MISSION: IMPOSSIBLE 2
di John Woo
con Tom Cruise, Thandie Newton e Anthony Hopkins



Prima considerazione: se anni fa vi avessero detto di un film d'azione girato da un regista di Hong Kong, su sceneggiatura di Robert Towne (CHINATOWN di Polanski o L'ULTIMA CORVEE di Hashby), avreste immaginato ritmi al rallentatore, grandi prove attoriali, massima valorizzazione del testo.
Oggi (e non a caso siamo nel 2000) ci troviamo, invece, in mano questo giocattolo fiammeggiante, ipercinetico e barocco, dove le scene d'azione sono tutte parto della fantasia di un regista CINESE di nascita: Yu-sen Wu (ribattezzatosi John Woo dopo la fuga nella piccola colonia inglese), educato in una scuola luterana e cresciuto tra Bergman e "Il mago di Oz". Mentre i dialoghi di Towne, un tempo insuperato maestro di testi crudi e disincantati, sono parte trascurabile dell'insieme, laddove i film di Woo precedenti lo sbarco a Hollywood contenevano, qua e là perle di saggezza zen utili a sopravvivere in un mondo costruito sul male "in azione".
Seconda considerazione: MISSION: IMPOSSIBLE 2 è uno dei pochi film dove altrettanti protagonisti siano - oltre a CRUISE e THANDIE NEWTON (vista nell'ASSEDIO di Bertolucci) - automobili e moto, che s'inseguono e s'incontrano/scontrano in un gioco di seduzione "meccanica" e ostinato corteggiamento tra oggetti in amore. Il balletto plastico messo in atto lungo tutto il film, inclusi elicotteri e motoscafi, pallottole al ralenti ed altra oggettistica (la scena nell'edificio della casa farmaceutica ne è un chiaro esempio), è frutto di un'estetica che, forzando un po' i termini, può anche far a meno dell'attore e che aveva prodotto altri blockbuster nell'ultimo decennio. Ma aveva bisogno di un "maestro zen" per poter aspirare a diventare, anche solo per un attimo, arte.
Terza considerazione: il merito di tutto ciò è del regista e non della mastodontica struttura produttiva e di marketing che sta dietro. Anzi, come pochi non-americani in precedenza, Woo sembra poter piegare Hollywood alle proprie esigenze; ancor meglio se coadiuvato dalla disponibilità (economica e non) di un Tom Cruise qui anche in veste produttiva e pronto per vestire i panni di 007.
L'intreccio della storia, del tutto secondario, ci porta dalle parti del consueto spionaggio chimico-industriale, con risvolti da tracollo epidemico dell'intero pianeta. Cruise e Newton, su questo sfondo, s'incontrano, si lasciano, si ritrovano e si riperdono, fino ad arrivare ad un luogo-limite (un'alta e pericolosissima scogliera australiana), dove ogni nodo deve, pena la fine, necessariamente sciogliersi.
Le ultime pallottole colpiscono al rallentatore il bersaglio giusto e la Newton esita quel tanto che basta prima di lasciarsi andare nel vuoto (la poverina si è auto-iniettata il virus), perché un elicottero la conduca a più miti consigli…

Voto: 27/30

Gabriele FRANCIONI
17 - 08 - 01


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