LA MASCHERA DI SCIMMIA
di Samantha Lang
con Susie Porter e Kelly McGillis



Lynch ha già detto tutto, o quasi, sulla scandalosa doppia vita di un’adolescente, non limitandosi a visualizzarla solo dall’esterno, ma proiettando lo spettatore nella mente del personaggio. In FIRE WALK WITH ME, ad esempio, lo spettatore vive la disperata ricerca della protagonista sulla sua stessa pelle, tanto che alla fine si sente vagamente “sporco” e “perdutamente corrotto” quanto lei. Quindi, sotto questo aspetto, THE MONKEY'S MASK risulta piuttosto sterile e superficiale: non dice niente di nuovo, anzi dice troppo poco sul mondo dell’adolescenza e lo fa attraverso logori stereotipi. Ho trovato più interessante il filo rosso della poesia come forma di autodistruzione e vuoto interiore con testi che non hanno paura di essere troppo espliciti o aggressivi (nella cinematografia contemporanea è più facile scioccare con immagini forti piuttosto che con le parole). Le poesie che vengono citate sono tratte, in parte, dall’omonimo romanzo in versi di Dorothy Porter (qualche parentela con l’attrice principale Susie Porter?!) e vengono chiaramente riprese dalla canzone dei titoli di coda, se solo il pubblico non se ne andasse puntualmente dopo l’ultima scena!!!
Allo stesso modo anche i dialoghi non sono espedienti per riempire il silenzio, ma risultano funzionali alla costruzione dei personaggi: quest’ ultimi, infatti, non sono “flat charachters”, marionette cinematografiche destinate solo a mandare avanti l’azione. Si tratta di figure problematiche e sfaccettate, molto umane, che potrebbero esistere anche al di là della finzione. Mi riferisco ad entrambi i personaggi principali: il dolce detective Jill (Susie Porter) e la matura ed ultra-femminile Diana (Kelly McGillis), due tipi di donna antitetici, ma forse proprio per questo complementari, in cui molte di noi si saranno riconosciute. L’universo femminile (ed il film è quasi esclusivamente al femminile, anche sotto il punto di vista registico) viene tratteggiato secondo un’angolazione differente: un rapporto lesbico tormentato ed impari tanto da poter essere considerato come la versione rosa e semplificata di UNE AFFAIRE DE GOUT, anch’esso in concorsoa Courmayeur. Pur girando eccessivamente intorno al tema del sesso (imperativo commerciale insieme alla violenza), Samantha Lang mette in scena una raffinata sensualità attraverso i rapporti delle due amanti, mostrando i loro corpi nudi, le carezze del tutto particolari di una fisicità omosessuale che gli spettatori non sono ancora abituati a vedere, né tanto meno ad accettare, soprattutto fra due donne. In questo senso THE MONKEY'S MASK non risulta per nulla forzato, ma al contrario ci offre dei momenti di delicata dolcezza incarnati dalla giovane Susie Porter: un’attrice che vanta meno esperienza della navigata Kelly McGillis, ma che ha un grande fascino del genere “acqua e sapone”. Quest’aspetto viene abilmente messo in evidenza dalle scelte registiche con frequenti primi piani, molto luminosi, che esaltano il suo viso semplice, regolare ed uno sguardo profondo, ingenuo, fiducioso, affogato in un mare di lentiggini. Una delle trovate più originali del film sono proprio le scene che scandiscono la narrazione, capitoletti con tanto di sottotitoli accompagnati dal viso, spesso solo dallo sguardo extradiegetico del personaggio: una detective inusuale, quasi bambina, che si lascia coinvolgere più dalla sua vita sentimentale che dalle indagini, tanto da flirtare (inconsapevolmente) con l’assassina.
Per il resto dispiace che la regia non abbia osato di più anche sul piano filmico: la messa in scena risulta alquanto piatta e classica, caratteristiche che non si addicono al retroscena perverso e criminale del film.

Voto: 23/30


Elena SAN PIETRO
17 - 08 - 01


::: altre recensioni :::