Nella maggior parte dei casi le edizioni italiane di film stranieri portano
titoli inspiegabilmente brutti. SE MI LASCI TI CANCELLO è un esempio
classico, ma esiste una pingue schiera di pellicole deturpate
dall'insipienza dei traduttori o dall'ottusità dei distributori. LA MORTE
SOSPESA fa eccezione. Non perchè il titolo italiano sia particolarmente
bello nè particolarmente fedele a quello anglofono (TOUCHING THE VOID, che è
circa "toccare il vuoto"), ma piuttosto perchè facilita una riflessione
sull'idea portante dell'opera di Kevin Macdonald: la sospensione. Quella
brutalmente fisica, evocata dal titolo inglese, e quella astratta, quel
trovarsi a metà strada tra due condizioni, che è sostanzialmente il perno
sul quale si regge il film. A metà tra film-documento e re-enactment
documentaristico, LA MORTE SOSPESA è la storia, raccontata per bocca di chi
l'ha vissuta, di due alpinisti che decidono di scalare una delle cime più
ostiche delle Ande peruviane. Qualcosa va storto e uno dei due, con una
gamba rotta, si trova a dondolare a venticinque metri di altezza legato solo
al compagno che a causa delle condizioni climatiche avverse non può vederlo
nè sentirlo. Non si va oltre nell'enunciazione della trama per rispetto
dello spettatore (non siamo mica la Tornabuoni!), ma basta questo breve
tratteggio a palesare il fatto che sia l'incertezza la vera protagonista del
bel lavoro di Macdonald. La condizione stessa dell'alpinista, quella
tensione quasi eroica a sfidare forze ataviche, è sospensione del giudizio,
delirio di onnipotenza che soverchia anche l'istinto di conservazione,
un'interruzione parziale del senso del pericolo che ben traspare dalle voci
Joe Simpson e Simon Yates, chiamati a raccontare la propria incredibile
storia. Ma LA MORTE SOSPESA è anche, e più letteralmente, un film sulla
sospensione della vita, sulla condizione di equidistanza tra il sonno e la
veglia che Joe, dato ormai per morto eppure sovrumanamente deciso a
sopravvivere, sperimenta per l'intera seconda parte della pellicola. La
morte che sembra così desiderabile quando si è in preda al dolore,
circondati dallo spazio enorme delle vette, si allunga più volte su Joe che,
invece, ha il solo obbiettivo di vivere, non rimanere preda della montagna
che ha deciso di sfidare. Nella capacità di rendere soffocante lo spazio
aperto, LA MORTE SOSPESA assomiglia al bellissimo JAPON di Carlos Reygadas,
ma l'originalità della formula narrativa fa di questo film un caso a sè, un
tentativo, riuscitissimo, di proiettare sullo schermo le sfumature più
affascinanti dell'istinto di sopravvivenza, la descrizione brutale della
lotta contro la morte che riempie gli ultimi quaranta strepitosi minuti del
film. Un plauso anche ai curatori dell'edizione italiana, nella quale gli
sporadici dialoghi tra i due attori che interpretano Simpson e Yates nel
re-enactment sono stati lasciati in lingua madre; una scelta coraggiosa e
lodevolissima, perchè quel "fuck" che risuona di un paralizzante riverbero
naturale nell'abisso di ghiaccio è il climax di un film straordinario.
Voto: 29/30
26:03.2005 |