ROMEO DEVE MORIRE
di Andrzej Bartkowiak
con Jet Li



ROMEO DEVE MORIRE mostra, fin dalle sequenze iniziali, i "lati" principali di una complessa figura geometrica che coglieremo solo alla fine: essa prende forma dalla neo-blaxploitation, legata all'universo dei rappers e delle bande giovanili, oltre che dalla cultura legata alle arti marziali d'Oriente, quali il kung fu e il wu shu, di cui è campione il protagonista del film (Jet Li).
L'inattingibile rigore di una violenza calibrata e "zen", cui ricorrere per sanare contese o riparare ingiustizie, contrapposto alla deregolamentazione dei fratelli neri. Una limousine nera attraversa le strade di Oakland mentre scorrono i titoli di testa: passa i quartieri poveri e si ferma davanti ad un locale esclusivo gestito da gangster di colore. All'interno ha luogo un alterco tra il proprietario ed un cliente (orientale), del quale non è gradita la presenza. Subito capiamo chi saranno i protagonisti della contesa e che il film metterà in atto una contrapposizione di contenuti e visiva. Se ROMEO + JULIET di Baz Luhrman (1996) è da considerare il capostipite dei crossover sia testuali che musicali, questo film ipercinetico di Bartkowiak è il primo che conduce l'esperimento ai limiti: continuare a catena la teoria degli innesti. E ci riesce particolarmente bene, tanto che, al posto di "cinema di genere" (da cui tutto ciò proviene), useremo il "cinema dei generi" più adatto al caso.
Vuol dire che il postmoderno non è ancora finito e, anzi, si va di citazione in citazione, di clonazione in clonazione senza che le mani tremino ai registi in questione. Si parla di organizzazioni criminali di ceppo etnico diverso, ma entrambe vicine all'abbandono di qualsivoglia etica (anche interna al gruppo): fatta eccezione per l'eroe fuori dal tempo, che deve anche regolare alcuni conti in famiglia col padre (il boss di questa china-gang), colpevole indirettamente - almeno così pare… - della morte dell'altro figlio. La realtà, sia chiaro, sta da tutt'altra parte, ma prima di venirne a capo, Jet Li scoprirà le delizie dell'amore interrazziale (siamo dalle parti del testo shakespeariano). Tutti s'affannano per piacere al capitale in mano ai bianchi, in una faccenda immobiliare che chiede il sacrificio dei tuoi stessi fratelli e un grande dispendio di energie fisiche impiegate in battaglia (nonché armi d'ultima generazione).
Vi attendono sorprese verso la fine….. La sorpresa più gradita è l'aria stilisticamente tersa che si respira: intendiamoci, non nel senso di un andamento lento o di azione ai bassi regimi! Piuttosto in quello di frequenti oasi temporali "manniane", che altrove (cinema hongkonghese d'azione) sono diventate un must imprescindibile. Quando s'indugia nella descrizione dettagliata dei simboli e dei luoghi del potere (la limousine dell'inizio; l'appartamento del fratello assassinato; ancora, l' auto di questo, quasi una reliquia che parla), viene in mente, è chiaro, il John Woo "fase 1" (KILLER, HARD BOILED), ma anche certi tempi ancor più "rappresi", contratti che abbiamo conosciuto nel cinema di Johnny To (THE MISSION).
Molto belle proprio le riprese d'interni, che indugiano sui dettagli virati verso tonalità "ghiacciate" e spente. Nel complesso, a parte il continuo e non spiacevole virtuosismo delle scene in movimento, un ottimo film .

Voto:27/30

Gabriele FRANCIONI
17 - 08 - 01


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