lussuria

di Ang Lee

con Tony Leung, Chih-ying Chu

LEONE D'ORO

64mo festival di venezia

di Chiara ARMENTANO

 

29/30

 

Proiettato a Venezia l'ultimo film di Ang Lee, la risposta di pubblico e critica è stata quasi unanime. Il maestro taiwanese ne ha fatta un'altra delle sue e senza alcun dubbio farà parlare di sé a lungo. Dai cowboys omosessuali made in USA passiamo stavolta alla Cina in piena occupazione giapponese, anno 1942, fra Shangai e Hong Kong.

Una giovane attrice alle prime armi viene ingaggiata da una compagnia teatrale di principianti che allestisce uno spettacolo a sfondo patriottico. Il gruppo di giovani si scopre impegnato nella lotta al collaborazionismo giapponese e unito nella soppressione di quanti impediscono alla Cina di rifiorire come stato autonomo. Il Sig. Yee è uno dei massimi esponenti ai vertici dei servizi segreti, pronto a vendere il proprio paese al nemico nipponico: il piano consiste nel pedinare Yee e ucciderlo. Cavia di questo progetto sarà l'ingenua Wang Hui Ling (la meravigliosa attrice esordiente Wei Tang) che, attraverso una lotta esasperata per difendere la propria dignità cinese, si riscoprirà prima ancora donna, oggetto e soggetto sessuale, vittima e carnefice del suo obiettivo politico.

Ritratto di una Cina ormai quasi invisibile quanto a tradizioni, Lee ha tentato di rendere un affresco lucido e coinvolgente di una fetta di storia poco conosciuta. Le donne che giocano a mahjong sono voci di un passato non remoto e di un presente assopito, e ricordano quanto sia goliardica ma amara e ripetitiva la condizione femminile anche tra le mura domestiche di una casa di ricchi.

L'intervista che ha visto protagonisti alternativamente il regista Lee, la ventenne Wei e il suo amante finzionale interpretato dall'attore Tony Leung (In the Mood for Love, Wong Kar-Wai ), ha confermato la lucidità di un progetto intellettuale intento a riabilitare una certa immagine della Cina e il suo passato. Alle domande dei giornalisti riguardo il suo atteggiamento verso la politica cinese il regista ha risposto piuttosto chiaramente: gli occidentali hanno da sempre tentato di soffocare una cultura millenaria come quella cinese dichiarandole guerra, boicottandola anche dall'interno o tentando di farla implodere assorbendola ai propri costumi. Mai come oggi la Cina subisce questo processo oltre ad essere autenticamente portavoce della propria occidentalizzazione. Questo può essere un bene se interviene a risolvere i problemi di povertà ancora diffusi nel paese più popoloso al mondo, ma dall'altra può confermarsi tale solo evitando di sfruttare selvaggiamente le risorse umane e al contempo non calpestando la propria storia. E questo sembra ancora difficile. Lee ritiene la propria residenza in America una situazione privilegiata. Come un uomo che emigra su un altro pianeta riesce a guardare la Terra nella sua sfericità come mai avrebbe potuto prima, così, dice Lee, l'abbandono (fisico) del suo paese gli ha permesso di analizzare la condizione universale del suo popolo da un’angolazione sconosciuta, meno coinvolta, più lucida e oggettiva. Ritrovando l'amore per il proprio paese egli ha riscoperto e illuminato una parte di storia ignorata. Il racconto dal quale il film è tratto, della scrittrice cinese Eileen Chang, gli ha consentito di documentarsi su un momento delicato della storia cinese girando un film che con ogni probabilità sarà il primo a mostrare siffatti accadimenti quali la lotta tra patriottici e collaborazionisti. Lo stesso attore Leung, documentatosi per il ruolo, conferma che la vita di questa gente era peggio di una prigione, costretta a non dormire, magari in piedi o nel bagno, perchè ogni minuto di vita si sarebbe potuto tramutare nella propria morte. Per questo la doppia vita del Sig. Yee era vissuta come la morte della sua versione "umana" e la metamorfosi in una sorta di macchina da guerra, quella stessa macchina insensibile di cui, nonostante tutto, anche Wang riesce a innamorarsi. Ma il film ha anche un altro pregio: l’ostinazione nel mostrare il godimento sessuale femminile senza bigottismo o pregiudizio dagli occhi di una donna in un periodo di cultura maschilista e per molti versi machista (in cui riconosciamo immediatamente lo stesso Yee).

"Sarò anche un intellettuale liberale ma non sono un martire", così il grande maestro ha lasciato il Lido questa mattina, sottolineando ancora una volta la difficoltà di chi come lui non può fare a meno di parlare ma accetta di buon grado le limitazioni cui probabilmente la sua pellicola sarà sottoposta anche in patria.

 

31/08/2007

VOTO: 29/30

 

Tutte le recensioni di Venezia  2007

Se jie
Regia: Ang Lee
Cina/Stati Uniti 2007, 156'
DUI: 04 gennaio 2008
Genere: Drammatico