LIAM
di Stephen Frears
con Ian Hart, Claire Hackett e Anne Reid Bim



E' il 1930: Liam, sette anni, sta crescendo in un quartiere irlandese cattolico al di là del Mersey River a Liverpool. I tempi sono duri ma la sua famiglia è felice: ha una madre amorevole, un padre capofamiglia responsabile, suo fratello e sorella maggiore sono affettuosi e servizievoli. Ben presto la serena compagine, però, verrà sconvolta dalla Depressione e nulla avrà più l'aspetto di prima.
Attraverso lo sguardo di un bambino, innocente ma consapevole, Stephen Frears racconta uno spaccato di vita inglese con naturalezza e competenza.
Presentato alla 57° Mostra del cinema di Venezia e realizzato per la televisione BBC, arriva nelle sale l'ultimo, commovente lavoro del regista inglese famoso al pubblico per pellicole come LE RELAZIONI PERICOLOSE (1988) o ALTA FEDELTA' (1999).
Tratto dall'omonimo romanzo di Jimmy McGovern (ispirato da "The back crack Boy" di Joseph McKeown), LIAM si pone su un innovativo piano narrativo ben diverso dagli schemi classici dominanti questi film di genere; la Storia si intreccia ai sentimenti e alle passioni umane in un continuo alternarsi. Gli occhi acuti e perspicaci di un bambino (un bravissimo Anthony Abernathy) guidano lo spettatore nella focalizzazione di ogni singolo particolare, il piccolo Liam sembra indicare allo stesso Frears i tempi e i modi per presentare una storia ricca di umanità e humor nero.
Le ricostruzioni sceniche e storiche creano una equilibrata impalcatura per una pellicola sapientemente concepita ed elaborata; il "cineocchio" dell'autore crea suggestivi movimenti di macchina quasi a voler suggerire un punto di vista convincente: tutto viene osservato con discrezione e compostezza. La narrazione non appare mai forzata e i personaggi si muovono armonicamente attratti da una forza centripeta verso un unico punto di riferimento: Liam. Al contempo il piccolo uomo ordina e riorganizza le trame del tessuto narrativo attraverso l'innocenza di un bambino che si affaccia alla vita prima del tempo. I suoi occhi si aprono al mondo avidi di conoscenza, gioie e dolori costituiscono territori da esplorare così come il corpo femminile e la sfera della fede.
Una ricostruzione, quella di Frears, che sembra aver assimilato del tutto la lezione dei padri della letteratura realista inglese (primo tra tutti Dickens) ma che mostra, però, i caratteri di una rielaborazione personale tipica per innovazione e sensibilità. Un tenero abbraccio virtuale ad un essere che nella sofferenza scoprirà i misteri dell'esistenza e che, attraverso la spensieratezza e l'innocenza, suggerirà l'unica via possibile verso il ritorno alla serenità.

Voto: 27/30

Sara FRONDA
17 - 08 - 01


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