SPIDER-MAN
di Sam Raimi
con Tobey Maguire e Kirsten Dunst



Ne hanno parlato tutti benissimo e lo faremo anche noi, ma evitiamo da subito l'equivoco di prendere SPIDER-MAN per un capolavoro della storia del cinema. Cerchiamo invece di capire quali siano le qualità che fanno del film di Raimi un ottimo prodotto di consumo - una sorta di "bene di prima necessità cinematografica" per il pubblico di tutto il mondo - capace di raggiungere appieno gli scopi per cui è stato realizzato.
Si comincia ovviamente dal racconto di un supereroe contro le forze del male: superpoteri per la sicurezza di una città minacciata. In sintesi, lo spunto classico in storie come questa: anche il commissario Gordon, quando si trova alle corde, usa il telefono rosso o il bat-segnale. Ma a differenza di Batman - e pare che anche a questo aspetto si debba il grande successo del fumetto d'origine (e conseguentemente della pellicola) - la presenza dell'uomo-ragno nel contesto urbano è decisamente più discreta e marcatamente umana. Peter Parker (davvero indovinata la scelta di Maguire) è un timido e non ha successo con le donne, veste piuttosto male e in molte delle cose che fa è impacciato. Con un termine di tanto cinema USA: un nerd (che però, secondo tradizione, avrà però la sua rivincita). Ancor prima che un "mandato", il suo è una specie di accelerato percorso di formazione, segnato da un evento senz'altro fuori dal comune.
Per funzionare, un titolo come SPIDER-MAN deve possedere ritmo, humour (la decadenza di Stallone/Schwarzenegger vecchio stampo ha insegnato molto) e un ricorso tutt'altro che timido agli effetti speciali. Tutti elementi presenti e solidi, al pari di una colonna sonora (opera del solito Danny Elfman, già firma proprio del BATMAN di Burton) certamente funzionale. Ma a fare di SPIDER-MAN un film cool, al passo coi tempi, è l'attenzione ad una serie di elementi paralleli, la cui presenza permette qualche livello di lettura in più e svincola il racconto dal proprio - e obbligato - scheletro narrativo, cui facevamo cenno.
La più chiara tra queste chiavi secondarie è costituita dal versante "rosa": è da lì che viene la spinta iniziale ed è attorno a Mary Jane che tutto il resto - compresa la possibilità stessa di un secondo episodio - si regge. SPIDER-MAN potrebbe essere letto, senza problemi, anche come una storia d'amore. E' essenziale però anche la riflessione sul concetto di potere. Averlo - viene detto più volte - implica precise responsabilità. Ma non c'è solo quello dell'Uomo-Ragno, la cui sorte si trasforma forzatamente in missione. Anche la stampa ha le sue colpe, perché una prima pagina può cambiare la reputazione di chiunque, e non pochi torti sembrano essere pure dalla parte della scienza: sia Spider-man che Goblin, a ben guardare, sono due figli degenere dell'ingegneria genetica (l'aggiornamento dello spunto antiatomico del fumetto originale è un altro punto a favore del film di Raimi).
Prima di chiudere non può essere tralasciato nemmeno un discorso sull'ambientazione del film. Tutto si svolge a New York, contesto in cui la presenza di strani velivoli e uomini appesi a ragnatele non sembra stonare più di tanto: un posto i cui cittadini non paiono poi troppo sorpresi dalla presenza di simili personaggi. Se ciò si deve oggettivamente al piglio fumettistico che si è voluto mantenere nella trasposizione cinematografica, rimane forte il riferimento extra-filmico più invadente di sempre: molto si è detto infatti a proposito della cancellazione del trailer con le Twin Towers. Ma più che discutere sull'opportunità - ovviamente morale prima che pratica - di tale rimozione, la memoria dell'11 settembre e la manifestazione di impotenza di chi avrebbe dovuto precorrere gli eventi, fanno sembrare singolarmente più concreto lo spirito di una vicenda in cui un supereroe deve intervenire dove non possono né gli uomini né le istituzioni.

Voto: 30/30

Andrea DE CANDIDO
07 - 06 - 02


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