" e che gli avventori del bar dove vive
moriranno di cirrosi, se gli va bene. Uno è Guillaume Depardieu/Alain
Bernard, bello e dannato, il suo secondo papà, di cui è un po' innamorata.
Stella si addormenta tardi perchè nel bar c'è baccano, non è un asso in
grammatica ma sa tutto di flipper, fucili e bari. Però gli è stata data
l'opportunità di andare a studiare in un liceo della Parigi bene, lei che è
troppo cittadina per essere provinciale e troppo provinciale per essere
considerata dalle compagne del "genere protetto", quelle che vanno a letto
alle otto e mezza e non hanno il permesso di guardare la tv, e sono bionde e
profumate da far schifo.
Stella non è interessata a nulla, ed è attenta a non scambiare chiacchiere
con nessuno, specie con quelle che le fanno notare che il colletto di lapin
della sua giacchetta a scacchi fa schifo. Però per sbaglio la rossa Gladys,
la secchiona, le rivolge la parola, perchè la scambia per quella Natalie
"carina, che sa fare la ruota". Gladys è ebrea, argentina, figlia di
intellettuali scampati al regime militare, pure un po' chiatta e secchiona.
E le insegna a leggere Cocteau e altro, e si affeziona a lei, e la difende
durante i consigli di classe. Così, tra una perplessità e l'altra, tra la
fatica di portarsi addosso tutti i propri amorfi 11 anni, Stella cresce,
impara, qualcosa, non troppo, che magari quell'opportunità snobbata potrebbe
essere reale, e nel frattempo ha pure il tempo di spaccare la testa sul
termosifone a una compagna di classe perchè non è che poi si possa cambiare
in un minuto.
Splendidamente girato, nonostante - a quanto ho letto - il basso budget a
disposizione della regista al suo terzo lungometraggio, con una fotografia
sempre impeccabile nel restituire le atmosfere, che oggi fanno tanto
freak, della Parigi del '77, Stella è un delicato, straordinario
racconto di formazione, e magari sono i francesi che sono più bravi a
maneggiare a delicata materia dell'adolescenza, da Truffaut in poi. Com'è
che noi ci fermiamo solo tre metri sopra il cielo, invece di andare un po'
più in là? Tra le violenze, le sconfitte, le tenerezze, la regista sa
miracolosamente ricreare quel sapore accennato di primo amore struggente,
devastante, malinconico romantico, onnipervasivo, che se avete trentatrè
anni come me sapete di non provare più da vent'anni almeno. Quello da vuoto
allo stomaco di una discesa ripida in bici. Andatelo a vedere, poi ditemi se
"Ti amo" di Umberto Tozzi non ci sta, proprio a pennello. E chi l'avrebbe
mai detto?
Guillaume Depardieu, alla sua - credo - ultima prova. Magnifico, dolente,
quasi in dissolvenza, come nella vita, forse.
Straordinaria la piccola protagonista Leora Barbara, a suo agio con una
disinvoltura da far invidia.
Un incanto di film. Non avessi visto
Racconto di Natale, sarebe il mio preferito.
“Vietato ai minori di 14 anni” dalla terza sessione della patria Commissione
per la Censura (composta da «esperti di cultura cinematografica» nominati
dal Ministero dei beni culturali). Se avete meno di 14 anni avete senza
dubbio di meglio, e meno pericoloso, da vedere.
17:12:2008
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