MA CHE COLPA ABBIAMO NOI
di Carlo Verdone
con Carlo Verdone, Margherita Buy, Anita Caprioli



La psicanalisi, la terapia di gruppo non c'entrano molto con questo film, se non come pretesto per mettere insieme un certo numero di tipi umani e caratteri eterogenei, posti alle estremità comportamentali di una generica società in crisi di relazione.
Un COMPAGNI DI SCUOLA alcuni anni dopo, ma senza i necessari raccordi narrativi che lì erano automaticamente garantiti dal collante della comune esperienza giovanile e, anche, senza la partecipazione "emotiva" del capogruppo, che, in quella pellicola, riusciva perlomeno a rendere verosimile una specie di grande "freddino" all'amatriciana, da risolversi, sia ben chiaro, su toni di classica bonarietà verdoniana [ quindi non amari alla Sordi, per intenderci ], dal momento che si era veramente divertito a girare i propri primi 35/ 40 anni.
Qui domina un taglia e incolla di figurine appena accennate, scollegate generazionalmente e socialmente [ il che avrebbe anche potuto portare elementi positivi all'impostazione di partenza ], pescate faticosamente all'interno di un catalogo infinito di esseri umani parodiati, troppo tipizzati, troppo presto abbandonati al tratteggio sommario e poco approfondito, perché l'istinto attoriale di Verdone è sostanzialmente ancora quello analitico e, diciamo così, "digestivo" della cosa vista, che va poi riproposta in sketch di breve durata, perché sottoposta ai tempi comici e non, necessariamente, allo sviluppo faticoso di una, massimo dua storie.
I grandi scavi di gruppo riescono, e non ce ne voglia il simpatico Carlo, ad Altman e Kasdan, non certo a chi manca ancora di quella fluidità che neanche Benigni ha mai acquisito [ prima de LA VITA E' BELLA le cosucce gliele incollava Giuseppe Bertolucci, contribuendo ad inanellare una serie di innocui film tutti costruiti sullo scambio di personalità et conseguenti situazioni comico-ridicole, peraltro consapevole dei limiti del toscano, che giustamente non usciva dalla singola storia e dai singoli/ doppi personaggi ].
Sappiamo bene come i comici fatichino enormemente ad essere registi [ l'ha detto benissimo Fofi su FILM TV in una dolceamara lettera aperta a Benigni stesso ] e, se vogliamo essere crudeli, facendo tutt'uno di una generazione di post-comici di fine anni '70, sicuramente diversissimi e oggi visti dai giovanissimi come geneticamente incompatibili, ma nati sui tempi della televisione -effettivamente Moretti in questo si distingueva un po'- non possiamo mettere nessuno di loro al livello dei Bellocchio, Olmi, Bertolucci e quant'altri delle generazioni precedenti.
Para-registi, questo sì [ precisiamo: Moretti si è comunque distinto da tutti per la consapevolezza e felice gestione di una "poetica" assai chiara, aiutata dalle collaborazione con sceneggiatori come Pasquini, da cui i suoi migliori lavori, BIANCA e LA MESSA E' FINITA, strutturati e non a caso ruotanti attorno a "storie" non convenzionali e non limitanti il suo estro; CARO DIARIO e PALOMBELLA ROSSA, invece, vivevano del fortissimo pathos privato e pubblico che li sorreggeva ], sempre alla ricerca del "quid" mancante a volte fornito dall'esterno [ leggasi Cerami… ], con dubbia sincerità e totale incapacità di restare nell'ombra.
Almeno Verdone non è passato da una scuderia all'altra e quello che fa lo fa sempre nella cucina di casa sua, con gli odori e i profumi della Roma incasinata in cui è nato e vive.

Detto questo, fatta questa megaprecisazione, raccontiamo di due piacevoli ore a ridere sommessamente di quello che abbiamo visto: coatte cinquantenni respinte da figlie migliori delle madri; gay col solito problema dell'outing [ ehm, siamo nel 2003… ]; quarantenni illuse che il solito amante lasci la canonica moglie insopportabile; trentenni divisi tra rave privati e bulimia internettiana, etc.
Ma è chiaro che non si vuole andare oltre l'atto di presentazione sul palco di questo avanspettacolo moderno, oserei dire una specie di bagaglino dove si imita e si fa il verso alla gente comune, quella che riempie il Parioli di Costanzo, tanto per essere chiari.
A dir la verità non viene voglia d'infierire, perché Verdone forse non vuole altro [ e a nostro modo di vedere non l'ha mai voluto, neanche ai tempi di MALEDETTO IL GIORNO CHE TI HO INCONTRATO ] ed è persona troppo "onesta" per arrabbiarsi seriamente [ come è giusto fare, invece, immaginando il tristissimo Cerami che tortura Benigni durante logorroiche sedute in trattoria romana a pianificare a tavolino -è proprio il caso di dire…- i "grandi successi internazionali" sull' Olocausto, Pinocchio e , ora, Dante [ Dio ce ne scampi e liberi! ], che secondo loro significa volare basso [!?!], quando ci avevano fatto venire il sospetto di voler tirare fuori un BIBLE IS BEAUTIFUL o un' ultima tentazione di Cristo per i palati della Miramax, degli americani, del mondo intero ].
E' proprio, forse, la troppa sincerità e bon[arie]tà di V. che ci fa essere modestamente simpatici quasi tutti i personaggi, imbranati, stufi di tutto, imparanoiatissimi e per di più presi nella rete di questa improbabilissima auto-terapia condotta nei reciproci appartamenti.
Ma…c'è sempre un ma: un paio di situazioni andavano sviluppate o, al limite, avrebbero potuto costituire argomento per una storia a sé, anche per motivi di affinità generazionale tra i due caratteri: la sempre più "esposta" [finalmente!] ANITA CAPRIOLI, anche se ancora un po' sacrificata, e il non malvagio STEFANO PESCE, strappato all'insulsa clonazione del sopravvalutatissimo Accorsi [ che , ohibò!, è più giovane e ha studiato meno, specie a teatro, del qui presente attore verdoniano è bolognese anch'egli…!!!! ].
Cioè i due personaggi della bulimica studentessa universitaria che s'innamora via-web dell'artistoide e dolcemente poetico Orpheus, che poi si rivelerà essere proprio il Pesce , potevano crescere bene insieme ed essere approfonditi, ampliati, lavorati, anche perché nei minuti loro concessi i due attori "creano un' atmosfera" altrove non presente nel film, che non a caso ricorda SANTAMARADONA et similia.
Aspettiamo, quindi [ e di questo ringraziamo sentitamente Verdone ], ad un'altra eventuale circostanza d'incontro professionale lo sviluppo di questi buoni spunti, decisamente "nelle corde" dei suddetti attori.
Per concludere: laddove Buy, Catania & co. hanno ormai mostrato se stessi sino, ad essere pienamente conosciuti per le loro capacità professionali, è molto grave e anche un po' triste, che una Caprioli - teatro off-off in Inghilterra, Ferrario-Odorisio-Salvatores-Ponti in Italia - e il buon Pesce formatosi a teatro, debbano faticare - forse perché appena pre o post trent'enni…- così tanto per avere visibilità e giuste chances!
Che gli articoli benedetti su CIAK e FILM TV dedicati ad Anita - mi fa ridere l'intervistatrice che dice "la finalmente non solo bella Caprioli"… - riescano nell'intento di fornire almeno a lei nuove e più stimolanti e complete occasioni professionali!




Link:
www.machecolpaabbiamonoi.it

Voto: 25/30

Gabriele Francioni
03 - 02 - 03


::: altre recensioni :::