il matrimonio di lorna

di Jean-Pierre e Luc Dardenne

con Alban Ukaj, Arta Dobroshi

di Marco GROSOLI

 

30/30

 

Lorna non viene da un film di Russ Meyer ma dall’Albania, vive a Liegi con un tossico che ha sposato per contribuirne alla morte, per ragioni, diciamo così, “finanziarie”. La malavita, che le regge e organizza il gioco anche dopo la morte del malcapitato continuandolo con altri, a forza di girare la vite porta Lorna al ripensamento, al pentimento, e a qualche forma di follia mistica che la conduce a ammazzare la sua guardia del corpo e a scappare in un bosco con un bambino in grembo (del tossico) che forse c’è e forse è immaginario.
 I Dardenne, abbandonando il 16mm per il 35, non hanno più bisogno di muovere la macchina a mano per dare l’illusione della presenza. I tagli di montaggio come la regia ossessivamente Lornacentrica testimoniano la volontà di spingersi verso la narrazione, verso l’affabulazione pura, verso la religiosità al solito para-bressoniana che non c’è più bisogno di fare soltanto intravedere, ma può ora essere l’anima stessa del film. Un film che più degli altri ha lo spessore, gli spigoli e le durezze del racconto. La loro Lorna è una cavia sguinzagliata in spazi autentici per illustrare la schietta parabola di un ravvedimento miracoloso tanto più sublime quanto più imbarazzante a livello di plausibilità. Anche prima di arrivare al lungo mozzafiato finale fiabesco nella foresta, la messa a morte del realismo dei Dardenne (che fanno morire il loro attore-feticcio) passa attraverso Lorna che fa l’amore col tossico due secondi averlo picchiato per sottrargli i soldi, Lorna che abbraccia il medico che sta per farla abortire cambiando idea da un momento all’altro, e quant’altro. I Dardenne, insomma, marcano stretto il punto di vista di Lorna per vederlo cambiare “in diretta” e misteriosamente, da avida strozzina a santa.
 Tutto il resto è realtà, e quindi si può trascurare; tanto, basta marcare stretto il tortuoso percorso del Denaro (cosa che i Dardenne fanno da sempre, attentissimi al viaggio concreto delle banconote di mano in mano, qui già dalla prima inquadratura) per avvicinarsi compiutamente a quello che volendo si potrebbe chiamare “il reale”. Per il resto, lo spazio è solo quello che Lorna (il perno del film) attraversa e fagocita in attesa di un miracolo che finalmente arriva senza più gli alibi di un rapporto mimetico con la realtà. Per essersi finalmente lasciati alle spalle questo falso bisogno, i Dardenne firmano il loro film più bello. Il “figlio”, la parola chiave dell’universo dardenniano, non conta che sia reale o meno: Lorna crede che esiste a dispetto dei medici che affermano il contrario. Molto più della realtà e dei realismi più o meno abili, l’importante è la fede.


28:08:2008

Le Silence de Lorna
Regia: Jean-Pierre e Luc Dardenne
Belgio/Francia 2008, 105'
DUI: 19 settembre 2008
Drammatico