MY LITTLE EYE
di Marc Evans
 
Con: Jennifer Sky, Bradley Cooper


"Il Grande Fratello", che già da diversi anni imperversa sulle tivù di mezzo mondo, sembra essere ormai diventato un fenomeno con cui fare i conti anche al cinema: dopo Contenders-Serie 7, nel quale Daniel Minahan ne aveva immaginato una versione estrema ispirata al ben più valido film giapponese Battle Royale, e in attesa dell'imminente The real Cancun, che si preannuncia come la prima versione cinematografica ufficiale del discutibile format, è ora la volta di My little eye, produzione in maggioranza inglese diretta, guarda caso, da un regista di provenienza televisiva.

A cinque persone, selezionate tra coloro che hanno risposto ad un annuncio in rete, viene offerto nientemeno che un milione di dollari per partecipare ad un reality-show che prevede il loro soggiorno per sei mesi consecutivi in una dimora isolata, piena zeppa di telecamere che li spieranno in ogni momento; dovranno però rinunciare all'intero compenso se anche uno solo dovesse abbandonare prima del tempo. Chi si aspetta uno sviluppo alla The experiment coi protagonisti già pronti a scannarsi dopo pochi giorni, magari per futili motivi, resterà senz'altro deluso: la narrazione ha infatti inizio durante gli ultimi giorni di permanenza nella casa, e vede i cinque giovani che hanno preso parte allo spettacolo (due donne e tre uomini) incredibilmente ancora in buoni rapporti, anche se apparentemente tutt'altro che affiatati; proprio alla fine dell'avventura hanno però inizio i primi grossi problemi, tutti a prima vista derivanti da un fattore esterno e chiaramente mirati a minare la solidità del gruppo: strani rumori vengono uditi la notte, uno sconosciuto sembra aggirarsi all'esterno con intenzioni minacciose, gli antichi e paurosi segreti di alcuni partecipanti vengono riportati a galla dalla mano di qualcuno che dimostra stranamente di esserne al corrente, le casse di rifornimenti che vengono periodicamente recapitate iniziano a non contenere più cibo e generi di conforto, bensì cose inutili, come mattoni e polistirolo, quando non addirittura oggetti inquietanti, tipo una pistola con cinque proiettili. Dopo un'ora abbondante di excalation, durante la quale si affastellano le più svariate ipotesi circa l'origine di tutti i misteri, saranno i trenta minuti conclusivi a svelare l'arcano che si cela inevitabilmente nei meandri di Internet.
Seppure impreziosito da una fotografia piuttosto suggestiva e da un'efficace colonna sonora, sperimentale ed inquietante, il film è fortemente penalizzato dall'assai carente caratterizzazione dei personaggi, fatto grave in un filone dov'è fondamentale che lo spettatore venga messo in grado di conoscere a fondo i protagonisti per potersi in essi immedesimare, e soprattutto dall'eccessiva quantità di trabocchetti e false piste che gli sceneggiatori sono stati costretti a disseminare in vista del colpo di scena finale - pagato a caro prezzo in termini di coerenza e verosimiglianza. Pare infatti avere nuociuto parecchio l'idea di estendere ad un classico film di novanta minuti un soggetto che avrebbe fatto ben altra figura in un episodio della serie Twilight zone (Ai confini della realtà); ha fatto di meglio, a questo proposito, un altro regista inglese, il giovane Alex Chandon, col quarto episodio di Cradle of fear (2000), produzione a basso budget per certi versi ambiziosa che consiglio di recuperare, rivolgendosi magari al mercato dei video d'importazione, dove il medesimo argomento (quello dei lati oscuri di Internet) è stato affrontato con un taglio decisamente diverso - ottendendo per risultato un memorabile mediometraggio di mezz'ora, forse molto più prevedibile ma di gran lunga più divertente.

 

Link: http://www.uip.it/mylittleeye

Voto:17/30

Flavio GIOLITTI
22 - 05 - 03


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