Maria full of grace

di Joshua Marston
Con: Catalina Sandino Moreno, Yenny Paola Vega, Guilied López

di Federica FERRARI


Maria è una ragazza giovane, bella, vitale. Vive in una cittadina a nord di Bogotà, e per campare toglie le spine alle rose: un lavoro umiliante, ripetitivo, a cottimo. Per compenso non può nemmeno disporre dello stipendio, perché con quel poco che guadagna deve mantenere la madre, la nonna , la sorella, il nipotino. Ma Maria sa dire di no.
La storia di Maria inizia con un rifiuto, e da qui prende il via il suo progressivo affrancamento, la sua affermazione. Contro il volere della madre e della sorella, e probabilmente contro quello che la maggior parte delle sue coetanee avrebbero fatto, non torna dal suo capo a scusarsi dopo essersi licenziata per l’ennesima umiliazione subita. Perché Maria non ha paura. Allo stesso modo quando scopre di essere incinta, non si accontenta di un fidanzato che non ama solo perché da lui aspetta un figlio, e parte alla volta della città, in cerca di un nuovo lavoro. Ecco che uscita dai confini protetti del paese, il coraggio di Maria rischia di diventare avventatezza: accetta un passaggio da un quasi sconosciuto, e si lascia attirare da un lavoro fuori dell’ordinario: contrabbandare "roba" dalla Colombia agli Stati Uniti.
Indubbiamente Maria si mette a rischio, ma non per ingenuità, bensì per un calcolo preciso di costi e benefici. Maria accetta, ma non perché non sappia quello a cui va incontro. E presto lo sappiamo anche noi, perché Marston decide di mostrarci nel dettaglio il lungo processo di preparazione a questi viaggi che non a caso comincia nel retrobottega di una farmacia, dove si preparano le capsule di cocaina, si impara a ingerirle in quantità enormi, per poi superare i controlli in aeroporto, espellerle al momento giusto. Anche se un’idea la si aveva anche prima è solo a stomaco pieno che Maria realizza veramente a cosa sta andando incontro. Significativo in questo senso il repentino cambio di stile del boss, che da gentile e premuroso si fa brusco e minaccioso una volta che la sua vittima è schiava a pieno titolo, imbottita come è di 65 capsule di coca. Solo in quel momento le si chiariscono i veri termini del viaggio: viva o morta che Maria ne esca, quel viaggio è senza ritorno. Ma i 5000 dollari di compenso, contro i 1800 del reddito annuo pro-capite di un colombiano, restano una valida ragione per giustificare una decisione altrimenti non plausibile. Anche perché Maria non rischia solo la sua vita, ma anche quella di suo figlio, che le cresce nel ventre schiacciato da quell’ammasso di capsule. Ecco l’ambiguità di ‘full of grace’, che si presta al doppio senso, nel momento in cui Maria è portatrice nel suo ventre di due cose, pur se in modo diverso, preziose. Paradossalmente sarà proprio rischiando l’arresto, imbattendosi negli spacciatori senza scrupoli che la aspettano a NY, vedendo morire un’amica, scappando e trovando rifugio grazie alla menzogna, che Maria scoprirà di amare suo figlio, e allora il suo viaggio sarà veramente senza ritorno, nella speranza di un futuro migliore, lontano dal suo paese.
In conclusione, Maria non è ‘full of grace’ solo per ciò che porta nel ventre. è vero, Maria fa delle scelte del tutto opinabili se giudicate di per sé, e nemmeno ne è inconsapevole, solo si comporta come verosimilmente farebbe una ragazza nelle sue condizioni, e col suo carattere. Maria è vera, non ha scrupoli né sovrastrutture. In questo è piena di grazia, come è l’essere quando si può esprimere a pieno. E così è l’occhio del regista, osservatore fedele, partecipante ma non giudicante. E questo occhio segue Maria dall’inizio alla fine, senza mai abbandonarla, tanto discreto da non farsi notare, e pure tanto ‘incapsulato’ nella protagonista da risultare indiscreto. Come le scelte di Maria, anche il film è fuori dell’ordinario, se confrontato con i tanti precedenti sul tema della droga, forse perché è il primo che senza pretese demagogiche o plot d’alto ingegno, si accontenta di seguire le tracce di una ‘mula’, come vengono chiamate in gergo le ragazze che si prestano a trasportare roba nello stomaco. E, nell’accontentarsi, forse dice di più di tanti altri. Perché è solo accogliendo in pieno il punto di vista di una ‘mula’ che certe decisioni appaiono plausibili e per questo tanto più drammatiche, e che il sistema di consumo illecito appare tanto più assurdo e ingiusto; perchè è solo scegliendo come protagonista una tra le tante che la si rende straordinaria.
 

Voto: 25/30

18:12.2004


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