Cantando dietro i paraventi
di Ermanno Olmi
Con: Jun Ichikawa, Bud Spencer

di Lucia LOMBARDI


La nuova fatica di Ermanno Olmi, appare come un metalinguaggio, una metafora della vita, della guerra, scoccata da tempi lunghi, i tempi di chi pensa, di chi ha ruoli decisionali. La vita vissuta come in un teatro, come raccontata da altri, recitata. Il teatro nel cinema, il cinema nel teatro ed entrambi solcati dalla vita, che viene raccontata attraverso una “favola” antica. La pellicola, è una allegoria dei tempi di pace, perché quando la guerra imperversa, non si ha tempo di dedicare la mente ad occupazioni salvifiche, intellettuali, quali il teatro, la poesia, la meditazione, il canto. Il tema della guerra ritorna in Olmi che dopo il Mestiere delle armi (in questi giorni ha inaugurato, mostra dei costumi di scena, al Poldi Pezzoli Milano), torna a mettere in luce i comportamenti umani, come nei momenti decisivi della battaglia, in cui la fierezza, l’umanità, e la cavalleria d’animo, dovrebbero sgorgare. Un giovane studente di oggi, invece di entrare in una sala conferenze, per errore entra in un teatrino, ove vengono narrate le vicende dei pirati, in particolare della mitica eroina cinese: La vedova Ching. Una donna a cui tra fine settecento ed inizi del secolo successivo, uccidono vilmente il marito, ammiraglio di una flotta corsara, di cui lei coraggiosamente prenderà il comando, ella non si abbasserà ai voleri dell’imperatore e degli avidi azionisti, a cui i pirati facevano capo. Sino a che colpa e perdono si intersecano per dare nuova luce ai fatti. Olmi con questo film, si prefigge, di narrare una favola saggia, in quanto è attraverso la tradizione orale, che le culture millenarie, quale quella cinese, impartiscono sapere, e alla quale è doveroso far capo per comprendere anticipatamente e al meglio l’oggi, evitando errori clamorosi, che la storia nel suo ripetersi ci insegna. Una rilettura sempre originale e personale, attua Olmi nei confronti della storia, filtrata attraverso la sua personale sensibilità, evitando pedisseque ricerche filologiche, che talvolta rischiano di annientare il senso del discorso, della narrazione, che qui, diviene tramite di un messaggio: il film stesso. Olmi ha fiducia nella sensibilità femminile, nell’umanità che il sesso debole nei momenti difficili della vita manifesta ed utilizza per far capo alle avversità. E’ così, che questa favola antica, giunge a noi, come una leggenda attualizzata, più che mai utile, in tempi “bui”, in cui pare che gli uomini non siano più in grado di comunicare tra loro. Questo, cinema, trasporta in altre dimensioni temporali, facendo sognare, fantasticare attraverso, la favola, il racconto storico, che non è documentario, ma evocazione, espressione di un messaggio plurimo, in cui i cieli foschi, che preludono la tempesta, sono forieri di accadimenti apparentemente funesti. E’ grazie al perdono, di fronte al personale errare, alla possibile perdita della vita, della libertà, che si comprendono i grandi valori, su cui gli antichi ci portano a meditare. E’ la comprensione di una antica “parabola”, iscritta su leggiadri e policromi aquiloni, che rivela alla vedova Ching (Jun Ichikawa), il suo destino. Dopo una lunga notte trascorsa nell’attesa della fine, il nuovo imperatore (perché nel nuovo non si ripetano i vecchi errori, monito alle nuove generazioni!), strabilia tutti, non applicando la legge millenaria che tracima dai polverosi codici, quanto piuttosto, attuando una nuova via, nelle pratiche della giustizia, quella della comprensione, del perdono.
 

Sito ufficiale
 

Voto: 30/30

26.11.2003

 


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