MULHOLLAND DRIVE
di David Lynch
con Naomi Watts e Laura Harring



MULHOLLAND DRIVE non è, come era ovvio attendersi, un film semplice: non lo è nella sua lettura, nella visione e non lo è stato nella produzione. Come è noto, infatti, Lynch era stato chiamato dalla ABC per realizzare una nuova serie televisiva, dopo il grandissimo successo de I SEGRETI DI TWIN PEAKS. E proprio a quell'unicum della storia televisiva mondiale questo film guarda in modo decisamente chiaro. Proprio per questo è naturale aspettarsi la rappresentazione di un mondo non precisamente lineare: qualcosa di "strano" ma prevedibile (in senso buono) nel suo essere lynchiano. E allora sarebbe interessante conoscere i motivi che hanno spinto i dirigenti della tv americana ha tagliare il progetto dopo che il regista, tra gli altri, di UNA STORIA VERA, aveva girato l'episodio pilota: ma cosa si aspettavano?!? L'avranno pur visto TWIN PEAKS prima di commissionare ad uno dei più visionari - e, dunque, in un certo senso, anti-televisivi - registi del pianeta, un serial! In fondo l'idea di TWIN PEAKS poteva essere una scommessa, visti i già piuttosto atipici trascorsi dell'autore, ma dare vita ad un'operazione successiva a quella e poi interromperla perché "incomprensibile" lascia davvero sconcertati. Fatto sta che Lynch ha abbandonato MULHOLLAND DRIVE finché non è giunta la santa mano di Canal Plus, suggerendogli di trarne quel lungometraggio per il cinema, che poi avrebbe vinto il premio per la regia a Cannes e ottenuto - incredibile - una nomination all'Oscar per il suo autore.
L'origine televisiva di MULHOLLAND DRIVE è piuttosto evidente nella prima metà, con un'inconsueta abbondanza di primi piani a discapito di campi lunghi ed altre inquadrature più strettamente cinematografiche, poco adatte allo schermo casalingo. Si nota anche per una certa difficoltà ad ingranare, a trovare il giusto ritmo: cosa che, al contrario, ritrova il suo senso se pensata in quanto preludio di una lunga serie di puntate. Se comunque una storia c'è, è quella di una ragazza bruna che, minacciata di morte a bordo di una macchina, si salva a causa di un incidente stradale: perde la memoria e si ritrova a casa di una giovane e bionda attrice, appena giunta ad Hollywood per fare carriera. Poi tutto - forse - si perde, e Lynch porta il suo spettatore in un posto dove il tempo sembra scorrere al contrario, le persone non sono quelle che credono, i luoghi cambiano mentre vengono percorsi. Come sempre in Lynch, ciò che conta di più sono le illuminazioni e le figurazioni della mente; non esiste nulla di concreto e rettilineo se visto attraverso le interpretazioni che ognuno ha in testa. Qualcuno poi (come del resto Lynch stesso), ha la mente piuttosto visionaria, per cui le cose si complicano ulteriormente.
Che valore ha, vedendo MULHOLLAND DRIVE - ma ovviamente anche la maggior parte dei film di Lynch - cercare di capire che senso abbia un'apparizione o quale sia il significato preciso di un personaggio che compare una volta sola ma che "sembra" essere la chiave di tutta la storia? Certamente non ne ha, o quantomeno ne ha ben poco, per cui qualsiasi tentativo di esegesi è legittimo alla luce dell'immaginario del singolo spettatore e delle emozioni che l'immagine - in quanto tale - lynchiana è stata in grado di provocare. E' giusto seguire il filo che si è creduto di trovare e lasciarsi coinvolgere da un gioco che - ne siamo quasi certi - a volte è fine a se stesso (anche qui in senso positivo), ma che nasce dall'immaginazione di uno dei pochi autori realmente visionari oggi rimasti. Un autore che, anche quando realizza un film non perfetto e completamente compatto come questo, non può essere ignorato, e deve essere sempre preso come secondo termine di paragone per un cinema che rifugge il racconto per immagini a favore di belle storie da non vedere.

Voto: 29/30

Andrea DE CANDIDO
18 - 02 - 01


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