IO, ROBOT

di Alex Proyas

Con: Will Smith, Bridget Moynahan, James Cromwell

di Luca MINIUSSI


In passato c’era il futuro. I titoli dei film indicavano date superiori al 2000 ed evocavano un mondo lontano nel tempo e avanzato nella tecnologia dove i grattacieli erano sempre più alti, le macchine volavano e un viaggio su un altro pianeta era una passeggiata. Poi quelle fatidiche date sono state raggiunte o per lo meno ci si è arrivati molto vicini e le ambizioni sembrano essere diminuite. E’ vero che il 2001 non ha visto un’odissea nello spazio accompagnata dai walzer di Strauss, ma non sarebbe impensabile una Los Angeles popolata da androidi prodotti dall’ingegneria genetica nel 2019 o un leader rivoluzionario sostituito da un robot in una fantomatica Metropolis del 2026.
Il film di Alex Proyas comincia proprio nel 2004, come se la fantascienza fosse già una realtà. Infatti, nella prima scena ci viene mostrato il protagonista, un istrionico Will Smith, che si sveglia al suono di un cd che suona "Superstition" di Stevie Wonder in una stanza rinfrescata da un malandato ventilatore. In realtà appena l’attore esce di casa veniamo subito catapultati nel 2035, la vera ambientazione del film, ma il passaggio non è poi così traumatico. Sembra un mondo assolutamente simile al nostro dove ci sono auto con il pilota automatico, computer a comando vocale, robot che svolgono i lavori pesanti al posto dell’uomo e grattacieli trasparenti di grandi compagnie industriali che svettano al centro della città. Appare quindi insensato l’atteggiamento nostalgico del protagonista verso un mondo che non è poi molto distante, ma questo è vero soltanto in parte. Infatti, una grande differenza viene introdotta con il robot protagonista Sonny, realizzato con le stesse tecniche utilizzate per Gollum ne IL SIGNORE DEGLI ANELLI. Sonny porta con sé tutta la filosofia di Asimov già rappresentata al cinema ne L’UOMO BICENTENARIO, e quindi le domande sul significato e lo scopo della propria esistenza (ripete “Io sono unico”), sulle proprie differenze rispetto agli umani e sul tentativo di essere accolto come uno di loro. Laddove il film di Columbus era attento nei contenuti espressi ma prolisso nella forma utilizzata, qui il regista sceglie semplici accenni alle tematiche uomo-robot e utilizza una forma iperveloce. Il film cerca di garantire da un lato l’esigenza di rispettare i canoni del blockbuster che soddisfi lo spettatore che ama essere stordito dagli effetti speciali visivi e sonori e dall’altro la necessità di dover onorare l’alto riferimento letterario e il suo gran numero di appassionati. Il tentativo limita già per sua natura le ambizioni, ma non ne corrompe il risultato.
 

Voto: 24/30

23:10:2004


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