un segreto tra di noi

di Dennis Lee

  Con Carrie-Anne Mos, Emily Watson

Altri interpreti: Julia Roberts, Willem Dafoe

di Ilaria ABATE

 

20/30

 

Come ci si aspetta dal compito di un alunno diligente, in questo dramma familiare semi autobiografico che rappresenta il suo debutto alla regia, Dannis Lee mette a punto tutti quei procedimenti stilistici e narrativi che rendono un film lineare e chiaro sia agli occhi degli spettatori più attenti che di quelli più distratti. Fin dalle scene iniziali, infatti, sono messi subito in campo con insistenza due elementi centrali e ricorrenti che potremmo individuare come chiavi interpretative importanti in quanto rivestono un ruolo simbolico alquanto rilevante: la rappresentazione del tempo e dei suoi numeri uguali, che tornerà come tipico elemento di “semina e raccolta” nel secondo atto e la scelta delle molteplici inquadrature dall’alto. La macchina da presa onnisciente schiaccia le figure sul loro sfondo e nella loro psiche, così da renderle fragili di fronte all’immensità dello spazio e ai colori dei paesaggi. Ecco il perché di quella lunga panoramica di presentazione che ci immerge in una cittadina del Midwest e con la duplice funzione di collocarci in un luogo preciso di ambientazione della vicenda - il luogo in cui generalmente si suole far vivere la stereotipata famiglia americana perfetta - oltre che di far coincidere il nostro punto di focalizzazione con quello di Michael Taylor (Ryan Reynolds), giovane scrittore di successo, di ritorno a casa da New York per festeggiare sua madre Lisa (Julia Roberts) che ha finalmente deciso di tornare a dedicarsi a se stessa e prendere il diploma e che invece si trova ad affrontare i preparativi per il suo funerale.
Una morte improvvisa in un incidente poco probabile diviene dunque la molla dell’azione che attua quel meccanismo di “rivelazione della verità” su cui si snoda tutto il film, meccanismo che mostra quanto di perfetto questa famiglia non avesse decisamente nulla.
L’arrivo del Michael “grande” in quella che, come tiene a sottolineare alla sua cuginetta Leslie, è la sua casa, diviene quindi un viaggio introspettivo e un percorso iniziatico indissolubilmente legato alla necessità di rielaborare il suo complesso rapporto con il padre-padrone Charles, interpretato alla perfezione da Willem Dafoe nel suo già sperimentato ruolo di “cattivo ma buono” (si pensi al personaggio di Green Goblin/Norman Osborn in Spiderman). L’adesso e il prima sono messi a confronto costantemente: il presente della morte di una madre a cui il ragazzo voleva una “montagna di bene” e la rivelazione di una sua nuova identità di donna, il presente delle difficoltà con sua moglie Kelly (Carrie-Anne Moss) e il presente di una zia Jane matura (Emily Watson) viene fatto combaciare con il passato dei ricordi e viene fatto quindi incastrare in maniera strategica ma spesso scontata, attraverso un gioco di slittamenti sul piano visivo e uditivo, facendo corrispondere il personaggio dell’isolato Christopher (Chase Eleison) che si sente responsabile dell’incidente fatale e colpevole della morte della zia, ad una sorta di alter-ego di Michael “piccolo”, come è evidente dalla banalissima scelta di ricollocarlo sul ciglio della strada con la sua decisione di scappare via e la corsa nel campo di grano.
Fireflies in the garden diviene dunque il titolo di questo film, oltre che del romanzo che Michael ha appena concluso di scrivere e che deciderà di non dare alle stampe per non denunciare la verità sul suo autorevole padre, professore universitario titolare di cattedra, ed è ancora il titolo di una terza opera nell’opera, una poesia di un autore di cui Michael si appropria e rende sua, causando l’ira di Charles nell’indefinita e fastidiosa scena della punizione nel garage. Questa sorta di meccanismo autoriflessivo emerge chiaramente anche da quella che è la creazione reale del film: come dichiara lo stesso Lee i due motivi di ispirazione per la stesura della toccante sceneggiatura sono stati la visione di Conta su di me e la morte di sua madre, perciò appare naturale collegare la vita dell’autore a quella del suo personaggio, che a sua volta interpreta un altro personaggio e che si trova poi incastrato nelle sue stesse maglie senza riuscire a emergere davvero nonostante l’ottima interpretazione dell’attore protagonista, solitamente conosciuto per ruoli comici.
Un incastro nell’altro sì, ma nel risultato complessivo di questa ricetta di buoni elementi non scaturisce alcun piatto prelibato dal momento che non tutti i pezzi del puzzle tornano al loro posto, soprattutto se si pensa alla scelta conclusiva che non viene minimamente giustificata se non dal banale e commovente filmino di famiglia o dalla logica spicciola di quel noto proverbio che recita “i panni sporchi si lavano in famiglia”.
 

30:10:2008

Fireflies in the Garden

Regia Dennis Lee
Stati Uniti 2008, 103'
DUI: 26 settembre 2008
Medusa

Drammatico