LA REPETITION
di Catherine Corsini
con Emanuelle Béart e P. Bussières



Il titolo di quets'opera della giovane Corsini, presentata a Cannes nel 2001 e arrivata con ritardo nelle nostre sale, gioca sulla ambiguità di un termine che rimanda contemporaneamente alla recitazione, intesa come attività artistica e/o professionale, ed all’idea esistenzialista di un limite che vincola, nella vita reale e nei rapporti con gli altri, alla interpretazione di un ruolo confusamente sospeso tra autenticità e maschera, all’interno del quale è difficile divincolarsi preservando le coordinate d’equilibrio dagli assalti impietosi del desiderio e della passione. La passione per il teatro, la recitazione sul palcoscenico, accomuna le protagoniste della storia fin dalla loro infanzia e mentre diventa carriera per una di esse rimane soltanto sogno inesaudito per l’altra, ripiegata in una attività assai meno creativa come la costruzione di protesi dentarie al fianco del marito odontoiatra. Ma l’altra passione, quella più urgente e minacciosa, quella che ardendo divora le esili giunture che strutturano la razionalità dei rapporti di amicizia e dei legami familiari, è quella dell’eros, inteso non solo nel limite di una attrazione fisica, ma come esperienza mentale e spirituale e carnale insieme; una passione che si insinua negli interstizi più protetti del rapporto tra le due amiche di infanzia ed espandendosi demolisce la serenità della loro amicizia facendo esplodere incontrollabili alchimie di gelosia e rancore. Cavalcando l’irruenza di questo amore saffico Louise diventa vittima della sua ossessione, incapace di resistere alla claustrofobica dipendenza per gli sguardi di Nathalie, per le sue attenzioni, per le sue tenerezze di cui pretende l’esclusiva a costo di tagliarsi le vene dei polsi e serbare per anni il livore di un sentimento offeso. L’invadente legame imprigiona l’amante all’amata e la porta a rinnegare il calore di un matrimonio felice, ad intromettersi fastidiosamente nella sua vita sentimentale e professionale, fino a rifiutare di concederla al contatto con terze persone persino quando questi sono cortesi visitatori di una donna sofferente immobilizzata sul letto da una peritonite operata d’urgenza. La perversione sottile di questo sentimento impulsivo, al di là delle sue conseguenze tragiche, sta nel viaggiare sulla linea di un confine sfumato tra il trasporto mistico e, più prosaicamente, un ossessivo e invidioso desiderio d’emulazione, una più o meno inconscia pulsione a saccheggiare la felice sorte di Nathalie partecipando, da parassita, alla sua carriera, pretendendo di riservarsi la gestione del suo generoso e sensuale corpo, risucchiando la potenza creativa e rigogliosa della sua carica erotica
.Esplorando i risvolti di una storia di omossessulità tra donne, tema che in molteplici varianti sembra negli ultimi tempi affascinare i cineasti  ed affollare le sale cinematografiche, LA REPETITION  cerca di scandagliare un volto opaco dell’universo sentimentale non soltanto femminile, e sebbene non riesca a approfondire in modo originale ed esclusivo la drammaticità di un tema così impegnativo, il film si offre come un riuscito saggio di stile narrativo cinematografico. La Corsini lavora con un montaggio discreto che avvicenda sequenze brevi e narrativamente efficaci costruendo un crescendo drammatico razionale e contenuto nei toni, freddo ma delicatamente incisivo, che non deborda negli eccessi di una drammaticità teatrale, benchè cinema e teatro si compenetrino nel racconto, e all’interno di questa architettura sobria e ben equilibrata lavora con spontaneità ed effetto il talento recitativo delle due protagoniste. Uno stile che taduce in termini cinematografici l’insegnamento del regista all’attrice Nathalie in una scena del film che suona più o meno in questi termini: “devi semplicemente recitare il testo, il resto lo farà la tua presenza scenica”. La prestazione attoriale e la solidità di una sceneggiatura che affida il racconto allo sviluppo delle scene più che ad un testo disseminato di diascalie, sono contornati da una certa sensibilità di tocco nella cura dell’immagine, che privilegia soluzioni non di grande  impatto, ma armonicamente allineate alla raffinata semplicità dell’impostazione stilistica.

Splendide le geometrie scenografiche delle rappresentazioni teatrali e splendida come sempre, nonostante la onestà di un volto almeno apparentemente privo di trucco, la Béart.

Voto: 26/30

Mirco GALIE'
13 - 06 - 02


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